Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 8 ottobre 2017
Dopo 12 anni di presidenza, Ellen Johnson-Sirleaf, premio Nobel per la pace e prima donna alla guida di un Paese africano lascia la poltrona e il 10 ottobre la Liberia torna alle urne per le elezioni generali. I 2,2 milioni di cittadini aventi diritto al voto dovranno eleggere il loro nuovo presidente e settantatré parlamentari. Venti candidati si contenderanno la carica di presidente, tra loro anche l’ex calciatore George Weah; oltre novecento sono gli aspiranti parlamentari.
In questi ultimi giorni l’Unione Africana ha preparato i suoi osservatori, che monitorizzeranno questa importante tornata elettorale del Paese, che conta poco più di 4,6 milioni di abitanti, dei quali oltre il cinquanta per cento è costituito da minorenni. E’ uno degli Stati più poveri del Continente con un’entrata pro capite annuo di soli 455,37 dollari. La storia della Liberia rappresenta un caso unico nel panorama africano. Lo Stato nacque infatti per iniziativa di un gruppo di schiavi affrancati che tornarono in Africa dagli Stati Uniti d’America, finanziati nel loro avventuroso viaggio da un gruppo di aziende private. La capitale del Paese si chiama per questo motivo Monrovia, in onore del presidente James Monroe, che liberò moltissimi schiavi, ed anche la bandiera rievoca quella americana nelle forme e nei colori.
Oggi si è conclusa la campagna elettorale con una giornata di preghiera. Dal 23 settembre centinaia di donne in tutto il Paese si sono imposte il digiuno per la pace, perché queste nuove elezioni possano svolgersi in un clima rilassato e democratico. La Nazione è ancora scossa da ben quattordici anni di guerra civile.
Nel dicembre del 1989 il National Patriotic Front of Liberia (NPFL), capeggiato da Charles Taylor, comincia una rivolta nel nord del Paese e ben presto prende il controllo di quasi tutto il territorio, eccetto della capitale Monrovia. alla guerra civile partecipano sette fazioni rivali; termina con gli accordi pace nel 1997. Nelle elezioni che seguono, Taylor viene eletto presidente. Nel 1999 ricominciano i disordini, ma Taylor prede il controllo della situazione. Nel 2003 altra guerra civile che termina con la fuga del presidente in Nigeria. Si stima che in questi quattordici anni siano morte almeno duecentocinquantamila persone, mentre centinaia di migliaia hanno dovuto lasciare le proprie case e fuggire.
Nel 2012 Charles Taylor viene condannato dalla Corte penale internazionale per ben undici capi di accusa relativi ai crimini di guerra. Attualmente sta scontando una pena di cinquant’anni in una prigione della Gran Bretagna.
Nel 2005 la presidente uscente vince le elezioni e viene riconfermata nella tornata elettorale del 2011. Pochi mesi dopo viene insignita del premio Nobel per la pace.
Durante l’ultima epidemia di ebola http://www.africa-express.info/2016/04/08/rigurgito-di-ebola-dopo-la-guinea-nuovi-casi-anche-in-liberia/ la Liberia è stata una dei Paesi più colpiti con oltre quattromilaottocento morti. La già povera economia del Paese ne ha sofferto moltissimo. Secondo la Banca mondiale, la situazione dovrebbe essere in ripresa e mostrare i primi effetti per la fine di quest’anno, grazie anche al rilancio delle attività minerarie.
Buona parte della popolazione vive senza i servizi essenziali, come acqua corrente e energia elettrica, in parte riconducibile alla corruzione endemica, che la vincitrice del premio Nobel ha cercato di combattere con tutte le sue forze, anche se in un suo intervento in Parlamento qualche mese fa ha ammesso che si sarebbe potuto fare di più per sconfiggerla.
Dopo i lunghi anni di guerra civile la riconciliazione non è stata facile. I giovani che avevano combattuto allora, oggi sono senza istruzione e lavoro; sono arrabbiati, infelici della precaria situazione economica, che non dà le necessarie opportunitài. In particolare gli ex bambini soldato sono emarginati dalla società, vivono in baraccopoli e campano grazie a piccoli furtarelli. Non sono nemmeno interessati a questa tornata elettorale: “Tanto nessuno ci aiuterà mai”, ha rimarcato uno di loro, Winston Graham.
Taylor, che dopo il suo arresto aveva dichiarato: “Tornerò” e soprattutto gli ex bambini soldato attendono con impazienza un suo ritorno. Rimpiangono la guerra, perché secondo loro, si stava meglio allora. “Avevamo da mangiare e munizioni. Era un uomo buono. E’ l’unica persona che è in grado di governare questo Paese”, ha fatto sapere Sunny Sayon, impegnato durante il conflitto al fronte , mentre un suo amico ha aggiunto: “Non c’è pace nella mia mente. Quando non sei forte, vai fuori di testa”.
Sayon riprendendo il suo racconto, precisa: “Ero un buon soldato, ma fumavo cocaina per essere più forte. Ho visto spesso i miei commilitoni mangiare cuori umani, ma io non l’ho mai fatto”. Il cannibalismo era uno dei tanti rituali praticati dalle milizie di Taylor. Spesso combattevano nudi, oppure indossavano un vestito da sposa e/o parrucche o maschere, come se volessero proteggersi in questo modo dalle pallottole.
La ex moglie di Taylor, Howard Taylor, che ha dichiarato di aver preso le distanze dal suo ex marito, è candidata in queste elezioni con il pallone d’oro. In un’intervista ha fatto sapere che bisogna ritornare sulla linea intrapresa a suo tempo dall’ex signore della guerra. Ovviamente questa dichiarazione ha creato non poco imbarazzo a Weah, che si presenta in questa tornata elettorale come “Uomo del cambiamento”.
Cornelia I. Toelgyes
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