Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 14 luglio 2017
La FAO, Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, ha distribuito 3600 capre a un migliaio di donne che soffrono la fame nel nord della Nigeria. Un aiuto importante d’emergenza per chi vive nella regione dove il cibo scarseggia e poter consumare anche un solo pasto al giorno è già considerato un lusso. Ora almeno queste madri di famiglia avranno nuovamente un piccolo gregge. E’ costume del luogo che le donne si occupino degli animali della casa. La maggior parte delle famiglia hanno perso il bestiame dopo l’insurrezione dei Boko Haram; molti animali sono stati rubati, altri sono andati persi durante la fuga, lasciando così le famiglie senza risorse. Molte donne sono rimaste sole con i loro figli, perché i loro mariti sono stati barbaramente ammazzati dai miliziani della setta, altri sono rimasti invalidi, altri ancora hanno abbandonato la famiglia, molti nuclei familiari sono stati anche divisi durante la fuga.
Della “distribuzione d’emergenza” – così è stata denominata la distribuzione delle capre – hanno beneficiato soprattutto famiglie maggiormente colpite dal conflitto. Il progetto è stato realizzato grazie ad un contributo di 325.326 dollari offerto dal governo della Repubblica d’Irlanda.
Attualmente il nord-est della ex colonia britannica è flagellata da fame e condizioni di vita terribili. I Boko Haram sono sempre attivi, anche se hanno dovuto cedere molti dei territori conquistati, ma rendono ancora insicure zone molto ampie. Parecchie aree non possono essere raggiunte dalle organizzazioni umanitarie, sono completamente isolate.
Anche ieri, due donne kamikaze hanno ucciso dodici persone, tra loro anche un neonato: altre quaranta persone sono state ferite in una città del Camerun, poco distante dal confine con la Nigeria. Finora l’attacco non è stato rivendicato, ma si punta il dito sui soliti terroristi, molto attivi non solo in Nigeria, ma anche negli Stati limitrofi. Oltre duecentomila camerunensi sono fuggiti dal nord del Paese, spesso colpito da attacchi terroristi.
Un attacco simile si è verificato a Maiduguri, il capoluogo del Borno State, nel nord est della Nigeria, martedì notte, dove sono morte almeno quindici persone, ventuno i feriti.
Boko Haram, setta islamica estremista, compare per la prima volta in Nigeria nel 2009, da allora sono state uccise oltre ventimila persone e 2,7 milioni hanno dovuto fuggire dalle loro case. Anche prima del 2009 c’erano stati altri fenomeni simili. Negli anni Settata miete successo tra le masse diseredate un predicatore, Mohammed Marwa, un hausa, meglio conosciuto come Maitatsine. Con i suoi sermoni violenti contro lo Stato, corrotto e inefficiente, infiamma la folla.
Originario di Mawra, nel nord-est del Paese, in una regione che un tempo faceva parte del Camerun, sosteneva che chi leggesse un altro libro all’infuori del Corano fosse un pagano. Durante il colonialismo era stato mandato in esilio, ma subito dopo l’indipendenza era rientrato a Kanu. Era contrario alle biciclette, agli orologi, alle automobili e sosteneva che era peccato possedere più denaro del necessario per vivere.
Durante le sue prediche attaccava tutti: autorità civili e islamiche. Erano attratti dalle sue teorie e dalla sua ideologia soprattutto i giovani, diseredati e senza una speranza per il futuro- Man mano che cresceva il numero dei suoi seguaci, aumentavano anche i confronti con la polizia. Agenti e soldati, era il 1980, intervennero per sedare alcune dimostrazioni violente. La repressione costò la vita a cinquemila persone. Fu ucciso anche Maitatsine.
Dopo la sua morte, ci furono altri sporadici tumulti nei primi anni Ottanta. In particolare i militanti di Yan Tatsine nel 1982 insorsero a Bukumkutta, vicino a Maiduguri, e a Kanu, dove molti adepti si erano trasferiti dopo la morte del leader. Intervennero le forze dell’ordine che uccisero più di tremila persone. Allora molti membri sopravvissuti si spostarono a Yola, dove, guidati da Musa Makanik, un discepolo del maestro, nel 1984 organizzarono svariati attacchi violenti.
Negli ultimi scontri ci furono un migliaio di morti e metà dei sessantamila abitanti di Yola persero la loro casa. Makanik scappò prima a Gombe, la sua città natale, dove fino al 1985 si susseguirono sanguinosi attacchi mortali, e poi in Camerun dove rimase per molti anni. Nel 2004 fu arrestato in Nigeria.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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