Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 21 marzo 2017
Dall’inizio dell’anno il governo del Camerun ha rimpatriato oltre due mila rifugiati nigeriani, che erano fuggiti dai continui attacchi dei sanguinari Boko Haram.
L’allarme è stato lanciato da Babar Baloch, un portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), durante una conferenza stampa a Ginevra. “Finora sono stati deportati duemilaseicento persone. Sono stati scaricati dai soldati camerunensi in villaggi nigeriani, vicino alla frontiera”. ha specificato Baloch, molti si trovano ora a Banki, un campo per sfollati.
Secondo le testimonianze del personale dell’UNHCR, i profughi sono stati costretti dalle truppe a lasciare il Paese in fretta e furia, senza dare loro il tempo di raccogliere i poveri averi, una ricchezza immensa per chi non ha nulla. Il portavoce ha sottolineato che tale comportamento non rispetta in alcun modo il diritto internazionale.
Sembra che i rimpatri vengano effettuati per motivi di sicurezza, eppure all’inizio del mese Nigeria, Camerun e l’UNHCR avevano siglato un accordo nel quale veniva specificato: “Il ritorno dei rifugiati deve essere assolutamente volontario”.
Ovviamente il governo di Yaoundé respinge tutte le accuse e ha dichiarato che i nigeriani sono partiti di loro spontanea volontà. Ma come si spiega allora che tra i deportati ci siano anche diciasette camerunensi? Sono stati espulsi per errore, ma intanto anche loro si trovano a Banki.
Baloch ha riferito che l’espulsione è stato un vero e proprio caos. Alcune mamme hanno dovuto lasciare i loro figli nel Camerun, tra loro anche una bimba di soli tre anni.
Secondo l’ONU, i territori camerunensi confinanti con la Nigeria ospitano oltre ottantacinquemila rifugiati; rimandarli a casa ora, rappresenta un atto disumano, perchè nel nord est della ex colonia britannica centinaia di migliaia di nigeriani sono ancora allo stremo. Quasi impossibile per le organizzazioni umanitarie raggiungere queste persone, perché, secondo Medici Senza Frontiere (MSF) sono intrappolate tra i sanguinari militanti e le operazioni controinsurrezionali dell’esercito. Moltissimi sono coloro che sono rimasti senza cibo e lavoro. Quei pochi che riescono a raggiungere i centri medici sono esausti dalle continue violenze che subiscono da entrambe le parti: Boko Haram e forze armate. Più o meno ottocentomila persone che, che vivono nei pressi della capitale del Borno State, Maiduguri, non hanno accesso ad alcun servizio sanitario. Circa un quarto di loro è ospitato in campi per sfollati, gli altri sono stati raggruppati in piccole città, ma non godono della libertà di movimento e non possono seminare i campi. Non hanno mezzi di sussistenza. MSF ha sottolineato che in alcune parti del Borno State la situazione è migliorata dopo l’appello di sei mesi fa. Ma servono ulteriori finanziamenti e indispensabile ricordare che la popolazione necessità di protezione; dietro questo conflitto ci sono obiettivi politici e militari che molto spesso hanno poco riguardo nei confronti della popolazione civile.
Basti pensare che a gennaio, durante un raid aereo dell’aeronautica nigeriana, è stato bombardato un campo per sfollati, che ha ucciso centocinquanta persone, altrettante sono state ferite, alcuni di loro in modo grave e permanente.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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