Franco Nofori
Mombasa, 4 settembre 2017
Era una forza totale di 430 agenti posti di guardia alla Suprema Corte del Kenya che ha emesso la controversa sentenza di annullamento delle elezioni presidenziali dello scorso 8 agosto. Cinquantanove di loro hanno preso il colera e sono attualmente ricoverati in vari ospedali di Nairobi in stretta osservazione. Gli agenti erano alloggiati presso il Multimedia University Hotel in Rongai, dove si presume sia avvenuto il contagio. Sotto accusa il ristorante dell’albergo dove gli agenti consumavano i loro pasti quotidiani.
Il colera – una infezione epidemica causata dal bacillo Vibrio cholerae – ha causato in passato milioni di morti. Si trasmette attraverso il contatto orale con le feci, per ingestione diretta o per mezzo di alcuni veicoli preferenziali, come acque inquinate e cibi contaminati. L’inosservanza delle basilari norme igieniche, la condivisione di cibi o bevande e la mancata purificazione delle acque ritenute potabili, sono alla base dell’insorgere di questa infezione il cui esito letale, nei casi più gravi, avviene soprattutto a causa degli inarrestabili effetti diarroici e di vomito che portano ad un’irreversibile disidratazione.
Da molti anni, i vari organismi internazionali per la sanità, mettono in guadia il Paese contro il pericolo di questa epidemia causata da un non adeguato trattamento delle acque ad uso domestico le cui condutture sono risultate, in alcuni casi, inquinate dalla vicinanza con le reti fognarie. Inoltre, la scarsità d’acqua di cui soffre il paese, soprattutto nelle remote zone rurali, induce spesso la popolazione a fare uso di qualsiasi pozza d’acqua disponibile, comprese quelle di fiumi, paludi e addirittura pozzanghere.
Pare, tuttavia, che i poliziotti colpiti dall’infezione non versino in condizioni particolarmente preoccupanti, grazie alla rapidità della diagnosi che ha permesso di individuare in tempo il bacillo e porre in atto la necessaria terapia farmacologica, volta prevalentemente a ripristinare i liquidi corporei che le scariche diarroiche ed il vomito avevano compromesso. Questo ultimo evento che ha colpito gli agenti di polizia non è comunque un caso isolato, poichè negli ultimi mesi, focolai della stessa infezione si sono verificati in varie parti del paese, tra cui, uno dei più noti, è quello occorso al Weston Hotel di Nairobi dove alcuni ospiti ne sono stati colpiti, ma senza gravi conseguenze.
Questo nuovo flagello che è piombato sul Paese, va comunque molto ridimensionato perché, pur nella molteplicità dei casi rilevati, ha finora prodotto un molto limitatato numero di vittime grazie alle terapie prontamente messe in atto. Tuttavia, in un Kenya bersagliato da azioni terroristiche, eventi criminosi e messo recentemente in forte apprensione, sociale ed economica, per l’incertezza della sua futura leadership, del colera ne avrebbe fatto volentieri a meno. Inutile continuare a ripetere che le presenze occidentali nel paese, sia turistiche che stanziali, sono solo occasionalmente toccate da questi eventi. I media internazionali continuano a darne straordinario risalto, spesso anche attraverso un’informazione incorretta e raffazzonata che nuoce enormemente all’immagine del Kenya.
Più che legittimi e del tutto comprensibili sono quindi gli appelli rivolti dall’anemico apparato turistico keniano ai vari organi d’informazione internazionale affinché, pur nel pieno rispetto dei professionali doveri di cronaca, si astengano dal diffondere ingiustificati allarmismi dei quali, tra l’altro, ne fa soprattutto le spese la nutrita imprenditoria italiana che nel settore turistico ha investito ingenti risorse finanziarie ed umane.
Franco Nofori
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