Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 28 marzo 2017
Thomas de Mazière, ministro degli Interni tedesco, ha invitato suoi omologhi europei a tagliare gli aiuti umanitari ai Paesi non disposti a riammettere i loro connazionali espulsi dall’Unione Europea. Ieri, durante un meeting a Bruxelles De Mazière ha anche proposto una riduzione drastica dei visti per i Paesi UE per gli alti funzionari governativi degli Stati poco collaborativi.
Secondo il ministro tedesco, la sua proposta avrebbe trovato un largo consenso presso i suoi colleghi. De Mazière ha anche chiesto all’UE di riprendere nuovamente le trattative con i Paesi d’origine dei migranti, per aumentare la loro disponibilità nel riaccogliere i propri concittadini espatriati, come per esempio il Mali, che alla fine dello scorso anno ha rispedito alla Francia due persone espulse (http://www.africa-express.info/2016/12/31/schiaffo-del-mali-alleuropa-bamako-rispedisce-al-mittente-due-espulsi-dalla-francia/. Insomma non si lascia nulla di intentato, pur di diminuire la presenza di rifugiati nell’UE, specie ora che i colloqui intrapresi con la Libia per arginare il flusso migratorio potrebbero rivelarsi un fallimento.
La Corte d’Appello di Tripoli ha sospeso in via cautelare il 22 marzo il Memorandum of Understanding (MoU) tra Italia e Libia, siglato lo scorso 2 febbraio a Roma dal nostro presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni e da Fāyez al-Sarrāj, presidente del Consiglio presidenziale (CP) della Libia, riconosciuto dall’ONU. L’accordo è volto ad arginare il flusso migratorio verso le nostre coste ed è stato fortemente sostenuto dall’Unione Europea durante il vertice informale dei Capi di Stato e di Governo europei, tenutosi a Malta il 3 febbraio.
Sei ricorrenti, tra loro anche l’avvocato Azza Al-Maqhor e l’ex ministro della Giustizia, Salah Al-Marghani, avevano intentato un appello contro il MoU, sostenendo che il CP non ha l’autorità di firmare un tale accordo poiché – sostengono – non è costituzionale, in quanto il presidente del Consiglio presidenziale (CP) della Libia non è riconosciuto dal Parlamento con sede a Tobruk.
E’ necessario precisare che un Memorandum of Understanding di per se non necessita della ratifica del Parlamento, a meno che tale accordo abbia natura politica, comporti modifiche di leggi o oneri alle finanze. Ma è anche oggetto di diritto degli stranieri e di diritto di asilo e la nostra Costituzione impone che sia una legge a dettare le regole e non un documento semplificato.
Anche la Commissione per i diritti umani libica ha espresso le sue perplessità circa la proposta italiana di voler aprire campi per rifugiati nella nostra ex colonia e ha sottolineato che l’accordo è contrario ai valori umani, alla Dichiarazione universale dei diritti umani, alle leggi internazionali sul diritto d’asilo. E, in poche parole, respingere i profughi e migranti in Libia, significa esportare la crisi migratoria in questo Paese. La Commissione è contraria a tale accordo.
Il 19 e 20 marzo, dunque pochi giorni prima che il Tribunale d’Appello di Tripoli sospendesse il MoU, il responsabile del Viminale, Marco Minniti, ha voluto fortemente un vertice che si è svolto nella scuola di Polizia a Roma e al quale hanno partecipato i ministri degli Interni di Libia, Algeria, Tunisia, Austria, Francia, Germania, Italia, Francia, Malta, Slovenia e Il Commissario europeo per le Migrazioni, gli Affari interni e la Cittadinanza Dimitris Avramopoulos. La conferenza del “gruppo di contatto” Europa-Africa è stata aperta dal nostro presidente del Consiglio dei Ministri, Paolo Gentiloni. Il suo omologo libico Serraj aveva dato fortfait per la situazione precaria a Tripoli in quei giorni. La sua delegazione è stata guidata da Aref al Kouja, ministro degli Interni.
Una settimana prima ancora si era recata a Roma un’altra delegazione libica, capeggiata da Tariq Shanbor, della direzione generale delle Coste, per discutere con le nostre autorità dettagli sull’attivazione dell’ormai sospeso MoU.
Attualmente è ancora in corso l’addestramento della Guardia costiera libica (http://www.africa-express.info/2016/10/29/al-via-laddestramento-della-guardia-costiera-libica-importante-ruolo-dellitalia/). Attualmente diciotto ufficiali vengono formati in Italia; proseguiranno in seguito la preparazione pratica sulle sei imbarcazioni già riparate ed attualmente ormeggiate nel porto di Biserta in Tunisia.
Queste imbarcazioni sono state donate dal nostro Paese tra il 2009 e il 2010 all’allora governo Gheddafi per la lotta contro l’immigrazione “illegale” verso le nostre coste (http://www.africa-express.info/2014/01/16/navi-libiche-contro-migranti-paga-litalia/).
La guardia costiera libica sta intercettando da tempo gommoni e barconi e il trattamento che riserva ai migranti spesso non è condividibile, per non parlare della sorte che aspetta i poveracci, che, una volta ritornati in Libia, vengono chiusi in centri di accoglienza, nell’attesa del rimpatrio forzato. La Libia non è firmataria della Convenzione di Ginevra del 1951 e pertanto un profugo, anche se minorenne, viene considerato un immigrato clandestino, un illegale.
Le varie Organizzazioni umanitarie che operano nel Mediterraneo centrale per salvare le vite ai migranti in pericolo, sono state accusate da Frontex, l’Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera con sede a Varsavia, accusandole di essere addirittura in collusione con i trafficanti di uomini in Libia. E, sempre secondo Frontex, dall’inizio del loro operato, sarebbero aumentati gli attraversamenti, gli arrivi dei migranti, in quanto le operazioni SAR (Search and rescue) si svolgerebbero troppo vicine alle coste libiche. La Procura di Catania, sede di Frontex in Italia, ha aperto un indagine conoscitiva lo scorso febbraio. Ma anche le Procure di Palermo e Trapani hanno aperto dei fascicoli. Ci si vuole accertare sui finanziamenti delle ONG in questione, in particolare di quelle minori, come Sea Eye e altre. Due operatori della Sea Eye sono stati arrestati lo scorso settembre dalle autorità libiche, proprio perché con il loro motoscafo per interventi veloci sarebbero penetrati nelle acque territoriali della nostra ex colonia. Cosa sia successo veramente non è dato di sapere, forse sono stati testimoni scomodi, come potrebbero esserlo le altri navi di soccorso nel Mediterraneo.Le Organizzazioni hanno smentito qualsiasi collusione con i trafficanti.
Dall’inizio dell’anno fino al 22 marzo 2017, 25.170 persone sono entrate in Europa via mare, secondo i dati dell’Organizzazione internazionale migranti (OIM), l’ottanta per cento in Italia, gli altri in Spagna e Grecia. E sempre l’OIM, 559 persone avrebbero perso la vita durante la traversata quest’anno.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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