Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 5 settembre 2017
Al vertice di Parigi sulle migrazioni, che si è tenuto la scorsa settimana, hanno partecipato, oltre al padrone di casa Emmanuel Macron, la cancelliera tedesca Angela Merkel, il nostro capo del governo Paolo Gentiloni, il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy e Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e la politica di sicurezza e vicepresidente della Commissione. Al tavolo delle trattative dell’Eliseo sono stati invitati anche il presidente nigerino Mahamadou Issoufou, quello ciadiano Idriss Déby e Fayez al-Sarraj, il premier libico riconosciuto dalla comunità internazionale.
In tale occasione Déby ha sottolineato che la crisi migratoria può essere solamente risolta con un adeguato sviluppo. Ha più che ragione il presidente ciadiano, peccato che sino ad oggi lui abbia contribuito ben poco alloo sviluppo del proprio Paese. Basti pensare al tasso di analfabetismo molto elevato, che si attesta al settantacinque per cento e solo il dieci per cento degli studenti riesce ad arrivare al diploma. All’università gli insegnanti, sottopagati, sono spesso assenti perchè si dedicano anche all’insegnamento in strutture private a discapito degli studenti che perdono anni e anni prima di arrivare alla laurea. E, diciamolo pure, il Ciad si colloca tra gli ultimi posti nella tabella dell’indice dello sviluppo umano e l’aspettativa di vita supera a malapena i cinquantuno anni.
Déby è salito al potere con un colpo di Stato nel dicembre 1990, e nella tornata elettorale che si è svolta nell’aprile dello scorso anno, è stato confermato presidente per la quinta volta.
Chiede sviluppo e progresso per arginare il flusso migratorio, ma intanto Débry decurta gli stipendi ai funzionari governativi, ai quadri militari e della pubblica sicurezza: bisogna fare economia, sottolineano a N’Djamena, per la grave crisi economica che attraversa il Paese, dovuta alle ridotte entrate a causa della caduta del prezzo de petrolio.
Eppure fino a non molto tempo fa questa ex colonia francese disponeva di entrate importanti perchè produttore di greggio; qualche anno fa la Banca mondiale aveva persino finanziato un oleodotto fino ad un porto nel Camerun. I finanziatori avevano messo come condizione che le maggiori entrate così ricavate venissero investite in un fondo di sviluppo per le generazioni future. Un’utopia, i giovani non vedranno mai nulla, perché il governo dopo poco si era opposto a tale clausola e l’ha di fatto cancellata.
A Doba, nel sud del Paese dove si trovano i giacimenti petroliferi, la popolazione locale vive con 0,56 centesimi pro capite al giorno. I profitti del petrolio restano in mano a l’elite, a l’entourage del presidente e la corruzione è regina anche in Ciad, come in molti altri Paesi di questo ricco, povero continente; è presente ormai ovunque nella pubblica amministrazione, dai gradi più alti, al poliziotto di quartiere e al vigile che dirige il traffico.
Il presidente ciadiano non ha tutti torti quando afferma di fronte ai leader europei che i giovani partono a causa della bassa scolarizzazione, la mancanza di lavoro, la povertà, la fame, uno stato di insicurezza generale. Peccato solo che nessuno, o pochi governanti africani siano disposti a cercare da soli una soluzione, un rimedio a questo stato di fatto. Anzi, ad ogni insurrezione si risponde con la forza delle armi, la repressione.
Oltre alla corruzione, le spese militari incidono non poco nel PIL. Il Ciad, è impegnato su diversi fronti, come per esempio nella multi task force per lotta contro i Boko Haram. Inoltre fa parte insieme a Mauritania, Burkina Faso, Mali e Niger della nuova Force conjointe du G5 Sahel (FC-G5S), finanziata anche in parte dalla Francia e dall’Unione europea, oltre che dagli Stati che vi aderiscono. Tale contingente è stato creato per contrastare i terroristi e i trafficanti di uomini, armi, droga (http://www.africa-express.info/2017/07/04/il-g5-sahel-bamako-lancia-un-nuovo-contingente-africano-contro-jihadisti/).
La scorsa settimana si sono riuniti anche i rappresentanti e ministri della Difesa africani a Kampala, la capitale dell’Uganda, nell’ambito dei Paesi che hanno aderito come volontari a Capacité africaine de réponse immédiate aux crises (ACIRC), un’iniziativa multinazionale provvisoria, isituita nel 2013. I responsabili intervenuti alla riunione hanno convenuto di voler dare vita quanto prima ad una “forza di intervento rapido”, capace di agire in qualunque momento, in qualsiasi parte del Continente, qualora si dovesse presentare la necessità.
I governi di Algeria, Angola, Burkina Faso, Ciad, Egitto, Ruanda, Senegal, Tanzania, Sudafrica, Niger, Sudan e Uganda, che hanno aderito come Paesi volontari all’ACIRC, dovranno dare la loro approvazione definitiva per la creazione di questo contingente entro il prossimo ottobre, data per la quale è stato fissato un nuovo incontro. L’ACIRC dovrebbe rimanere attiva per poco tempo, vale a dire fino all’entrata in vigore della Forza di riserva africana (ASF).
Il commissario per la sicurezza e la pace dell’Unione Africana, Smaïl Chergui ha sottolineato che è indispensabile trovare con celerità i fondi necessari perché questo nuova contingente possa decollare quanto prima. Chergui ha inoltre evidenziato l’importanza di questa missione per il mantenimento della pace nel Continente. E ha aggiunto: “In questo modo sapremo mostrare di essere capaci di difendere i nostri interessi di sicurezza da soli, senza aiuti o interventi esterni. Il ritiro delle truppe occidentali nella gestione dei conflitti africani dopo i loro interventi catastrofici in Somalia nel 1993 e in Ruanda nel 1994 dovrebbero rinforzare questa nostra iniziativa”. Non ha però spiegato la cosa più importante: da dove verranno i soldi per questo progetto.
Ora l’Unione europea, tra le tante strategie elaborate e parzialmente già attuate per arginare il flusso migratorio, ha individuato il Niger e il Ciad, due dei Paesi di maggior transito dei migranti, per la creazione di campi per profughi e hot spot, con l’obbiettivo di distinguere direttamente in Africa i rifugiati politici dai migranti economici. I siti sorgeranno in zone sicure, già individuate nei due Paesi, dovrebbero essere gestite dell’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite (UNHCR) e dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM).
Gli Stati membri dell’UE sono disposti a mettere le mani nel portafoglio, pur di chiudere la rotta del Sahel. I Paesi ospitanti saranno ampiamente ricompensati. Oltre a dotazioni economiche come jeep, e sistemi radar, è previsto addestramento del personale per formare una vera e propria guardia di confine. In seguito dovrebbero arrivare finanziamenti per progetti di sviluppo, in particolare per sanità e istruzione.
In tutti i vari vertici che si sono tenuti in questi anni per arginare il flusso migratorio, sono stati messi a disposizione fiumi di denaro con il paravento dello sviluppo a molti governi del Continente africano. Che cosa è stato realizzato finora per migliorare la qualità della vita delle popolazioni ?
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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