Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 9 giugno 2017
Qualche giorno fa l’Unione Europea ha stanziato cinquanta milioni di Euro per finanziare il contingente multiforza nel Sahel. Lo ha annunciato Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza e vicepresidente della Commissione, in occasione della sua vista a Bamako, capitale del Mali, dove ha incontrato i ministri degli Esteri di Ciad, Niger, Mauritania, Burkina Faso e Mali nell’ambito del G5 Sahel. Questa nuova iniziativa mira a contrastare il terrorismo islamico che ancora imperversa in tutta la regione, in particolare nelle zone di frontiera.
La Mogherini a questo proprosito ha sottolineato: “La sicurezza e lo sviluppo di queste zone non è solo una priorità dei Paesi del Sahel, ma anche nostra. Dobbiamo unire le nostre forze per combattere il terrorismo, i traffici di ogni genere, compreso quello di esseri umani e gestire al meglio il controllo delle frontiere. Continueremo ad investire per lo sviluppo del Continente africano, perché rappresenta un investimento per il nostro comune futuro”.
La creazione di questo nuovo corpo di sicurezza è stata lanciata durante il vertice del G5 Sahel di gennaio, al quale avevano partecipato i capi di Stato del Burkina Faso, Mauritania, Niger, Ciad e Mali e il presidente di turno dell’Unione Africana, il guineano Alpha Condé.
Durante il meeting di gennaio il presidente del Ciad, Idriss Déry, aveva puntualizzato che era arrivato il momento di agire autonomamente, per mettere in sicurezza le frontiere dai terroristi e dalla droga. I membri del G5 Sahel avevano chiesto all’UE di finanziare le spese per l’equipaggiamento, armamenti compresi, per il contingente multiforza. (http://www.africa-express.info/2017/03/08/cinque-gruppi-jihadisti-attivi-nel-sahel-si-sono-riuniti-sotto-la-guida-di-un-capo-tuareg/).
Tutto il Sahel è ancora in subbuglio. Gli attacchi terroristi si susseguono, specie nelle zone di frontiera (http://www.africa-express.info/2017/03/24/sequestrato-cittadino-francese-nellest-del-ciad-al-confine-con-il-darfur/), malgrado la presenza dei caschi blu in Mali e dell’Operazione francese Barkhane, con base a N’Djamena, la capitale del Ciad: infatti i militari francesi sono operativi in tutta la regione con una presenza di quasi quattromila uomini, millesettecento dei quali si trovano a Gao nel nord del Mali.
Il nuovo contingente Sahel, che dovrebbe comprendere diecimila unità (inizialmente ne erano previsti solamente cinquemila), sarà formato da militari maliani, bukinabé, ciadiani, mauritani e nigerini. Il comando delle truppe è stato affidato al generale maliano Didier Dakouo, già capo di stato maggiore dell’esercito del suo Paese. Non è ancora dato di sapere quando inizierà ad essere attivo e quale sarà il suo effettivo mandato.
Alla fine di questo mese è in scadenza il mandato della Missione multidimensionale integrata delle Nazioni Unite in Mali (MINUSMA), che dovrebbe essere rinnovato dal Consiglio di sicurezza dell’ONU nei prossimi giorni.
Nel 2012 oltre la metà del nord del Mali era sotto il controllo dei gruppi jihadisti. Solo con l’arrivo nel 2013 del contingente internazionale della missione MINUSMA, in gran parte dell’aerea è stata ristabilita l’autorità del governo. Diverse zone sfuggono ancora al controllo delle truppe maliane e internazionali, malgrado sia stato firmato nel giugno 2015 il “Trattato per la pace e la riconciliazione nel Mali”. (http://www.africa-express.info/2015/06/24/firmato-laccordo-di-pace-mali-anche-dai-ribelli-maggioranza-tuareg/).
Tale accordo ha incontrato non poche difficoltà per decollare, ma finalmente si sono riuniti a Bamako a fine gennaio i firmatari del trattato di Algeri e i ministri dei Paesi implicati nel processo di pace, in prima linea il ministro degli Affari esteri algerino, Ramtane Lamamra. In tale occasione è stata stabilita una tabella di marcia ambiziosa e fitta. Il 23 febbraio sono iniziati i pattugliamenti misti (composti da truppe dell’esercito regolare, del coordinamento dei movimento per l’Azawad “CMA” e combattenti della piattaforma di autodifesa), finalizzati alla formazione di un esercito unitario maliano a Gao, nel nord della ex colonia francese.
Tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo a Kidal, Gao e Menaka sono state istituite le autorità interinali, finalizzate a ristabilire la presenza dello Stato nel nord del Paese, mentre a Timbuktu e Taoudénit, a causa di conflittualità tra i vari candidati preposti all’incarico, l’insediamento ha avuto luogo solamente poche settimane fa.
La situazione in questa ex colonia francese resta ancora precaria, l’insicurezza, causata dalle continue minacce terroriste, hanno reso necessario prolungare di altri sei mesi lo stato d’emergenza. L’Assemblea nazionale ha approvato tale provvedimento all’inizio di maggio.
E proprio ieri sera sono morti altri tre caschi blu della missione MINUSMA a Kidal, nel nord-est della ex colonia francese. Altri tre sarebbero stati feriti, secondo fonti ufficiali. Finora non sono state rese note le nazionalità dei militari uccisi. L’attacco è stato rivendicato dal “Gruppo di sostegno dell’Islam e dei musulmani”, capeggiato da Iyad Ag Ghaly, che lo ha annunciato questa mattina in diversi social network.
Secondo un rapporto dell’UNICEF di pochi giorni fa, in Mali quasi un milione di giovanissimi e adolescenti non possono frequentare la scuola. Recentemente sono state chiuse cinquecento istituti, duecentoquarantotto nella sola regione di Mopti (http://www.africa-express.info/2017/06/02/mali-e-niger-morti-e-feriti-si-moltiplicano-gli-assalti-armati-dei-jihadisti/), perché sotto costante pressione dei terroristi islamici. Senza educazione, senza un’adeguata preparazione professionale, lo sviluppo di quest’area, di tutto il Sahel, è messo a dura prova e per quanto tempo ancora?
Cornelia I. Toelgyes
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@cotoelgyes