Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 23 settembre 2017
Martedì scorso il presidente della Repubblica Centrafricana, Faustin-Archange Touadéra, ha parlato di fronte alla settantaduesima assemblea generale dell’ONU a New York, supplicando la comunità internazionale di non dimenticarsi del suo Paese. Il presidente ha sollecitato l’ONU a rafforzare la presenza dei caschi blu a causa delle continue e crescenti violenze che rischiano di trasformare il Centrafrica in un Paese fuori qualsiasi controllo. Il presidente ha ricordato che la partenza dei militari americani e ugandesi, presenti sul territorio per contrastare in particolare l’LRA (Lord’s Resistance Army) (http://www.africa-express.info/2017/04/20/la-caccia-joseph-kony-e-finita-stati-uniti-e-uganda-ritirano-le-proprie-truppe-dal-centrafrica/) e il ritiro del contingente francese Sangaris hanno lasciato un vuoto, che la Missione Multidimensionale Integrata per la Stabilizzazione nella Repubblica Centrafricana (MUNISCA) dovrebbe colmaree.
E concludendo Touadéra ha precisato: “Il mio Paese sta attraversando un momento davvero difficile e critico, abbiamo assolutamente bisogno dell’aiuto e del sostegno dei nostri amici, c’è davvero il rischio di essere dimenticati”.
Anche nell’ultimo rapporto dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), presentato a Ginevra il 15 settembre scorso, è stato sottolineato che per uscire da questa crisi il Paese necessità maggiori finanziamenti; finora è arrivato solo il nove per cento dei fondi richiesti. Andrej Mahecic, un portavoce dell’UNHCR, ha fatto sapere che con il riaccendersi delle violenze, le persone che hanno dovuto lasciare le loro case sono 1,1 milioni. Oltre seicentomila sono sfollati interni, mentre 513 676 hanno cercato protezione nei Paesi confinanti.
Nuovi violenti scontri sono scoppiati lo scorso maggio (http://www.africa-express.info/2017/05/14/oltre-centocinquanta-morti-centrafrica-tra-loro-anche-sei-caschi-blu-di-minusca/) tra i vari gruppi armati, responsabili di morte, distruzione e sofferenze tra popolazione civile. Molti dei nuovi sfollati hanno affermato di essere stati testimoni di attacchi mortali nei loro villaggi, saccheggi e sequestri di persone. Spesso, anche quando credono di aver raggiunto un luogo sicuro, rischiano di essere aggrediti nuovamente, non appena escono dai campi per rifugiati. Quasi il cinquanta per cento della popolazione necessità di assistenza umanitaria, di protezione, per poter sopravvivere. La relazione dell’UNHCR esprime la sua forte preoccupazione circa lo sviluppo socio-economico della ex colonia francese.
E’ assolutamente necessario ristabilire lo Stato di diritto, la popolazione, le vittime colpite dalle tragedie che si sono consumate in questi anni vogliono giustizia, basta con l’impunità, con l’amnistia concessa in questi anni ai signori della guerra. Touadéra ha incontrato il procuratore generale della Corte Penale Internazionale (CPI) dell’Aja, per fare il punto della situazione a proposito delle inchieste criminali che il CPI sta svolgendo nel Paese. Le autorità centrafricane hanno nominato da tempo dei giudici internazionali e nazionali e istituito una corte criminale speciale, il cui procuratore è Toussaint Muntazini Mukimapa, un magistrato militare del Congo-Kinshasa, per far luce sui delitti e le atrocità commesse, dare un nome e cognome ai responsabili.
In questi ultimi anni si sono susseguiti svariati trattati di pace, eppure il Paese è ancora in guerra. L’ultimo della serie è stato siglato a Roma, grazie alla mediazione della Comunità di Sant’Egidio, tra tredici gruppi rebelli – su quattordici attivi nel Paese – e la presidenza della Repubblica centrafricana. (http://www.africa-express.info/2017/06/23/centrafrica-13-gruppi-armati-firmano-la-pace-ma-la-guerra-non-si-ferma/). L’accordo poteva rappresentare una nuova speranza per questo travagliato Paese, ma anche questo sogno è stato ben presto seppellito dal rombo delle armi. Solo in questi giorni tre dei tredici gruppi che avevano aderito all’accordo di Roma, hanno finalmente aderito al disarmo e hanno consegnato mitra, granate, fucili e munizioni.
Dall’era François Bozizé il Paese ha visto alternarsi ben quattro presidenti: Michel Djotodia, Alexandre-Ferdinand N’Guende, Catherine Samba-Panza e infine Faustin-Archange Touadéra, eletto nel marzo 2016 (http://www.africa-express.info/2016/03/02/12483/) e una successione infinita di conflitti tra le forze regolari e i diversi gruppi armati (ex Séléka, vi aderiscono soprattutto musulmani e anti-balaka, formato per lo più da cristiani e animisti), nonché scontri sanguinosi continui tra i vari gruppi stessi e questo sempre a discapito della popolazione civile.
La crisi della Repubblica Centrafricana inizia alla fine del 2012: il presidente François Bozizé dopo essere stato minacciato dai ribelli Séléka attestati alle porte di Bangui, chiede aiuto all’ONU e alla Francia. Nel marzo 2013 Michel Djotodia, prende il potere, diventando così il primo presidente di fede islamica della ex-colonia francese. Dall’ottobre dello stesso anno i combattimenti tra gli anti-balaka e gli ex-Séléka si intensificano e lo Stato non è più in grado di garantire l’ordine pubblico, Francia e ONU temono che la guerra civile possa trasformarsi in genocidio. Il 10 gennaio 2014 Djotodia presenta le dimissioni e il giorno seguente parte per l’esilio in Benin. Il 23 gennaio 2014 viene nominata presidente del governo di transizione Catherine Samba-Panza, ex-sindaco di Bangui.
I primi dicembre 2013 il Consiglio di sicurezza dell’ONU autorizza con risoluzione nr. 2127 la Missione dell’Unione Africana e quella delle truppe francesi dell’Operazione Sangaris. Il 31 ottobre 2016 la Francia ha ufficialmente ritirato le sue truppe dell’operazione Sangaris, che si è protratta per ben tre anni, anche a causa dei vari scandali che si sono verificati e che ha fatto cadere più di una testa anche nei vertici ONU (http://www.africa-express.info/2015/04/30/centrafrica-militari-francesi-accusati-di-molestie-sessualiverso-minori/), (http://www.africa-express.info/2015/08/13/la-crisi-centrafricana-investe-anche-lonu-nel-caos-dopo-e-dimissioni-dellitaliana-che-si-occupava-di-diritti-umani/) e (http://www.africa-express.info/2015/08/12/scandali-sessuali-e-caschi-blu-si-dimette-il-capo-della-missione-dellonu-centrafrica/).
Attualmente MINUSCA è presente nel CAR con 12.870 persone in uniforme, tra loro 10.750 militari (compresi 480 osservatori) e 2.080 agenti di polizia e un numero significativo di personale civile internazionale e locale, nonché volontari dell’ONU.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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