Dal Nostro Corrispondente
Franco Nofori
Mombasa, 24 luglio 2017
Luigi Scassellati, il cremonese settantaduenne rimasto gravemente ferito ieri nel corso di una brutale rapina a Kikambala, sulla costa nord del Kenya, dal suo letto presso il Mombasa Hospital, non sa darsi pace per la perdita della moglie, Maria Laura Satta, caduta sotto i violenti colpi di machete degli aggressori. “Lei non c’è l’ha fatta – dice – e mi sento in colpa perché sono stato io ad insistere affinché acquistassimo questa villetta in Kenya”.
Stenta a parlare perché con una violenta bastonata sul viso i malviventi gli hanno fatto saltare le protesi dentali, trovate a terra dalla polizia e requisite, non si capisce bene a quale scopo. “Senza le protesi – dice ancora – non riesco a mangiare cibi solidi e devo limitarmi ai brodini”. Sul volto e nello sguardo appare ancora disegnato tutto l’orrore dell’eperienza vissuta ieri, nelle prime ore del mattino, quando gli aggressori hanno dato inizio al selvaggio attacco.
Il Mombasa Hospital è uno dei tre più prestigiosi ospedali privati di Mombasa e nel primo pomeriggio di ieri, all’arrivo presso l’accettazione del pronto soccorso, ha avuto luogo un piccolo thriller perché la direzione dell’ospedale non permetteva il ricovero. Prima pretendeva un deposito cauzionale di almeno tremila euro, somma impossibile da reperire nell’immediato. Era domenica e tutte le banche erano chiuse.
Luigi, pesto, sanguinante ed ancora privo di conoscenza, è stato costretto ad attendere a lungo, con i suoi soccorritori impegnati in un’estenuante trattativa. Alla fine, grazie alla garanzia cortesemente prestata da una persona nota alla direzione della struttura sanitaria, è stato consentito il ricovero e all’accesso alle cure necessarie.
Le autorità consolari italiane, consultate in proposito, si erano dichiarate impossibilitate a prestare tale garanzia e questo, com’era ovvio attendersi, ha scatenato un coro di proteste da parte dei connazionali presenti. In realtà, più che la copertura monetaria necessaria al ricovero, ciò che le nostre autorità non potevano fare, è autorizzare l’inizio delle terapie e degli interventi chirurgici senza l’autorizzazione dei familiari.
Benché Luigi abbia riacquistato una discreta lucidità e si esprima abbastanza correttamente, soffre di un completo vuoto di memoria che gli impedisce di ricostruire gli eventi della tragica esperienza vissuta. “Tutto ciò che ricordo – spiega – è che sabato sera, Laura ed io abbiamo cenato e poco dopo siamo andati a dormire. Il ricordo successivo ce l’ho in questo letto di ospedale”. Però, nella fitta nebbia che ingombra la sua mente, qualche sprazzo di luce ogni tanto si accende. Per esempio il nitido ricordo della moglie morta. “Lei era a terra in bagno, piena di sangue e non si muoveva. La chiamavo, ma non rispondeva.” E descrive dettagliatamente la posizione del corpo, facendola risultare identica a quella che noi abbiamo potuto constatare quando siamo entrati in casa. Solo che da dove lui si trovava non avrebbe potuto vederla nel modo in cui lui descrive.
Su suggerimento del medico che lo ha preso in cura, nessuno gli ha ancora detto che la moglie è morta, ma lui non chiede neppure: lo afferma con certezza, senza esitazioni e senza curarsi dell’imbarazzato silenzio che accoglie le sue parole. Questo fa pensare che forse, la dinamica dell’aggressione, può essersi svolta in modo diverso da quello dedotto dalle tracce rilevate. La polizia, dal canto suo, ha arrestato e tiene in custodia il giardiniere, sospettato, ma non si sa su quali evidenze, di essere coinvolto nell’aggressione o, almeno, nella sua parte organizzativa.
Domani, in tarda mattinata, arriveranno in Kenya i figli delle vittime, Roberto e Stefano, che vincendo l’immaginabile pena, dovranno assumersi il compito di gestire la situazione. Non saranno comunque soli, la sparuta cominità italiana si metterà a loro disposizione e li assisterà nel disbrigo di tutte le necessarie incombenze. Malgrado i molti difetti, occorre riconoscere che, nelle emergenze, gli italiani sanno spesso esprimere grandi valori di solidarietà.
Quasi tutti i media di lingua italiana hanno dato ampio risalto all’accaduto, alcuni limitandosi ai riscontri di cronaca, altri spargendo allarmi esagerati, altri ancora minimizzando gli eventi per non danneggiare il turismo in cui ancora e leggittimamente il Kenya spera. Tra altre varie inesattezze, è stato anche scritto che la località di Mtwapa è una zona ad alto rischio criminale e che l’abitazione dei coniugi aggrediti è molto isolata e quindi più soggetta a questo genere di incursioni.
In rispetto alla pura leatà dei fatti ci corre precisare che la residenza di Laura e Luigi Scassellati è a Kikambala, non a Mtwapa da cui dista una buona dozzina di chilometri. Che la zona non è affatto isolata, ma è circondata da Hotel, Residence e Resort di prestigio e che, almeno a quanto mi costa, negli ultimi 30 anni questa è la prima vittima europea prodotta da un atto criminoso.
Franco Nofori
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