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Amnesty, in Ciad dittatura all’attacco: repressi ferocemente dissenso e proteste

Speciale per Africa ExPress
Sandro Pintus
Firenze, 18 settembre 2017

Solo nel 2016 ci sono stati 13 decreti ministeriali per impedire lo svolgimento di proteste contro il governo; in due anni sono state vietate 65 manifestazioni pacifiche e sono stati chiusi 10 siti critici verso il governo.

Accade in Ciad, dove cittadini sono spiati come in uno stato di polizia e il dissenso contro il presidente Idriss Deby Itno è diventato impossibile. Nell’ex colonia francese si sta tornando agli anni della dittatura di Hissène Habré, colui che per la sua ferocia veniva chiamato il Pinochet africano e che durante gli otto anni di governo è stato accusato di aver ucciso 40 mila oppositori e averne brutalmente torturati 200 mila.

Il presidente del Ciad, Idriss Deby, e la mappa del Paese africano con il luogo della prigione di Koro Toro nel deserto (courtesy Google Maps)

La denuncia arriva da Amnesty international attraverso il rapporto appena pubblicato “Between recession and repression the rising cost of dissent in Chad” (Tra repressione e recessione. Il prezzo crescente del dissenso in Ciad), per voce di Alioune Tine, direttore dell’associazione per i diritti umani per l’Africa occidentale e centrale.

“Il Ciad è a un bivio – ha affermato Tine durante la presentazione del rapporto – Le autorità devono scegliere tra continuare a soffocare l’opposizione politica e le critiche, e mantenere le promesse fatte dal presidente Idriss Déby quando è stato riconfermato al potere”.

La maggioranza delle azioni repressive sono eseguite dall’Agenzia per la sicurezza nazionale (Ans), la polizia segreta che, secondo il documento di Amnesty opera spesso in contrasto con la stessa legge del Ciad.

Un ulteriore giro di vite contro i difensori dei diritti civili è del gennaio 2017 quando è stato ampliato il suo mandato per consentire ai suoi agenti di arrestare i dissidenti per motivi di sicurezza nazionale.

Repressione in Ciad (Courtesy Amnesty International)

Con l’aumento dei suoi poteri, l’Ans ha potuto eseguire arresti illegali e trasferimenti dei detenuti in centri non ufficiali, impedendo agli arrestati di contattare famiglie e avvocati.

Il Ciad è ormai un Paese dove i cittadini sono tutti controllati. “Le forze di sicurezza e i servizi segreti stanno attuando una brutale repressione che, negli ultimi due anni, ha fatto sì che criticare il governo sia diventato sempre più pericoloso. Ora minacciano di riportare il paese indietro al periodo nero di repressione”, ha commentato il direttore di Amnesty per l’Africa occidentale.

La conferma viene direttamente dall’Ans durante un incontro con Amnesty International durante il quale il ministro della Pubblica sicurezza e dell’immigrazione ha detto: “Puoi essere ascoltato e spiato. È il lavoro dei servizi di sicurezza”.

Secondo Amnesty, per il ministro per la Pubblica sicurezza e l’immigrazione, i movimenti di base e campagne non registrate ufficialmente sono stati dichiarati “illegali” e sono stati arrestati leader della società civile tra cui Nadjo Kaina e Bertrand Solloh del Mouvement Citoyen IYINA (MCI).

Non se la passano meglio i giornalisti. Il blogger e attivista Tadjadine Mahamat Babouri, noto come Mahadine è in prigione da quasi un anno. Arrestato il 30 settembre 2016 dopo aver pubblicato un post su Facebook con alcuni video sulla gestione governativa dei fondi pubblici, è accusato di mettere a rischio l’ordine costituzionale, minacciare l’integrità territoriale e la sicurezza nazionale e collaborare con un movimento insurrezionalista. Con queste accuse Mahadine rischia l’ergastolo.

Il blogger Mahadine in catene

Sylver Bendé Bassandé, direttore dell’emittente comunitaria Al Nada FM di Moundou – 480 km a sud della capitale N’Djamena – lo scorso 20 giugno è stato condannato a due anni di carcere e a una multa di 100 mila franchi ciadiani (circa 150, euro un’enormità nel Paese africano) per complicità in oltraggio al tribunale e minaccia all’autorità giudiziaria.

Vista la pericolosa situazione dell’ex colonia francese molti giovani scappano verso i Paesi limitrofi o, quando è possibile, in Europa e Canada. Il regime ha creato una cellula speciale incaricata di esaminare le richieste di espatrio perché teme che si uniscano all’opposizione politica-militare in Libia meridionale. I richiedenti asilo che vengono rimandati in Ciad saranno quindi esposti a gravi pericoli, tra i quali la deportazione nella prigione di Koro Toro nel mezzo del deserto ciadiano.

Idriss Deby è diventato presidente del Ciad nel 1990 dopo un colpo di stato contro il dittatore sanguinario Hissène Habré al potere dal 1982 al 1990 che a sua volta con un putsch aveva rovesciato il presidente Goukouni Oueddei.

Durante i 27 anni come presidente della repubblica Deby ha via via inasprito la lotta contro l’opposizione e la critica. La dittatura strisciante è diventata sempre più visibile dal 2004 con la cancellazione dalla Costituzione del limite di due mandati del presidente della repubblica.

Accusato varie volte di brogli, ma anche di nepotismo e corruzione è sospettato di avere avuto un ruolo nell’assassinio di alcuni suoi avversari politici ma nonostante queste denunce è stato rieletto per la quinta volta nel 2016. Ma prima della sua ultima elezione il governo di Deby mostrato le vere intenzioni repressive contro chi è critico.

In Ciad vietate 65 manifestazioni pacifiche i due anni (Courtesy Amnesty International)

Comprendendo l’importanza e il potere “democratico” dei social network ha bloccato Whatsapp e Facebook impedendo così le possibili interazioni tra le persone. L’impossibilità di utilizzare i social network è rimasta in vigore per buona parte dell’anno e dal marzo 2017 sono stati chiusi i portali critici nei confronti del presidente.

Nel frattempo il governo è alla ricerca di finanziamenti. Lo scorso 6 settembre, le autorità ciadiane sono andate a Parigi con il cappello in mano per chiedere soldi per il Piano nazionale di sviluppo 2017-2021 approvato il 7 luglio scorso. Il governo si è presentato nella capitale francese con circa 300 progetti e una richiesta di €5,7 miliardi che dovrebbero servire a rafforzare l’economia del Paese africano.

Opposizione e società civile locale hanno dissentito sull’incontro con il governo francese perché sostengono che i fondi concessi a Deby fino ad oggi non sono mai serviti a portare benefici alla popolazione.

Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com
Twitter: @sand_pin

– Idriss Deby Itno
Office of the White House (Amanda Lucidon) – Questo file è stato ricavato da un’altra immagine: Idriss Deby with Obamas 2014.jpg, Pubblico dominio, Collegamento

Sandro Pintus

Giornalista dal 1979, ha iniziato l'attività con Paese Sera. Negli anni '80/'90 in Africa Australe con base in Mozambico e in seguito in Australia e in missioni in Medio Oriente e Balcani. Ha lavorato per varie ong, collaborato con La Repubblica, La Nazione, L'Universo, L'Unione Sarda e altre testate, agenzie e vari uffici stampa. Ha collaborato anche con UNHCR, FAO, WFP e OMS-Hedip.

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