Africa ExPress
Dakar, 27 aprile 2017
L’ex dittatore del Ciad, Hissène Habré, ormai settantacinquenne, dovrà scontare i suoi ultimi anni in galera.
Oggi a Dakar, capitale del Senegal, la Corte d’Appello del tribunale speciale, appositamente creato dall’Unione Africana (UA) “Chambres africaines extraordinaires” (CAE) in virtù di un accordo con il presidente del Senagal, Macky Sall, ha confermato la sentenza di primo grado, pronunciata nel maggio del 2016, che vede l’ex tiranno condannato all’ergastolo. (http://www.africa-express.info/2015/07/23/crimini-contro-lumanita-processo-dakar-contro-lex-dittatore-habre/)
Il processo in appello si è tenuto a gennaio, ma la sentenza è stata letta solamente oggi dal presidente della Corte, Ougadeye Wafi, maliano, che ha inflitto la condanna a vita a Habré, che non era presente all’udienza, per crimini di guerra, crimini contro l’umanità e tortura. Una commissione d’inchiesta, appositamente istituita, ha stimato che tra il 1982 e il 1990, in Ciad siano state uccise oltre quarantamila persone.
Dopo essere stato deposto dall’attuale presidente del Ciad, Idriss Deby, Habré si è rifugiato in Senegal e per poterlo processare a Dakar, l’ex colonia francese ha dovuto modificare le sue leggi e adottare la giurisdizione universale per permettere di giudicare uno straniero per atti commessi fuori dal suo territorio. E’ considerato un processo storico: per la prima volta un leader africano ha dovuto rispondere dei suoi atti in un altro Paese africano.
Ancora non è dato di sapere se il vecchio dittatore espierà la sua pena in Senegal o in un altro Paese del continente.
Souleymane Gouenggoueng, presidente di un’associazione delle vittime della dittatura, incarcerato per ben due anni dalla “Direction de la documentation et de la Sécurité (DDS, la polizia politica del regime), dopo la lettura della sentenza d’Appello ha fatto sapere: “Ho lavorato per oltre ventisei anni perché Habré venisse condannato. Oggi sono finalmente in pace. Spero che tutti i dittatori dell’Africa abbiano compreso il messaggio che rappresenta questa condanna”.
Il giurista statunitense, Reed Brody, che ha lavorato con le vittime per ben diciotto anni e assistendo le stesse durante tutte le tappe del processo, ha sottolineato l’importanza di questo verdetto. “E terminata l’epoca dei dittatori, un giorno storico, perché un gruppo di vittime di un tiranno è stato determinato nel pretendere e chiedere giustizia”.
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