SOS da nave carica di migranti nel canale di Sicilia: “Stiamo affondando”

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Gommone carico di migranti

Africa ExPress
Tunisi, 16 aprile 2017

L’Organizzazione non governativa tedesca “Jugend rettet”, che opera nel Mediterraneo con la nave Juventa da luglio 2016 in operazioni SAR (Search and Rescue), ha la lanciato un SOS nel pomeriggio di oggi. Sul suo account twitter @jugendrettet si legge: “Mayday Relay! Mayday Relay! Mayday Relay!” All stations all! This is Jugend rettet! We are in distress! Position: 33°14´N 012°26´E”.

L’appello è stato lanciato più volte e raccolto anche da altre ONG attive in operazioni soccorso. E’ stato un fine settimana di fuoco. Non si è mai vista una cosa del genere si legge in altri account su twitter. Tra sabato e domenica sono state salvate oltre ottomila persone. Ma ci sono stati anche dei morti.

Gommone carico di migranti
Gommone carico di migranti

Ora stiamo ancora cercando di capire cosa stia succedendo sulla nave Juventa, al suo equipaggio e alle persone salvate a bordo.  In un secondo SOS, lanciato poco dopo, viene specificato che la nave è sovracarica e che la situazione meteorologica sta peggiorando. E poi ancora: “Abbiamo bisogno di aiuto con la massima urgenza dall’MRCC Rome (Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera, ndr), ci sono troppi gommoni vicino a noi che necessitano di assistenza, mandateci qualcuno che possa aiutare queste persone”.

Insomma il capitano della Juventa chiede che dalla nave”vengano trasferite immediatamente quattrocento persone. Ci sono sette donne in stato di gravidanza. Un centinaio di persone, che si trovano attualmente sul ponte inferiore, sono in serio pericolo. Le onde sono alte più di un metro. Non possiamo procedere nella navigazione perché ci sono troppe passeggeri a bordo”.

Nave JUVENTA della ong tedesca Jugend rettet
La nave Juventa  della ong tedesca Jugend rettet

Da un messaggio raccolto pochi minuti prima di andare in macchina, si apprende che la nostra Guardia Costiera ha inviato rinforzi e ha chiesto aiuto anche a due navi commerciali. La Siem Pilot, norvegese della flotta di FRONTEX, invece, è impegnata più a est.  

Da poco anche il rimorchiatore (i cosiddetti camion del mare)  Ringhio, che presta servizio alle piattaforme petrolifere, è impegnato nei soccorsi. Nelle sue vicinanze ci sono oltre quattrocento persone, tra loro molte donne e bambini, imbarcati su gommoni e piccole imbarcazioni di legno. Non tutti indossano giubbotti di salvataggio. Si stanno avvicinando da sud altre cinque imbarcazioni stracolme di persone.

Sembra davvero l’inferno in queste ore nel Canale di Sicilia. Le navi delle ONG sono allo stremo. Due ore fa dal suo account Facebook la Sea Eye, altra ONG tedesca attiva in operazioni salvataggio, segnala che ha preso a bordo altre duecento persone da un gommone che stava affondando. Tra loro una donna incinta, che il personale di bordo ha cercato di rianimare, ma purtroppo è morta. In mare ci sarebbero tra otto e dieci cadaveri. E puntualizza: “La Juventa  è in grave difficoltà, non può navigare. La nave è troppo carica, il vento sta aumentando, le onde sono ormai alte”.

Anche la Phoenix, nave dell’ONG maltese MOAS, oggi è stata impegnata in numerosi salvataggi. Ora è diretta verso le nostre coste.  Christopher Catrambone, fondatore dell’organizzazione, è sbottato: “Non ho mai visto qualcosa di simile come durante questo weekend”.

Chi ha prestato soccorso in questi giorni, ha raccontato che sui corpi di molti dei migranti ci sono segni di torture. Ancora una volta unite, le ONG, indignate per le accuse che sono state loro rivolte (“Siete colluse con i trafficanti di uomini”) ribattono: “Non aiutiamo i trafficanti, salviamo vite”. Quante persone siano morte oggi, non è ancora dato sapere. Il numero esatto non si saprà comunque mai.

Secondo Frontex, l’Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera con sede a Varsavia, dall’inizio delle operazioni di soccorso in mare delle navi delle ONG, i viaggi della speranza sarebbero aumentati. I soccorsi, infatti – ritengono i critici – si svolgerebbero troppo vicino alle coste libiche. La procura di Catania, sede di Frontex in Italia, ha aperto un’indagine conoscitiva lo scorso febbraio. Altre inchieste si sono a Palermo e Trapani. Si vuole far luce sui finanziamenti ricevuti dalle organizzazioni in questione, in particolare quelle più piccole, come Sea Eye. Due operatori della Sea Eye sono stati arrestati lo scorso settembre dalle autorità libiche, proprio perché con il loro motoscafo per interventi veloci sarebbero penetrati nelle acque territoriali della nostra ex colonia. Cosa sia successo veramente non è chiaro.Sembra che siano stati testimoni scomodi, come potrebbero esserlo le altri navi di soccorso nel Mediterraneo.

Africa ExPress

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