Franco Nofori
Mombasa, 29 luglio 2017
Con tutte le ferite evidenti e quelle nascoste, ma molto più dolorose, Luigi Scassellati, “Gigi”, come lo chiamano gli amici, rientra in Italia scortato dai sui figli, Stefano e Roberto che, durante la degenza al Mombasa Hospital, non l‘hanno abbandonato un solo minuto. E’ ancora debolissimo e muove i passi con fatica, ma è circondato dall’affetto dei figli e degli amici che lo aiutano a recuperare un po’ di serenità fino a strappargli anche un debole sorriso, il primo dalla disgrazia che l’ha ferocemente colpito, quando Fabio Fraioli, l’amico che per primo ha scoperto la tragedia, gli chiede di abiurare alla tifoseria juventina per passare a quella laziale.
Come già riferito l’attacco è avvenuto a Kikambala, una graziosa località costiera a circa 30 km sud di Kilifi, capoluogo dell’omonimo distretto, nella villetta in cui i coniugi Scassellati passavano le loro vacanze. Nella spietata aggressione ha perso la vita la moglie, Maria Laura Satta, mentre lui, gravemente ferito, aveva perso conoscenza ed è stato probabilmente dato per morto dai malviventi.
Nella confortevole stanza in cui è ricoverato, trovo Gigi seduto sul balcone. Davanti a noi si dispiega il placido incanto dell’Oceano Indiano, stretto nell’insenatura che circonda l’isola di Mombasa. “Un posto così bello eppure così pieno di crudeltà.” Commenta qualcuno. Sì, l’Africa è la regina dei contrasti. Nei suoi colori belli, aspri e un po’ inquietanti; nel suo cielo terso che all’improvviso diventa cupo e scarica la sua ira in rovesci sferzanti; nelle sue sfrenate manifestazioni di gioia e di spietatezza. Come le fiere della savana: maestose, libere, ma anche spietate.
In un angolo del balcone, seduto in silenzio, c’è un africano corpulento che ci osserva tutti con curiosità ma non partecipa alla conversazione. E’ la guardia del corpo armata che è stata ingaggiata per proteggere la vita di Gigi. Perché proteggerla? E da chi? I figli mi spiegano che la violenza dell’aggresione aveva, a loro giudizio, lo scopo di uccidere perché probabilmente le vittime conoscevano i carnefici. Non è un ipotesi strampalata. Perché, se no, infierire con tale violenza sulla povera Maria Laura fino a sfondarle il cranio con un machete o, forse, addirittura con un’ascia?
E’ infatti questa l’ipotesi che ha indotto la polizia del Kenya ad arrestare e a trattenere in custodia il giardiniere della coppia, Lewis, sperando di fargli confessare la parte che lui potrebbe aver avuto nell’aggressione. Gigi, da parte sua, continua a dichiararsi certo che quel giardiniere c’entri eccome, e un po’ tutti, intorno a lui, sembrano condividere questa certezza o, quantomeno, il forte sospetto.
La volontà di scoprire presto il colpevole, non è solo una richiesta di Gigi e dei suoi familiari, ma in un Kenya che tra dieci giorni si presenterà all’elettorato per le elezioni presidenziali, diventerà imperativo per il governo in carica mostrare al mondo un colpevole.
“Tornerò in quella casa solo quando sarò completamente ristabilito – dice Gigi – e quando avrò riacquistato la forza morale per farlo”. Ci tornerà, ma non per abitarci o trascorrervi le vacanze che condivideva con la moglie. “Ho già preso contatti con un amico medico impegnato in opere di beneficenza. Quella casa sarà il primo frutto di una fondazione a nome di Maria Laura e si trasformerà in un consultorio medico per bambini”. Bambini africani, Forse è proprio nelle più cocenti disperazioni che l’animo umano esprime i più alti valori di solidarietà.
Verso le 10 di questa mattina, ora locale, Gigi ed i suoi figli sono partiti per la Malpensa con un volo della Meridiana. Un volo rapido, senza scali intermedi, ma pur sempre un volo di circa sette ore che hanno creato qualche perplessità nel medico che lo seguiva durante il ricovero, ma che ha infine ceduto alla sua insistenza. Gigi è ancora molto
debole. Ha una profonda ferita alla testa dalla quale ha perso molto sangue ed una al braccio sinistro che gli ha asportato la carne quasi fino all’osso. Il viso e altre varie parti del corpo sono segnate dai colpi di bastone
Il corpo di Maria Laura verrà cremato, come lei desiderava, presso il Pandia Hospital di Mombasa e le autorità cosolari italiane provvederanno ad inviare le ceneri al marito, affinché venga sepolta in un piccolo cimitero della loro terra d’origine, la Sardegna. Lo stesso cimitero in cui anche Luigi andrà a tenerle compagnia. “Avevamo entrambi concordato che alla fine della nostra vita saremo stati sepolti lì. – dice, mentre la voce si incrina per l’emozione – E’ uno splendido posto. Appollaiato su una collinetta che domina il mare. Il mare sardo, non meno bello di questo che sto lasciando per sempre.”
All’arrivo in Italia, Gigi sarà subito trasportato in un ospedale – rimasto tenacemente segreto – che lo terrà in osservazione per il tempo necessario a verificare le sue condizioni e poi, alla dimissione deciderà, con il supporto dei figli, l’indirizzo da dare alla propria vita. Sarà comunque un indirizzo doloroso, infestato dagli inevitabili ricordi di orrore e di morte, ma con l’affetto che lo circonda gli auguriamo di riuscire a superarlo, magari impegnandosi nell’opera che intende dedicare alla moglie.
Franco Nofori
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