Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 20 agosto 2017
Alcune decine di persone della società civile della Repubblica Democratica del Congo si sono riunite venerdì scorso a Parigi, dove hanno siglato un “Manifesto del cittadino congolese” con l’obiettivo di unire il popolo per riuscire a spodestare Jospeh Kabila, il presidente della ex colonia belga al potere da ben sedici anni. E’ uno dei tanti leader africani che amano restare incollati alla loro poltrona. Il suo mandato è scaduto a metà dicembre 2016, ma lui ha semplicemente rinviato le elezioni.
Tra i firmatari del Manifesto erano presenti membri del movimento cittadino, rappresentanti della Lucha, acronimo per Lutte pur le changement (in italiano: lotta per il cambiamento) e ancora Les Congolais Debout di Sindika Dokolo, marito di Isabel dos Santos, figlia del presidente dell’Angola. Dokolo, un collezionista d’arte di origini congolesi, figlio del miliardario banchiere e collezionista di arte africana classica, Augustin Dokolo e di Hanne Kruse, danese.
Dokolo l’11 agosto ha presentato il suo movimento cittadino non violento “Congolesi in piedi” scorso. L’obbiettivo è quello di svegliare le coscienze dei cittadini del Paese. Les Congolais Debout è stato lanciato anche in rete per raccogliere le adesioni.
“Vive le peuple” – viva il popolo – è lo slogan che si è sentito più volte nella piccola sala delle conferenze della sede della Federazione internazionale dei diritti umani e ognuno dei presenti vorrebbe che questo 18 agosto 2017 restasse per sempre nella storia del Congo-K. Tra i presenti c’era anche Fedel Barro, del movimento senegalese Y’en a marre in veste di consigliere.
I diversi gruppi hanno voluto rispondere allo slogan lanciato tempo fa dagli arcivescovi Debout congolais con il Manifesto aperto a tutti i cittadini del Congo-K, “Perché la Repubblica è una questione che concerne tutti e non uno solo o un gruppo di persone”, ha spiegato André Mbata, direttore esecutivo dell’Istituto per la democrazia, la governance, la pace e lo sviluppo in Africa. E infine ha aggiunto: “L’obiettivo è arrivare alla mobilitazione dei cittadini, per un ritorno all’ordine costituzionale; l’attuale governo è incostituzionale, in quanto non sono state tenute le elezioni”.
La nuova “associazione” che raggruppa vari movimenti, è totalmente apolitico, nessuno dei componenti è iscritto ad un partito. I firmatari si considerano semplicemente cittadini del loro Paese, che vogliono contrastare lo strapotere di Kabila e mandarlo a casa. Dal suo insediamento nel 2001 ha saputo solo spargere morte, alimentare contrasti e ridurre il popolo alla fame.
Dokolo ha sottolineato che la chiave di tutto è la massa; la popolazione tutta deve essere protagonista e far comprendere che l’unica alternativa possibile è quella di ricreare un ambiente politico virtuoso perché si possa giungere ad un cambiamento.
La situazione umanitaria nella ex colonia belga è davvero drammatica, come lo si evince dall’ultimo rapporto della FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura e l’alimentazione, pubblicato lo scorso 14 agosto. Oltre 7,7 milioni di persone vivono oramai in stato di estrema necessità, legato alle violenze che non tendono a placarsi. Nelle zone rurali una persone su dieci soffre la fame, in particolare nelle regioni Kasaï e attorno al lago Tanganyika.
Tale condizione è alimentata anche dall’invasione del bruco legionario in gran parte delle colture e dalle epidemie di colera e di morbillo che hanno colpito vaste zone. E nelle aree dove il conflitto non dà segni di tregua, un milione e mezzo di persone sono in uno stato di insicurezza alimentare grave. Non sempre riescono a consumare un pasto al giorno. Donne e bambini sono i più colpiti da questa carestia e il quarantatré per cento dei piccoli sotto i cinque anni soffre di malnutrizione cronica.
Pochi giorni fa una valanga di fango, causata dalle piogge torrenziali, ha travolto case e ucciso almeno duecento persone nel nord-est della Repubblica democratica del Congo. I soccorsi sono resi assai difficili, perché l’intera zona è circondata da montagne. Altra tragedia, altre lacrime in questo Paese, già tanto provato e tormentato.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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