Sandro Pintus
Firenze, 6 agosto 2017
A Raila Odinga è piaciuto lo slogan di Trump. Ma anche quello di Obama. Il suo è “Make Kenya great again. We can do this”. Settantadue anni, ex premier del Kenya e figlio dell’ex vice primo ministro Jaramogi Oginga Odinga, una delle figure di spicco dell’indipendenza dell’ex colonia britannica.
Di etnia Luo (suo padre era il capo), che conta 3 milioni e 200 mila persone, rappresenta il terzo gruppo tribale più numeroso dopo i Kikuyu e i Luhya, Odinga ha già tentato quattro volte la scalata alla presidenza della repubblica.
È il leader del Movimento democratico arancione (Orange Democratic Movement-ODM), partito socialdemocratico nato nel 2005, che alle presidenziali del 2013 ha ottenuto il 43,7 per cento dei suffragi (oltre 5milioni e 340mila voti). Presentandosi con una coalizione, l’ODM è stato il partito che ha ottenuto il maggior numero di seggi: 96 su 349.
Anche per le presidenziali del’8 agosto il Movimento arancio si presenta come parte della National Super Alliance (NASA) , una coalizione di politici moderati.
Il suo programma di governo va dalla lotta alla corruzione della polizia, alla lotta alla criminalità che vuole estirpare anche attraverso l’interruzione della proliferazione di armi leggere; dal contrasto alla disoccupazione, causa dell’aumento la criminalità, al rinforzo dei confini per impedire l’ingresso di al Shabaab dallla Somalia. Per fermare il terrorismo intende incrementare la sicurezza informatica e i sistemi TV a circuito chiuso.
Il progetto del candidato alla presidenza per governare il Paese prevede anche di fornire alla Polizia strumenti e attrezzature necessari per garantire la sicurezza, con la supervisione di Parlamento e Magistratura per evitare abusi di potere da parte delle forze dell’ordine. Ma anche ampliare il turismo e salvaguardare l’ambiente, l’assistenza sanitaria universale, cercare una politica progressista pan-africana ed estera progressiva, incrementare l’agricoltura e la pesca. Insomma tutto ciò che un politico vorrebbe fare se ci fossero i fondi sufficienti.
Ma chissà se Raila vuole continuare a giocare la carta dell’accusa della Corte penale internazionale al suo rivale, l’attuale presidente Uhuru Kenyatta, di crimini contro l’umanità. L’attuale presidente è stato accusato di presunta volontà e pianificazione di sterminio degli oppositori politici dell’ODM, di etnia Luo, Luhya e Kalenjin, nelle violenze post elettorali del gennaio 2008 dove morirono 1.300 persone e altre migliaia furono vittime di violenze e stupri senza che il neo presidente Kenyatta muovesse un dito. L’imputazione è però caduta per mancanza di prove nel 2015.
E visto che l’ODM è stato vittima di questi gravissimi fatti, Odinga vuole mostrare particolare sensibilità al problema dei diritti umani. Il suo programma prevede anche la creazione di un Tribunale per i diritti dell’uomo per contrastare gli abusi.
Sandro Pintus
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