Sandro Pintus
Firenze, 8 ottobre 2017
“How will we survive?” (Come possiamo sopravvivere?) è il titolo dell’ultimo report, appena pubblicato da Survival International, movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni.
Il rapporto documenta le violenze sui pigmei del bacino del Congo perpetrate dalle guardie forestali finanziate ed equipaggiate dal Fondo mondiale per la natura (WWF) che coinvolge altre grandi organizzazioni come la Wildlife Conservation Society (WCS), fondazione legata allo zoo del Bronx di New York.
Donne, uomini, bambini e anziani con sguardi spenti e addolorati ormai privi di speranza chiedono aiuto all’umanità intera perché non sanno più come difendersi dagli abusi sistematici e diffusi, umiliazioni, pestaggi, torture e persino la morte commessi dai guardaparco e da coloro che li pagano in nome della “conservazione”.
Attraverso questo documento continuano le accuse di Survival contro l’associazione ambientalista e altre ong – ma anche aziende del legname come Rogier Group, Cib e Sinfocam – che calpestano i diritti umani delle popolazioni delle foreste pluviali dell’Africa centrale.
La relazione di 120 pagine raccoglie oltre 200 testimonianze con la descrizione dei casi raccolti da Survival in Camerun, nella Repubblica del Congo e Repubblica Centroafricana.
“Da una macchina bianca, con le insegne del WWF sulle portiere degli uomini mi hanno fermato e mi hanno puntato le armi sul petto – ha raccontato nel settembre 2016 un uomo di etnia Baka del distretto di Souanké – poi mi hanno puntato una pistola sotto il mento e mi hanno detto: ‘Se ti rivediamo qui attorno ti uccidiamo. E se arriva tua madre ammazziamo anche lei’.”.
I ranger non rispettano nemmeno le mamme con neonati. Una donna di etnia Bayaka ha raccontato: “Hanno iniziato a prendermi a calci su tutto il corpo… Avevo il mio bambino con me. Era nato soltanto tre giorni prima”.
Le squadre anti-bracconaggio delle aree protette impediscono ai pigmei di entrare nella foresta, di cacciare e raccogliere frutta ed erbe per nutrire le loro famiglie, nonostante quei territori appartengano loro da oltre 150 generazioni.
Se lo fanno vengono anche accusati di bracconaggio. I pigmei affermano che nessuno ha mai chiesto il loro coinvolgimento nella tutela della foresta e i progetti del WWF, purtroppo, sono diventati di sfruttamento del legname pregiato più che di conservazione.
A ricchi cacciatori occidentali che pagano in valuta pregiata e non vedono l’ora di attaccare alle pareti delle loro dimore i trofei cacciati è invece permessa la caccia grossa in vaste aree del bacino del Congo. Su internet si trovano agenzie di safari in Camerun con tanto di tariffario: per l’abbattimento di un leone si pagano €3.500 mentre uccidere un elefante costa €2.500 e un ippopotamo €1.350. Oltre al costo della “indimenticabile” esperienza nell’Africa selvaggia.
(1/2 continua)
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Sandro Pintus
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