AFRICA

“Alleanza per il Sahel”: un tentativo di Parigi e Berlino per rilanciare lo sviluppo in Africa

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 15 luglio 2017

Federica Mogherini, l’Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, è volata a Parigi giovedì scorso, per partecipare al varo dell’iniziativa congiunta dell’UE, Francia e Germania “Alleanza per il Sahel”.

La firma per questa alleanza si è svolta al margine del consiglio interministeriale franco-tedesco, alla presenza di Angela Merkel, cancelliera della Repubblica federale tedesca e di Emmanuel Macron, presidente francese.

Durante il suo intervento Mogherini ha puntualizzato: “Garantire lo sviluppo, la sicurezza e la stabilità nei Paesi del Sahel (Mauritania, Niger, Burkina Faso, Ciad e Mali) è in primo luogo nell’interesse degli africani, ma è anche il nostro. Siamo vicini e dobbiamo rispondere insieme alle sfide della lotta contro il terrorismo, i traffici e i cambiamenti climatici. Questa alleanza aiuta ad aumentare, a coordinare meglio e ad accelerare il nostro sostegno in una regione di importanza strategica”.

Oltre ai rappresentanti di Berlino, Parigi e dell’UE, giovedì scorso erano presenti anche i funzionari di diverse organizzazioni. L’Alleanza per il Sahel dovrebbe facilitare il coordinamento dei finanziatori dei fondi destinati allo sviluppo in tutta la regione. L’obiettivo è quello di creare lavoro per i giovani, sviluppare le zone rurali, migliorare le infrastrutture, le fonti energetiche e infine di rinforzare la governance.

Parigi 13 luglio 2017, Alleanza per il Sahel. Angela Merkel, cancelliera tedesca e Emmanuel Macron, presidente francese, in seconda fila. Federica Mogherini Alto rappresentante dell’UE, Jean-Yves Le Drian, ministro degli Esteri francese, secondo a sinistra, Sigmar Gabriel, ministro degli Esteri tedesco, a sinistra

Il progetto è molto ambizioso e dovrebbe suddividersi in quattro assi principali: educazione e formazione, agricoltura, governance-giustizia e infine la lotta contro i cambiamenti climatici.

L’iniziativa sarà controllata da un organismo di alto livello ancora da creare tra i vari partner e le autorità del Sahel. Si riunirà una volta l’anno. Resta sottinteso che il progetto è aperto a tutti gli Stati membri dell’Unione. Per ora vi fanno parte, oltre a Germania, Francia e UE, la Banca mondiale, la Banca africana per lo sviluppo e il Programma delle Nazioni unite per lo sviluppo (UNDP).

“L’Alleanza per il Sahel” è stata lanciata da Emmanuel Macron in occasione dell’ultimo G5 Sahel (http://www.africa-express.info/2017/07/04/il-g5-sahel-bamako-lancia-un-nuovo-contingente-africano-contro-jihadisti/), durante il quale è stato dato il via anche al nuovo contingente tutto africano contro i jihadisti, per il quale bisogna ancora definire la parte finanziaria. Finora l’UE ha stanziato cinquanta milioni di euro, ognuno dei cinque Stati del Sahel contribuirà con altri dieci milioni ciascuno, mentre la Francia ha promesso la sua partecipazione con settanta vetture tattiche, materiale per le trasmissioni e protettivo, per un valore di otto milioni di euro.

Per lo sviluppo del Sahel Macron ha stanziato per i prossimi cinque anni, duecento milioni di euro. Queste risorse almeno in parte dovrebbero transitare attraverso questa nuova piattaforma. L’incarico in tal senso è stato affidato all’Agenzia francese per lo sviluppo.

Gli altri partner che fanno già parte della nuova iniziativa, cioè Germania, la Banca mondiale, la Banca africana per lo sviluppo, l’UNDP e l’UE non hanno ancora dichiarato le risorse che saranno disposti ad investire nel progetto.

La stessa cosa vale per il nuovo contingente, tutti sono concordi sulla sua utilità, ma nessuno si pronuncia sull’eventuale partecipazione finanziaria per la sua realizzazione. Eppure le Nazioni Unite sono molto preoccupate per la situazione di insicurezza nel Sahel. Mohamed Ibn Chambas, responsabile dell’ONU per l’Africa occidentale ha sottolineato pochi giorni fa al Consiglio di Sicurezza che il conflitto nel Mali continua, ma sta coinvolgendo in misura sempre maggiore il Burkina Faso e il Niger e ha chiesto agli Stati membri un maggiore sostegno ai Paesi del Sahel. Chambas ha precisato che gli sforzi messi in campo da parte degli Stati interessati hanno subìto, almeno parzialmente, un arresto a causa di continui violenti attacchi,  soprattutto nelle zone di frontiera. L’intensificarsi degli scontri violenze è in parte dovuto anche grazie alla unificazione di diverse formazioni armate, già attive da anni nell’area. Il nuovo raggruppamento è stato chiamato: “Gruppo di sostegno dell’Islam e dei musulmani”, guidato da Iyad Ag-Ghali, capo tuareg alleato con al-Qaeda e i talebani afgani (http://www.africa-express.info/2017/03/08/cinque-gruppi-jihadisti-attivi-nel-sahel-si-sono-riuniti-sotto-la-guida-di-un-capo-tuareg/).

Iyad-Ag-Ghali

Ne è colpita in modo particolare la regione di Liptako-Gourma, al confine tra Mali, Niger e Bukina Faso, zona di passaggio di trafficanti di droga, di armi e di persone: un’area assolutamente insicura.

Nel 2012 oltre la metà del nord del Mali era sotto il controllo dei gruppi jihadisti. Solo con l’arrivo nel 2013 del contingente internazionale della missione MINUSMA, in gran parte dell’aerea è stata ristabilita l’autorità del governo. Diverse zone sfuggono ancora al controllo delle truppe maliane e internazionali, malgrado sia stato firmato nel giugno 2015 il “Trattato per la pace e la riconciliazione nel Mali”. (http://www.africa-express.info/2015/06/24/firmato-laccordo-di-pace-mali-anche-dai-ribelli-maggioranza-tuareg/)

Tale accordo ha incontrato non poche difficoltà per decollare, ma finalmente a fine gennaio a Bamako si sono riuniti  i firmatari del trattato di Algeri e i ministri dei Paesi implicati nel processo di pace, in prima linea il ministro degli Esteri algerino, Ramtane Lamamra. In tale occasione è stata stabilita una tabella di marcia ambiziosa e fitta. Il 23 febbraio a Gao, nel nord della ex colonia francese, sono iniziati i pattugliamenti misti (composti da truppe dell’esercito regolare, del coordinamento dei movimento per l’Azawad “CMA” e combattenti della piattaforma di autodifesa), finalizzati alla formazione di un esercito unitario maliano .

Tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo a Kidal, Gao e Menaka sono state istituite le autorità interinali, finalizzate a ristabilire la presenza dello Stato nel nord del Paese, mentre a Timbuktu e Taoudénit, a causa di conflittualità tra i vari candidati preposti all’incarico, l’insediamento ha avuto luogo un paio di mesi fa.

Una decina di giorni fa si sono verificati nuovi scontri vicino a Kidal, nel nord del Paese, tra gli ex ribelli del Coordinamento dei movimenti dell’ Aazawad (CMA) e combattenti del Gruppo di autodifesa tuareg Imghad e alleati (GATIA),  contrari all’autonomia o separazione dell’Azawad, cioè filo governativi. Entrambi i gruppi sono firmatari del trattato di pace. Fatti simili si sono verificati anche in passato (http://www.africa-express.info/2015/09/06/tuareg-litigano-tra-loro-barcolla-il-trattato-di-pace-mali/) e, ovviamente, le due parti in causa cercano di scaricare la responsabilità dell’inizio degli scontri gli uni sugli altri.  

La situazione in Mali resta ancora assai precaria, l’insicurezza, causata dalle continue minacce terroriste, hanno reso necessario prolungare di altri sei mesi lo stato d’emergenza. L’Assemblea nazionale ha approvato tale provvedimento all’inizio di maggio. 

Bambini nel Sahel

Secondo un rapporto dell’UNICEF, in Mali quasi un milione di giovanissimi e adolescenti non possono frequentare la scuola. Recentemente sono state chiuse cinquecento istituti, duecentoquarantotto nella sola regione di Mopti (http://www.africa-express.info/2017/06/02/mali-e-niger-morti-e-feriti-si-moltiplicano-gli-assalti-armati-dei-jihadisti/), perché sotto costante pressione dei terroristi. In tutto il Sahel un bambino su cinque sotto i cinque anni soffre di malnutrizione acuta grave.

Ovviamente anche l’Alleanza per il Sahel è stata istituita per arginare il flusso migratorio, per evitare “l’invasione africana” come viene definita da molti politici europei. Questa nuova iniziativa potrebbe veramente migliorare le condizioni di vita della popolazione, considerando il fatto che parte del progetto prevede investimenti in ambito educativo-formativo. Peccato che i fondi per la sua realizzazione abbiano trovato, almeno finora, solamente timide risposte.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
cotoelgyes

 

 

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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