Dal Nostro Corrispondente
Franco Nofori
Mombasa, 5 settembre 2017
La miracolosa transizione dall’apartheid all’autogestione africana, attuata attraverso il pacifico processo di riconciliazione di Nelson Mandela, nel quale nessuno pareva voler credere, è ora alle corde sotto la guida del suo discusso leader Jacob Zuma che, malgrado i sondaggi gli assegnassero solo il 20% dei consensi popolari, è comunque riuscito, l’8 agosto scorso, a vanificare il settimo tentativo di impeachment e a conservare il potere grazie a 198 voti a favore, contro i 177 che lo volevano estromettere dalla carica detenuta sin dal 2009 e riconfermata nel 2014
Il voto dell’Assemblea Nazionale, in cui il partito di Zuma, l’ANC (African National Congress) ha la maggioranza, è stato chiaramente un voto che non riflette la volontà del paese e avrebbe certamente dato un risutato diverso se fosse stato espresso attraverso un referendum popolare. Tuttavia, anche il Sudafrica, che con il trapianto del cuore di Christiaan Barnad, l’inarrestabile crescita economica e la temibile potenza del suo apparato militare, si era piazzato tra le prime potenze mondiali, è oggi soggetto alla stessa metastasi tribale che affligge l’intero continente. Qui, a confrontarsi con crescente ferocia, sono gli Zulu, l’etnia di Zuma, e gli Xhosa, loro acerrimi rivali.
Una volta al potere, Zuma, si è attribuito nei fatti, non pochi privilegi che lo equiparano alla deprimente categoria dei satrapi d’Africa. Tra questi privilegi emerge la condotta morale che, all’età di 75 anni, lo vede sposato per ben 6 volte con ventuno figli formalmente riconosciuti. Si noti che la poligamia, pur essendo tutt’ora praticata dall’etnia Zulu, è comunque proibita dalle leggi del paese, leggi che, soprattutto un presidente, non dovrebbe disattendere. E’ stato anche inquisito per aver stuprato una giovane sieropositiva, ma fu soprendentemente assolto, malgrado le sue parziali ammissioni, forse perché, scatenando l’ilarità generale, dichiarò che, dopo il rapporto, si era “accuratamente lavato per escludere il rischio di aver contratto l’HIV”. Qualche tempo dopo e con una certa fierezza, ammise anche di aver avuto un figlio dal rapporto con la giovane figlia di un caro amico.
Ma a parte queste geriatriche tendenze da impenitente gigolò, il “suo” Sudafrica ha ben altro di cui lamentarsi. Tra queste Il nepotismo che, alla pari di un vero reuccio feudale, gli fatto assegnare alte posizioni nell’apparato governativo a membri di famiglia e compagne di letto, come la sua ex moglie, Nkosazana Dlamini, che per consolarla del divorzio avvenuto nel 1998, fu elevata dal rango di ministro degli esteri, che già deteneva, al potente ministero degli interni. Zuma, il cui mandato scade nel 2019, ha dichiarato che sosterrà la candidatura della sua ex moglie alla successione, col presumibile intento di farsi proteggere in vista dei probabili procedimenti che dovessero essere attivati a suo carico al termine del mandato presidenziale. Anche ad uno dei suoi rampolli, Duduzane Zuma, allora appena ventisettene, il padre, appena giunto al potere, affidò la direzione della prestigiosa South African Businness Corporation.
Altri gravissimi segnali mostrano un traballante futuro per il grande paese africano, un tempo ammirato dal mondo. Sotto la gestione Zuma, l’inflazione è arrivata al 5% annuo, la disoccupazizone al 27% ed il PIL non riesce a smuoversi da un misero 0.1% di incremento. Durante il suo mandato, il Rand (la moneta locale) ha totalizzato una complessiva svalutazione nel confronti del dollaro USA pari al 40% (fonte FMI), mentre Standard & Poor’s aveva già relegato il Sudafrica al livello più basso degli investimenti: il BBB che è solo un gradino sopra a quello di junk (spazzatura).
Non meglio vanno le cose sul piano sociale. Zuma è stato sanzionato da un tribunale sudafricano per aver sottratto 20 milioni di dollari alle casse dello Stato per la costruzione della sua sontuosa dimora privata di Nkandla e si è protetto dalle varie accuse su di lui per traffico d’armi e corruzione, facendo fuori in poco tempo ben 8 ministri ed alte cariche dello stato. Epurazione, questa, che ha messo a serio rischio la stessa governabilità del paese. Nel Sudafrica vi sono inoltre 5 milioni di HIV positivi, il più alto numero del mondo e malgrado lo Stato fornisca loro i farmaci necessari al suo controllo, l’infezione continua a diffondersi rapidamente. Zuma è anche sospettato di collusioni con la potente famiglia Gupta, di origine indiana, che tutti considerano coinvolta in attività criminose.
Ad allontanare gli investimenti, c’è infine la rampante criminalità, forse la più alta del mondo, che ha indotto molte attività imprenditoriali ad abbandonare il paese incrementando così il sempre più alto tasso di disoccupazione, vera anticamera al crimine. Johannesburg, Durban, Città del Capo, e Pretoria diventano, dopo il tramonto, città off limit perché cadono sotto l’incontrastato dominio di gang dedite all’omicidio, alla rapina ed allo stupro. Bande che sono spesso opposte tra loro ed ingaggiano sanguinarie battaglie.
Insomma, il Sudafrica, sognato da Nelson Mandela, durante la sua lunga e sofferta prigionia nelle carceri del regime boero, sembra essere ben diverso da quello che la presidenza Zuma sta realizzando. E l’evidente dicotomia tra la volonta del popolo che vuole cacciarlo e quella del partito che strenuamente lo protegge, perdonandogli anche l’imperdonabile, getta sul futuro del paese le cupe avvisaglie di una guerra civile.
Franco Nofori
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