Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 6 giugno 2017
Durante una visita in un centro di osservazione e salvataggi in Bretagna, il 2 giugno scorso, il neo eletto presidente francese, Emmanuel Macron, scambiando alcune parole con i responsabili, si è lasciato sfuggire una “battuta”, a dir poco infelice circa i migranti che approdano quasi giornalmente sull’Isola francese Mayotte, nel Canale del Mozambico: “Le kwassa-kwassa pêche peu, il amène du Comorien, c’est différent” (tradotto liberamente in italiano: I kwassa-kwassa non servono per pescare: trasportano solamente comoriani). I kwassa-kwassa sono i pescherecci usati nell’arcipelago.
La gaffe del presidente ha quasi suscitato un incidente diplomatico tra il governo comoriano e quello francese; difatti, in un primo momento Mohamed Bacar Dossar, ministro degli Esteri dell’Unione delle Comore, formata da tre isole – Grande Comore, Moheli e Anjouan – che hanno avuto l’indipendenza dalla Francia nel 1975, aveva preteso le scuse ufficiali da Parigi. Mentre la presidenza comoriana si è rammaricata dell’espressione poco felice del neo presidente, ma ha aggiunto: “Il presidente francese è ancora molto giovane, bisogna tener conto di questo”.
Qualche giorno dopo, Macron ha chiarito il fatto con il suo omologo comoriano, Assoumani Azali, durante un lungo colloquio telefonico. Entrambi i presidenti sono d’accordo sulla necessità di una collaborazione basata sulla fiducia reciproca. Azali e Macron vogliono rafforzare la cooperazione in tutti settori per evitare i continui drammi che si consumano quotidianamente in quel piccolo tratto di mare che separa le Comore da Mayote, territorio francese e quindi dell’Unione Europea.
L’Unione delle Comore, formata da tre isole – Grande Comore, Moheli e Anjouan – erano colonie francesi e hanno ottenuto l’indipendenza nel 1975, mentre la popolazione di Mayotte, che dista solo sessanta chilometri dall’isola di Anjouan, in due referendum ha votato contro l’indipendenza dalla Francia. I giovani comoriani sono attratti come da una calamita da Mayotte, da quel fazzoletto di terra francese, in mezzo all’Oceano Indiano, diventato il 101º dipartimento francese nel 2011. Come tale, la valuta ufficiale dell’isola è l’euro.
Per attraversare il breve tratto di oceano chi scappa utilizza i kwassa kwassa, tradizionali imbarcazioni da pesca il cui nome probabilmente è stato mediato da quello di una danza congolese (kwassa, appunto) a sua volta proveniente dal francese quoi ça? (Che cos’è questo?). Come il ballo, le barche “oscillano” pericolosamente. Basta poco per trasformare i viaggi della speranza sui kwassa kwassa in naufragio. Per evitare le motovedette guardacoste, poi, si viaggia soprattutto di notte e i natanti sono strapieni: si sa, i trafficanti vogliono trarre il maggior profitto possibile, esattamente come succede nel Mediterraneo.
Dal 1995 ad oggi hanno trovato la morte nel tentativo di raggiungere Mayotte oltre cinquantamila comoriani. Un tragico bilancio di vite umane del quale si parla poco o nulla in Occidente. Ecco perché il capo della diplomazia delle Comore si è tanto offeso delle parole pronunciate da Macron: “Molte famiglie perdono i loro cari durante la traversata. Non si può scherzare su questo argomento tanto delicato e doloroso”. Di fronte a tanta indignazione, l’Eliseo ha ammesso: “Un’uscita di umorismo infelice, capace di offendere”.
Da qualche anno le leggi francesi sull’immigrazione sono cambiate. Ora si procede alla deportazione immediata, senza dover ricorrere alla sentenza di un giudice. La giurisdizione francese non permetteva di rimpatriare forzatamente i minori, a meno che non viaggiassero con almeno uno dei genitori o un tutore. Ora, invece, basta che sullo stesso barcone nel quale sono imbarcati ci siano degli adulti, anche non legati da parentela, e le autorità di Mayotte respingono tutti senza alcuna distinzione.
Mayotte è poverissima, ma ha una posizione di rilevanza strategica molto importante: nel 1977 i francesi vi hanno installato una base militare, dotata di quattro radar e di altri elementi si sorveglianza per contrastare, tra l’altro, il flusso dei migranti irregolari.
Cornelia I.Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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