Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 6 luglio 2017
Un odore ripugnante avvolge tutto il villaggio di Lungute, nel Sud Sudan, poco distante dalla frontiera con l’Uganda. Cadaveri, in stato di avanzata decomposizione sono ovunque sulle stradine polverose. Sembra un vero e proprio campo di battaglia.
“Sono arrivati al buio, hanno sparato, ucciso centinaia di persone, soprattutto uomini e i figli maschi; tra loro c’erano anche mio marito e mio figlio. Sono ancora lì, con gli altri. Nessuno li ha seppelliti”, racconta Alek Kuur e aggiunge: “Era una notte d’aprile. I soldati ci hanno accusato di ospitare dei ribelli. Hanno ammazzato non so quanti dell’etnia dinka, ma io sono una nuer, hanno ucciso anche qualcuno del mio gruppo etnico qui e nei villaggi vicini. Da allora sono una sfollata e insieme alle mie quattro figlie sono stata accolta in una chiesa cattolica nella vicina città di Torit”.
L’attuale situazione nel Sud Sudan è frutto di una guerra civile iniziata ormai più di tre anni fa: il presidente Salva Kiir Mayardit aveva accusato il suo vice Riek Marchar di aver complottato contro di lui, tentando un colpo di Stato. Da allora sono iniziati i combattimenti tra le forze governative e quelle fedeli a Machar. I primi scontri si sono verificati il 15 dicembre 2013 nelle strade di Juba, la capitale del Paese, ma ben presto hanno raggiunto anche Bor e Bentiu. Vecchi rancori politici ed etnici mai risolti, non fanno che alimentare questo conflitto.
Questa guerra civile ha portato sull’orlo del baratro una buona parte della popolazione. Solo nei primi mesi del conflitto oltre quattrocentomila persone hanno abbandonato le loro case. Decine di migliaia hanno cercato rifugio nei campi delle basi dell’ONU, che ben presto si sono trasformati in veri e propri campi per sfollati.
Il Sud Sudan è il più giovane Stato della Terra. Ha ottenuto l’indipendenza dal Sudan il 9 luglio 2011 e vive un atroce conflitto interno dalla fine del 2013. Secondo il rapporto dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), aggiornati ai primi di giugno 2017, quasi 3,75 milioni di persone hanno dovuto lasciare le loro case, tra loro 1,75 hanno cercato protezione nei Paesi vicini (Uganda, Kenya, Etiopia e Sudan), gli altri sono sfollati. Naturalmente sono sempre i piccoli a pagare il prezzo più alto. Oltre il sessanta percento dei rifugiati sud sudanesi sono bambini. “E’ la peggiore crisi attualmente in atto”, – ha sottolineato Valentin Tapsoba, direttore per l’Africa dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR).
Recentemente si è accentuato il conflitto anche nell’ Equatoria, dove efferati delitti sono stati consumati sia dalle truppe governative che dalle forze dell’opposizione. Secondo il rapporto di Donatella Rovera, consulente per le crisi di Amnesty International, entrambe le truppe si sarebbero macchiate di crimini di guerra, avrebbero violato i diritti umani, commettendo abusi e violenze indescrivibili contro la popolazione. Uomini, donne e bambini sono stati uccisi con colpi di arma da fuoco, oppure colpiti a morte con i machete, altri sono stati arsi vivi nelle loro case. Donne e bambine sono state rapite e hanno subito stupri di massa. Case, scuole, ospedali e edifici delle Organizzazioni umanitari sono stati distrutti e incendiati. Il cibo viene usato come una vera e propria arma da guerra.
Ora si teme che il conflitto possa espandersi anche oltre i confini. Alcuni uomini con uniformi delle truppe sud sudanesi, sono penetrati nel vicino Uganda, che ospita quasi novecentomila rifugiati del Paese limitrofo. I soldati avrebbero rubato bestiame e seminato il panico tra residenti e rifugiati. Il governo di Juba ha naturalmente negato qualsiasi coinvolgimento dei propri uomini, mentre un portavoce militare ugandese ha confermato i fatti che si sono verificati a Gbari.
Fatti simili sono accaduti tempo fa anche al confine con l’Etiopia, dove uomini armati hanno rapito e ucciso centinaia di profughi sud sudanesi nella nostra ex colonia.
L’Uganda ora è in serie difficoltà, il governo non riesce a far fronte a tanti rifugiati. Le donazioni dei Paesi ricchi scarseggiano e le condizioni di vita nei campi per profughi sono pessime. Poco cibo, mancano tende, acqua potabile e quant’altro.
Nel Paese regna il caos più totale. Recentemente sono stati nuovamente sequestrati operatori umanitari stranieri e locali, poi rilasciati qualche giorno dopo. Sono fatti che si ripetono in continuazione, mettendo in serie difficoltà l’attività delle organizzazioni internazionali.
Secondo gli ultimi dati forniti dalla Federazione Internazionale della Croce Rossa di Ginevra, attualmente la carestia, dichiarata in due stati a fine febbraio, è stata “declassata” a fame estrema, grazie alle risposte della comunità internazionale. La situazione resta ancora grave e precaria, il livello di emergenza fame resta ancora elevatissimo per 1,7 milioni di persone. L’insicurezza alimentare ha colpito quasi il cinquanta per cento della popolazione, una crisi umanitaria tra le peggiori, dove oltre un milione di bambini soffrono di malnutrizione acuta; per loro un attacco di malaria, colera, morbillo o altre malattie infettive, facilmente curabili in situazioni normali, equivalgono ad una sentenza di morte. Nei volti di questi innocenti si riflette tutta la tragedia, il dolore di questa assurda guerra.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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