Franco Nofori
Mombasa, 12 agosto 2017
Almeno fino al momento in cui scriviamo, il Kenya pare aver accettato il risultato elettorale con alto senso di responsbilità. Le forze dell’ordine, memori della carneficina avvenuta nel dopo elezioni del 2007, questa volta sono apparse vigili e ben organizzate, riuscendo a spegnere sul nascere alcuni focolai di violenza esplosi subito dopo la proclamazione del vincitore. Ie manifestazioni si sono soprattutto verificate negli slum di Nairobi: Mathare, Kibera, Korogosho, Dandora e Kawangware; oltre che a Siaya, dove c’è purtroppo stato un morto e nei due feudi dei contendenti: Gatundu, di Uhuru Kenyatta e Kisumu, piazzaforte del suo rivale, Raila Odinga, dove i morti sono stati due.
Come gesto pacificatorio, subito dopo la nomina, il vincitore Kenyatta, ha inviato un messaggio a Odinga: “Rivolgo un segnale di amicizia a Raila Odinga ed ai suoi sostenitori. – ha detto il presidente riconfermato nella carica – Non dobbiamo considerarci nemici, ma operare insieme per il bene di questo paese che entrambi amiamo.” Odinga non ha ancora risposto a questo appello, ma è probabile che lo farà quando il rammarico per l’inattesa sconfitta si sarà attenuato.
Aspre critiche sono state rivolte dal governo ad alcune testate della stampa internazionale che avrebbero diffuso immagini di inesistenti disordini, pescandole tra quelle in archivio riferite al dopo elezioni del 2007. “E’ inaccettabile – ha detto il portavoce Fred Matiangi – che alcune di queste testate abbiano utilizzato i reportage di giornalisti accreditati dalla Commissione Elettorale per dare una corretta informazione sui reali accadimenti.” Effettivamente, molte notizie sono state date in modo distorto e con l’evidente scopo di rincorrere lo scoop giornalistico, senza curarsi dell’allarme che questo creava nella popolazione e nell’immagine negativa fornita alla comunità internazionale.
A Kisumu, nel corso della notte, si sono uditi diversi colpi di arma da fuoco, e secondo la catena televisiva KTN ci sarebbero sati due morti. Elicotteri della polizia hanno sorvolato incessantemente l’area. Malgrado la prevalente situazione di calma, riportata nella maggior parte del paese, l’apprensione sembra non scemare, anche sulla costa, dove peraltro non vi sono stati disordini di rilievo. A Mombasa ed a Kilifi la maggior parte dei negozi resta chiusa e quasi tutte le attività locali stentano a riprendere il loro normale ritmo produttivo.
Durante gli scontri scoppiati nella notte a Mathare, un quartiere povero nella periferia di Nairobi, è morta una bambina di solo nove anni. I familiari sostengono che la piccola sia stata colpita da un proiettile alla schiena mentre era affacciato al balcone del quarto piano di uno stabile per osservare i tumulti in strada. Secondo alcuni operatori della Croce rossa, una quindicina di persone sarebbero state picchiate e ferite dalla polizia ieri notte nello stesso sobborgo.
Per assicurare al paese una pace stabile, molto dipenderà ora dagli appelli che Raila Odinga rivolgerà ai suoi sostenitori. Certo che questa sconfitta, non può che risultargli estremamente bruciante, sia perché è giunta contro le previsioni dei suoi sondaggisti, che fino alla vigilia delle elezioni lo davano vincente e sia perché questa occasione, dopo tutti i falimenti precedenti, risultava probabilmente l’ultima nella quale lui, ormai settantaduenne, poteva cimentarsi. Forse, come osservano molti commentatori, doveva farsi da parte e lasciare spazio al suo vice Kalonzo Musyoka che è stato invece trascinato con lui nella sconfitta.
Il Kenya, malgrado le molte e gravi carenze che ancora lo affliggono, soprattutto la rampante corruzione, resta pur sempre uno dei pochi paesi africani che garantiscono un minimo di stabilità. Se il governo oggi riconfermato, riuscirà davvero a mettere mano alle malversazioni che avengono al suo interno e a combattere tenacemente, anche con costanti ed intensi processi educativi, il radicato tribalismo che caparbiamente lo divide, forse potrà imboccare la strada giusta per una reale emancipazione.
Franco Nofori
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