Dal Nostro Corrispondente
Franco Nofori
Mombasa, 8 giugno 2017
E’ tutto cinese. Il progetto, i treni, la realizzazione dei lavori ed i corsi formativi del personale.
Sui social network esplode l’entusiasmo benché non manchi qualche riserva, come quella che appare sul post di un certo Nicholas: “Si tratta pur sempre di roba cinese. Quanto durerà prima di sfasciarsi?”. Njuguna invece osserva: “Non sarà il solito sistema per fare arricchire la nostra leadership e lasciare poi il paese pieno di rottami made in China?”
In realtà i progettisti ed i tecnici cinesi, questa volta, hanno fatto un ottimo lavoro. La Cina dispone di un esteso ed eccellente sistema ferroviario, tecnicamente elevato e gestito con indubbia efficienza. La loro esperienza, trasferita in Kenya, rappresenta per il paese un primo importante passo per alleviare la disastrosa congestione del traffico stradale sull’arteria Mombasa-Nairobi, dovuta soprattutto agli autotreni e agli autobus passeggeri che guidano come invasati al tragico costo di molte vite umane.
Certo, “l’alta velocità” dichiarata dalla Kenya Railways Corporation, con i suoi 120 kmh, può far sorridere rispetto ai 600 kmh dei treni giapponesi o i 530 kmh raggiunti dalle ferrovie francesi ed anche ai, se pur più modesti, 300 kmh delle ferrovie italiane. Senza contare che già verso la metà degli anni ’70 la British Railways disponeva di un intercity che collegava Londra ad Edimburgo viaggiando alla velocità di 250 kmh.
Tuttavia, ogni innovazione, va sempre contestualizzata, prima di esprimere giudizi. Fino a pochi giorni fa, il sistema ferroviario del Kenya, era ancora quello realizzato dai britannici a fine ‘800. Si partiva da Mombasa o da Nairobi alle 7 di sera e si giungeva a destinazione alle 8 del mattino. 13 ore di viaggio per percorrere poco più di 450 km ad una velocità media di 35 kmh! La stessa agevolmente raggiungibile da un discreto ciclista!
Nell’ultimo giorno di maggio, precedente la festività del Madaraka day, che celebra l’ottenuta indipendenza dalla dominazione britannica, il nuovo treno, cui è stato appunto assegnato il nome di “Madaraka Train”, ha percorso il suo viaggio inaugurale da Nairobi a Mombasa con a bordo il presidente del Kenya Uhuru Kenyatta, accompagnato da numerose personalità politiche, tecnici e giornalisti. Nota curiosa: i servizi di bordo sono prevalentemente prestati da graziose hostess keniane ed anche le due macchiniste che hanno condotto il convoglio nel suo primo viaggio, appartenevano al gentil sesso: Shalom Njeri ed Elizabeth Wanjala.
Per ora sono previste due partenze giornaliere da Mombasa ed altrettante da Nairobi, ma la direzione della Kenya Railways dichiara di essere pronta ad incrementarle in ragioni delle prenotazioni che riceverà. I passeggeri avranno a disposizione un treno locale, che sosterà in tutte le stazioni, ed un espresso che fermerà solo nelle più importanti. L’intero percorso dovrebbe comunque compiersi in un massimo di 5 ore, trasportando 1200 passeggeri.
Le tariffe sono senz’altro politiche: circa 7 euro per una tratta in classe economica e circa 26 euro per la prima classe. La terza classe, presente sul vecchio treno, è stata definitivamente abolita. Presto verranno anche messi in servizio convogli per il trasporto merci che consentiranno alle aziende dell’interno di ricevere i propri container dal porto di Mombasa a Nairobi, al più che ragionevole costo di circa 430 euro.
Largamente apprezzato dall’utenza locale, il nuovo collegamento ferroviario ha però gettato nel panico le società di trasporto su strada, quelle degli autobus, ma anche le varie compagnie aeree che potevano contare su una quindicina di voli giornalieri tra le due città keniane. Ma benché la durata del volo non superi i 60 minuti, le operazioni di sicurezza e d’imbarco, oltre al tragitto necessario per raggiungere il centro cittadino dagli aeroporti, portano il tempo complessivo destinato al viaggio, molto vicino a quello impiegato dal treno, ma soprattutto il costo del volo, in classe economica, può risultare fino a 15 volte superiore a quello del treno, mentre chi viaggia in bus deve affrontare una spesa doppia e con tempi di percorrenza, rischi per l’incolumità fisica e vari disagi da rendere percorso stradale del tutto improponibile al confronto.
Il collegamento ferroviario Mombasa-Nairobi, appena realizzato, rappresenta solo la prima fase dell’intero progetto che prevede un percorso complessivo di ben 1,233 chilometri per collegare con il porto keniota anche Kampala, la capitale dell’Uganda. Successivamente, sono inoltre previste altre 4 ramificazioni verso il Sudan meridionale, il Congo, il Burundi e la Tanzania che, a progetto ultimato, vanteranno una rete complessiva di 3,238 chilometri sub-appaltati, creando un’occupazione complessiva di oltre 40.000 posti di lavoro. Entro la fine di quest’anno è previsto di inserire in servizio un treno di lusso che offrirà ai passeggeri vari servizi accessori, tra cui un bar ristorante con menù alla carta, per rendere il viaggio più confortevole.
Il progetto, malgrado i molti vantaggi, presenta tuttavia un aspetto negativo che resta alquanto incomprensibile in quanto ne vanifica una buona parte. Le stazioni passeggeri di Nairobi e Mombasa non sono state ricostruite nelle vecchie sedi al centro città, ma rispettivamente collocate ad Athi River e a Miritini, cioè sensibilmente lontane dall’agglomerato urbano. Solo il treno merci, di prossimo inserimento, godrà di uno scalo nel porto della città costiera. Questa scelta costringerà quindi i passeggeri a lunghe percorrenze in taxi o in matta (i pulmini che effettuano servizio pubblico) per potersi imbarcare sul treno. Questa scelta, un po’ bizzarra, pare basata sul progetto di creare bretelle stradali che rendano agevole l’accesso alle stazioni, ma non tutti i progetti, in Kenya, si realizzano con la stessa rapidità e nel frattempo il disagio per l’utenza sarà inevitabile.
Franco Nofori
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