Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 3 maggio 2017
Un convoglio del gruppo tattico GTIA (Groupement tatique interarmes) BALZAN (prende il nome di un albero sacro della regione di Ségou) è caduto in un’imboscata questa mattina nel centro del Mali, nella regione di Ségou, tesa dai terroristi. Due i veicoli deflagrati a causa di un ordigno esplosivo: si parla di otto o nove morti e cinque feriti gravi, un’altra vettura è stata portata via dai terroristi, che dopo l’esplosione hanno anche sparato contro i militari. Al momento attuale dieci soldati risultano dispersi. Secondo fonti militari ci sarebbero feriti anche tra i terroristi.
Le truppe, di ritorno da una missione a Diabaly, si stavano dirigendo verso Nampala, al centro del Mali, città non lontana dalla frontiera mauritana, che nel recente passato è stata attaccata più volte da gruppi jihadisti. Alcuni assalti sono stati rivendicati da Al-Qaïda nel Maghreb islamico (AQMI), tra cui anche quello del gennaio 2015, durante il quale persero la vita una decina di soldati maliani.
All’inizio del mese di aprile è stato ucciso un soldato francese durante uno scontro con un gruppo terrorista a sud di Hombori, al confine con il Burkina Faso, dove da diversi giorni uomini della forza Barkhane nel Sahel, insieme a truppe maliane e burkinabè, erano impegnati in un’operazione militare per contrastare gruppi armati terroristi. Secondi fonti dell’Eliseo, è il diciannovesimo soldato francese che ha perso la vita nella ex colonia francese dall’inizio dell’operazione Serval istituita nel 2013, sostituita nel 2014 dall’operazione Barkhane con quattromila uomini, operativa non solo in Mali, bensì in tutti i cinque Paesi del Sahel (Mali, Niger, Mauritania, Burkina Faso e Ciad).
Lo scorso fine settimana le truppe francesi hanno ucciso una ventina di terroristi, nascosti in una foresta al confine tra il Mali e il Burkina Faso. L’operazione si è svolta sia via terra, che con mezzi aerei (elicotteri e caccia) di appoggio. Nel nascondiglio dei terroristi sono stati trovati munizioni, lanciarazzi e ordigni esplosivi. Per il momento non è stato reso noto il nome del gruppo jihadista. Ma fonti del Burkina Faso puntano il dito su Ansaroul Islam, legato ad Ansar Dine e guidato da Malaam Ibrahim Dicko, un predicatore burkinabé, responsabile di un attacco alla base di Boulikessi (http://www.africa-express.info/2017/03/08/cinque-gruppi-jihadisti-attivi-nel-sahel-si-sono-riuniti-sotto-la-guida-di-un-capo-tuareg/).
Nel 2012 oltre la metà del nord della ex-colonia francese era sotto il controllo dei gruppi jihadisti. Solo con l’arrivo nel 2013 del contingente internazionale della missione MINUSMA, in gran parte dell’aerea è stata ristabilita l’autorità del governo. Diverse zone sfuggono ancora al controllo delle truppe maliane e internazionali, malgrado sia stato firmato nel giugno 2015 il “Trattato per la pace e la riconciliazione nel Mali”. (http://www.africa-express.info/2015/06/24/firmato-laccordo-di-pace-mali-anche-dai-ribelli-maggioranza-tuareg/).
Tale accordo ha incontrato non poche difficoltà per decollare, ma finalmente si sono riuniti a Bamako a fine gennaio i firmatari del trattato di Algeri e i ministri dei Paesi implicati nel processo di pace, in prima linea il ministro degli Affari esteri algerino, Ramtane Lamamra. In tale occasione è stata stabilita una tabella di marcia ambiziosa e fitta. Il 23 febbraio sono iniziati i pattugliamenti misti (composti da truppe dell’esercito regolare, del coordinamento dei movimento per l’Azawad “CMA” e combattenti della piattaforma di autodifesa), finalizzati alla formazione di un esercito unitario maliano a Gao, nel nord della ex colonia francese.
Tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo a Kidal, Gao e Menaka sono state istituite le autorità interinali, finalizzate a ristabilire la presenza dello Stato nel nord del Paese, mentre a Timbuktu e Taoudénit, a causa di conflittualità tra i vari candidati preposti all’incarico, l’insediamento ha avuto luogo solamente poche settimane fa.
La situazione nella ex colonia francese resta ancora precaria, l’insicurezza, causata dalle continue minacce terroriste hanno reso necessario prolungare di altri sei mesi lo stato d’emergenza. L’Assemblea nazionale ha approvato tale provvedimento domenica scorsa a Bamako, la capitale del Paese.
All’inizio di febbraio è stata sequestrata una suora francescana di origini colombiane a Koutiala, nel sud-est del Mali. La religiosa, Gloria Cecilia Narvaez Argoti, di una cinquantina d’anni, è stata portata via con la forza da un gruppo di uomini armati. In un primo momento si è puntato il dito su un gruppo terrorista, ma dopo accurate indagini la polizia ha fermato quattro collaboratori della parrocchia di Karangasso, dove la suora svolgeva la sua attività. L’inchiesta è ancora in corso.
Altre altre due donne, una svizzera e una francese, sono ancora in mano ai loro aguzzini. Sophie Pétronin, un’operatrice umanitaria francese è stata rapita la vigilia di Natale dello scorso anno a Gao http://www.africa-express.info/2016/12/26/mali-rapita-operatrice-umanitaria-francese-mentre-salta-laccordo-su-rimpatri-forzati-dalla-ue/, mentre Béatrice Stockly, una missionaria della Chiesa Metodista, di nazionalità svizzera è stata sequestrata i primi di gennaio del 2016 (http://www.africa-express.info/2016/01/09/mali-missionaria-svizzera-rapita-per-la-seconda-volta-a-timbuktu/).
Oltre alla minaccia del terrorismo, che ha costretto centoquaruntunomila maliani a rifugiarsi nei Paesi limitrofi, 3,8 milioni di persone soffrono di insicurezza alimentare. Oltre seicentoventimila bambini sotto i cinque anni sono malnutriti, dati divulgati nel bollettino del mese di marzo dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (OCHA).
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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