Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 19 luglio 2017
Raramente un neoeletto presidente africano è stato accolto con tanto entusiasmo dal proprio popolo e dalla comunità internazionale, come il gambiano Adama Barrow. Forse pesa la sua promessa di cambiare radicalmente il Paese dopo la dittatura di Yahya Jammeh, durata oltre ventidue anni (http://www.africa-express.info/2017/01/19/truppe-entrano-gambia-barrow-giura-dakar/).
Il Gambia è una lingua di terra, un’enclave all’interno del Senegal e conta solamente 1,849.000 abitanti. In molti avevano posto le loro speranze per un futuro migliore nel nuovo presidente Barrow, cinquantuno anni, sposato con due mogli e padre di cinque figli. E’ nato in un villaggio all’interno del Paese e arrivato a Banjul perché vincitore di una borsa di studio. Qualche anno più tardi si è trasferito a Londra per studiare e lavorare. Per diverso tempo è stato agente per la sicurezza presso la Argos a Londra. Una volta tornato a casa, ha aperto un’agenzia immobiliare. Durante un’intervista all’AFP ha confessato di lavorare tra le dodici e quindici ore al giorno, un background di tutto rispetto, ma con poca esperienza a livello politico.
Barrow è ormai al potere da sei mesi: ha prestato giuramento lo scorso 19 gennaio a Dakar, la capitale del Senegal (http://www.africa-express.info/2017/01/19/truppe-entrano-gambia-barrow-giura-dakar/).
Durante la campagna elettorale il presidente aveva promesso democrazia, libertà, progresso e benessere, ma questo nuovo Gambia tarda a realizzarsi. Molti gambiani, in particolare i giovani, sono delusi, preoccupati. “Qui regna ancora il caos, le riforme tardano ad arrivare, non sappiamo dove ci porterà questo governo”, ha confessato una studentessa universitaria di Banjul, la capitale del Paese.
Durante le elezioni presidenziali, che si sono svolte lo scorso 1° dicembre, Barrow si è aggiudicato il 43,3 per cento delle preferenze e il suo partito, lo United Democratic Party, ha vinto anche le legislative dello scorso aprile (http://www.africa-express.info/2017/04/07/legislative-gambia-vince-il-partito-del-nuovo-presidente-adama-barrow/) e dunque il nuovo governo avrebbe tutte le carte in regola per poter lavorare nella giusta direzione. Ma bisogna tener conto della pesante eredità che Jammeh ha lasciato. La gestione dei fondi pubblici era finalizzata all’arricchimento di se stesso, della sua famiglia e prima di partire per l’esilio in Guinea Equatoriale (http://www.africa-express.info/2017/01/24/perche-lex-dittatore-del-gambia-yahya-jammeh-si-e-rifugiato-guinea-equatoriale/), il dittatore ha svuotato quasi completamente le casse della ex colonia britannica. Alla fine di maggio, il governo gambiano ha fatto mettere sotto sequestro ottantasei conti bancari e centotrentuno beni immobiliari riconducibili a Jammeh, grazie ad un ordinanza del Tribunale.
Il sessanta per cento della popolazione del Gambia vive in miseria ed è questo uno dei motivi perché molti giovani fuggono ancora oggi verso i porti della Libia per imbarcarsi verso le nostre coste. Secondo i dati dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) al 30 giugno 2017 sono arrivati in Italia via mare 83.731 persone, tra loro i gambiani sono uno dei gruppi maggiormente rappresentati.
La sfida che deve affrontare ora Barrow è ardua e tutta in salita. Per riportare lo Stato di diritto nel Paese, il nuovo governo deve concentrarsi sulla formazione di una governance economica efficace, capace di attirare investitori e occupazione per migliorare le condizioni di vita della popolazione, senza trascurare l’educazione e la formazione dei ragazzi e dei giovani.
Anni di terrore e miseria lasciano il segno in un popolo. Non si dimenticano facilmente le sparizioni, gli arresti extragiudiziali, le torture e altri terribili reati commessi nei confronti di coloro che si permettevano di opporsi all’ex dittatore durante il suo spietato regime (http://www.africa-express.info/2016/07/24/gambia-pugno-di-ferro-del-dittatore-al-potere-galera-dissidenti/). Jammeh non tollerava nemmeno i diplomatici stranieri troppo critici verso il suo operato, e nel 2015 aveva espulso senza esitazioni Agnès Guillaud, chargé d’affaires dell’Unione Europea, dichiarandola come persona non grata.
Malgrado ciò, lo scorso anno l’Italia aveva intrapreso trattative con il corrotto e sanguinario governo di Banjul per fermare il flusso migratorio (http://www.africa-express.info/2016/08/27/gambia-muore-in-galera-altro-oppositore-del-regime-ma-litalia-tratta-con-banjul-per-controllo-immigrazione-clandestina/). In tale occasione la delegazione italiana era stata ricevuta da Ousman Sonko, ex ministro degli Interni e braccio destro di Jammeh, ora in carcerazione preventiva in Svizzera, Paese al quale aveva chiesto asilo politico lo scorso gennaio (http://www.africa-express.info/2017/01/27/chiede-asilo-svizzera-ex-ministro-gambiano-accusato-di-violazione-dei-diritti-umani/).
Il Tribunale penale confederale elvetico ha sentito pochi giorni fa altre due vittime di Sonko, chiamati dai giudici direttamente da Banjul; altri cinque testi sono stati ascoltati in precedenza. Il Tribunale di Bellinzona sta indagando su presunti crimini contro l’umanità commessi dall’ex ministro tra il 2006 e il 2016. Le possibili imputazioni sono pesanti: è accusato di aver ordinato torture, arresti e omicidi nei confronti di oppositori al regime.
Ci vorrà del tempo perché questa piccola ex colonia britannica possa riprendersi, ma attenzione, non bisogna sprecarlo quel tempo, perché nuovi oppositori e simpatizzanti del vecchio regime sono sempre in agguato (http://www.africa-express.info/2017/06/13/le-truppe-senegalesi-di-ecowas-restano-per-altri-sei-mesi-gambia/).
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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