Africa ExPress
Aja, 2 luglio 2017
La Corte penale internazionale (CPI) dell’Aja ha aperto un fascicolo contro la Guardia costiera libica. In più occasioni i marinai nordafricani hanno messo in serio pericolo le vite dei migranti e degli operatori delle organizzazioni non governative, impegnate nelle operazione di Search and Rescue (SAR). Secondo il tribunale, i militari hanno cercato di riportare in Libia con la forza – e talvolta con l’uso di armi – i disperati, che per mesi, a volte anni, hanno subito angherie, torture, violenze di tutti genere nelle luride galere della nostra ex colonia.
In particolare gli inquirenti indagano su un episodio avvenuto il 10 maggio scorso, quando una motovedetta libica si è avvicinata in modo pericoloso alla nave Sea Watch 2, battente bandiera olandese, ma di proprietà della omonima ONG tedesca con sede a Berlino, per impedire che prestasse soccorso ad un barcone in legno con a bordo cinquecento persone. Dopo aver quasi speronato l’imbarcazione dei tedeschi, il comandante della motovedetta ha intimato ai quasi cinquecento occupanti del natante in difficoltà di fermare i motori della loro imbarcazione sotto minaccia delle armi. I migranti sono stati riportati tutti a Tripoli e rinchiusi in un centro di detenzione. L’attacco non è avvenuto dentro le acque territoriali libiche, dunque rappresenta una evidente e chiara violazione del diritto internazionale, come precisa l’avvocato della ONG tedesca, Jens Janssen.
Dopo questo incidente, Sea-Watch, come preannunciato sul suo sito web il 18 maggio scorso, si è rivolta alla CPI, che ha aperto le indagini contro la Guardia costiera libica, che svolge la sua attività anche grazie alle motovedette ricevute in dotazione dall’Italia. Inoltre, parte degli uomini di questo corpo sono stati addestrati nell’ambito dell’Operazione Sophia di Eunavfor.med (http://www.africa-express.info/2016/10/29/al-via-laddestramento-della-guardia-costiera-libica-importante-ruolo-dellitalia/), con la collaborazione del nostro Paese.
A metà marzo, Enrico Credendino, comandante della missione navale europea, aveva illustrato l’addestramento dei militari libici: “Novantatré uomini della guardia costiera della nostra ex colonia sono stati preparati a tutte le attività operative durante quattordici settimane sulla nostra nave San Giorgio e su un’altra olandese. Tre equipaggi sono pronti, manca l’ultima fase dell’addestramento sulle motovedette donate dall’Italia. Alti cinque equipaggi, composti in totale da duecentocinquantacinque persone, stanno per essere addestrati nella basi della Marina militare di La Maddalena e Taranto”.
Alla fine di maggio si è verificato un altro incidente terrificante che ha visto protagonisti la Guardia costiera della nostra ex colonia e alcune navi di Ong che operano nel Mediterraneo centrale attaccate a colpi di cannone. (http://www.africa-express.info/2017/05/24/guardacoste-libico-spara-contro-migranti-il-risultato-degli-accordi-con-litalia/).
Mentre la Guardia costiera libica opera nel Mediterraneo come polizia dell’Unione Europea, le organizzazioni non governative continuano ad essere nell’occhio del ciclone (http://www.africa-express.info/2017/05/11/gli-operatori-umanitari-nella-morsa-delle-manovre-politiche-e-delle-inchieste-giudiziarie-ma-intanto-chi-risponde-della-sorte-dei-migranti-riportati-libia/) e subiscono attacchi su attacchi solo perché continuano a soccorrere persone in difficoltà in mezzo al mare, salvandole da morte certa o quasi. Secondo Frontex, l’Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera con sede a Varsavia, dall’inizio delle operazioni di soccorso in mare delle navi delle ONG, i viaggi della speranza sarebbero aumentati. La procura di Catania, sede di Frontex in Italia, ha aperto un’indagine conoscitiva lo scorso febbraio. Altre inchieste sono state aperte a Palermo e Trapani. Si vuole far luce sui finanziamenti ricevuti dalle organizzazioni in questione, in particolare quelle più piccole, come Sea Eye. Due operatori della Sea Eye sono stati arrestati lo scorso settembre dalle autorità libiche, proprio perché con il loro motoscafo per interventi veloci sarebbero penetrati nelle acque territoriali della nostra ex colonia. Cosa sia successo veramente non è chiaro. Forse sono stati testimoni scomodi, come potrebbero esserlo gli equipaggi di altre navi di soccorso nel Mediterraneo.
Solo qualche giorno fa l’Italia ha minacciato di chiudere i porti alle navi delle ONG che non battono la bandiera della Penisola. “Il nostro sistema di accoglienza è al collasso”, ha sottolineato Minniti. Certamente non per colpa delle Organizzazioni non governative, bensì per la mancata collaborazione degli altri Paesi europei, che, in alcuni casi si rifiutano categoricamente di accogliere migranti; dunque le relocation verso altri Stati membri funzionano a rilento o sono addirittura bloccate. Oggi il capo del Viminale incontrerà i ministri degli Interni di Francia e Germania insieme a Dimitri Avramopoulos, Commissario europeo per le migrazioni a Parigi per discutere sulla questione ”emergenza migranti”. Sul tavolo del meeting Minniti porterà un nuovo piano sugli sbarchi delle ONG, che dovranno rispondere direttamente del loro operato alla nostra Guardia costiera
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