Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 25 aprile 2017
Il regime eritreo esulta e sul suo giornale on-line, Tesfanews, rincara le critiche dirette contro le Organizzazioni non governative, impegnate nell’attività Search and Rescue (SAR). Le ONG sono accusate dall’Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera (Frontex) di collusione con i trafficanti di uomini. Il bollettino di propaganda di Asmara, punta il dito su alcuni difensori dei diritti umani, attivisti eritrei, che da tempo hanno lasciato la loro patria.
Ovviamente il primo della lista è don Moussie Zerai, un sacerdote cattolico, residente in Svizzera, da anni impegnato nella difesa dei diritti dei migranti. Il suo operato è riconosciuto a livello internazionale, è stato persino candidato al Premio Nobel per la Pace (http://www.africa-express.info/2015/02/04/moussie-zerai-langelo-dei-profughi-candidato-al-nobel-per-la-pace/).
A seguire troviamo Meron Estefanos, una giornalista e attivista svedese, che spesso rilancia gli SOS quando gommoni o barconi carichi di profughi sono in difficoltà.
Isaias Afewerki, presidente dell’Eritrea dal 1993, governa il piccolo Stato del Corno d’Africa con il pugno di ferro. I diritti umani sono in continuazione violati. Gli oppositori del regime vengono arrestati senza una ragione e buttati in galera, Spesso i familiari non hanno più notizie dei propri cari per anni, a volte per sempre. Chi scappa e viene catturato durante la fuga, rischia la vita: ad un disertore bisogna sparare a vista, come è accaduto poco più di un anno fa nella capitale Asmara (http://www.africa-express.info/2016/04/09/ammazzati-in-eritrea-giovani-che-tentavano-di-disertare-mentre-leuropa-sblocca-i-finanziamenti/). E anche il rapporto della commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite sulle violazioni dei diritti umani in Eritrea conferma che negli ultimi venticinque anni sono stati commessi crimini contro l’umanità in modo sistematico (http://www.africa-express.info/2016/06/09/13743/). La dittatura ha parecchi scheletri negli armadi, ciononostante discredita con estrema facilità gli altri.
Il 10 novembre scorso il Consiglio di Sicurezza dell’ONU con risoluzione 2317 (2016) ha confermato per un altro anno l’embargo sulle armi all’Eritrea, Dieci i voti a favore e cinque i contrari (Angola, Cina, Egitto, Russia e Venezuela). Tale provvedimento nei confronti del Paese, accusato di sostenere con armi e addestramento militare il gruppo terrorista somalo al Shebab, era stato adottato la prima volta nel 2009 con la risoluzione 1907.
Secondo un rapporto dell’ONU pubblicato nel febbraio scorso, nel luglio 2016 uno Stato membro dell’ONU avrebbe sequestrato una spedizione aerea destinata ad una società eritrea. Il carico conteneva radio militari ed altro equipaggiamento per le comunicazioni proveniente dalla Corea del Nord, Paese colpito dalle sanzioni dell’ONU a causa degli esperimenti nucleari. Sempre in base alla relazione degli esperti del Palazzo di vetro, Pyongyang avrebbe usato diversi metodi per aggirare i controlli e firmato accordi con almeno sette Stati africani per l’addestramento di truppe, la costruzione di infrastrutture e la vendita di munizioni, armi, autovetture e equipaggiamento militare. E sempre l’estate scorsa sarebbero state requisite trentamila granate con propulsione a razzo, ben nascoste in una nave cargo diretta verso il Canale di Suez. Non è dato di sapere chi sarebbe stato il destinatario delle granate.
Molti Paesi dell’Africa ignorano semplicemente le sanzioni dell’ONU nei confronti della Corea del Nord. “Non è nelle loro priorità”, ha specificato Pieter Wezeman, capo dei ricercatori del Stockholm International Peace Research Institute’s (SIPRI) Arms and Military Expenditure Programme e ha aggiunto: “La merce della Corea del Nord costa poco, ed è ciò che attrae i leader del continente”.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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