Franco Nofori
Mombasa, 13 aprile 2017
Secondo un rapporto Unicef di qualche anno fa, solo nella Repubblica Democratica del Congo ci sono ancora 15 mila bambine e bambini ridotti in stato di schiavitù, molti dei quali usati come giocattoli sessuali dalle alte gerarchie militari che non mostrano alcuna intenzione si restituire loro la libertà, forti della protezione del Presidente Kabila che vede nelle forze armate un irrinunciabile sostegno al proprio potere.
Ma il Congo non è purtroppo l’unico paese africano in cui lo scellerato uso di queste creature è largamente praticato nel silenzio, quando non nell’esplicita connivenza, delle autorità governative.
I figli, secondo molte convenzioni tribali africane, sono innanzi tutto considerati assoluta proprietà dei padri che li hanno generati e quindi soggetti alla loro volontà ed ai loro capricci. Capricci che includono anche la facoltà di farne uso personale o di cederli ad altri contro la corresponsione di una ragionevole somma di denaro o di beni equivalenti.
Si stima che una minima parte di bambine, in Africa, riesca a raggiungere l’età puberale senza aver subito uno stupro che, nella maggior parte dei casi, si compie nell’ambiente familiare: padri, fratelli, cugini e spesso anche nonni.
Quelle che hanno avuto la fortuna di superare indenni questa turpe iniziazione, diventano preda dei vicini di casa, degli insegnanti, dei ragazzi più adulti e di chiunque abbia lerce pulsioni da soddisfare. Molti europei, dominati da questi istinti, trovano anche loro in Africa un Eden sconfinato in cui tutto è consentito purché, beninteso, si sia ben provvisti della necessaria valuta.
Nei rari casi in cui questi fatti vengano portati all’attenzione delle autorità, il tutto si risolve sempre con una transazione in denaro e qualora la famiglia si mostri soddisfatta per l’obolo ricevuto, perfino la polizia si dichiara impossibilitata ad agire. Se poi lo stupratore è molto facoltoso, lo sventurato che osi insistere per ottenere giustizia rischia, lui, di finire in galera, cosa, questa, che è già avvenuta e non in poche occasioni.
Superato l’atroce rito della mutilazione genitale, tuttora praticato in Africa non solo dalle etnie islamiche, ma anche da molte tradizioni tribali animiste, molte bambine, alla soglia dell’adolescenza, vengono vendute in moglie a uomini anche vecchissimi, come è avvenuto a Vanessa Cheruto, una bimba di soli nove anni del West-Pokot, in Kenya, che era stata venduta dalla propria famiglia, fin dall’età di tre anni, all’ultrasettantenne capo di un “Boma” (villaggio) che, al prezzo di due bovini e di una modesta somma in denaro se ne era assicurata la “proprietà” assegnandole il ruolo di ultima delle sue cinque mogli.
Il vecchio decise di lasciare crescere Vanessa per alcuni anni prima di impossessarsene in forza del diritto acquisito. Fatto questo, l’affidò alla cura delle altre quattro mogli perché la preparassero ai doveri del talamo. Ma lei, quando le fu detto che doveva giacere con l’anziano “padrone” e malgrado avesse solo nove anni, riuscì a fuggire e dopo aver vagato per un intera notte nella savana, scampando miracolosamente alle iene e agli altri predatori, approdò all’alba in un centro abitato dove venne indirizzata al “Naramam Resque Centre” un centro di raccolta per ragazze, fondato dall’Ambasciata Tedesca in cooperazione con la “Safaricom Foundation”. La sua terrificante storia è nota solo perché si è conclusa felicemente, ma quante altre storie simili si sono consumate nel silenzio?
Infine, con il drammatico avvento dell’AIDS, che in Africa ha mietuto e miete ancora migliaia di vittime, in alcune zone rurali del Kenya, è nata una raccapricciante credenza: se un uomo affetto dal morbo si congiunge con una bambina che non ha ancora raggiunto la pubertà, ha grandi possibilità di liberarsi dall’infezione, trasferendola alla piccola vittima.
Anche i bambini maschi, pur se in forma ridotta, non sono esenti da questi raccapriccianti rischi e si può ben capire quali disastri queste azioni possano creare, sia nel percorso verso la maturità di queste piccole ed incolpevoli vittime, sia nel più vasto disegno dell’emancipazione africana.
Franco Nofori
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