AFRICA

Dopo oltre 2 mesi Buhari rientra in Nigeria devastata dagli attacchi dei Boko Haram

Cornelia I. Toelgyes

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 11 marzo 2017

Ieri mattina Muhammadu Buhari, il presidente della Nigeria, è ritornato a casa dopo oltre sette settimane passate a Londra per cure mediche. Non è mai stato specificato quale fosse la sua patologia che viene tutelata come un segreto di Stato. Si sa solamente che è stato sottoposto a diverse trasfusioni di sangue.

Al suo arrivo nella base dell’aeronautica di Kaduna, Buhari ha tenuto un breve discorso: “Non mi sono mai sentito così male in vita mia”, ha spiegato il presidente. Che poi ha aggiunto: “Ora sto meglio, ma necessito ancora un po’ di riposo”.

Muhammadu Buhari, presidente della Nigeria, scende dalla scaletta dell’aereo che l’ha riportato a Kaduna

Il vicepresidente, Yemi Osinbajo, svolgerà le veci del Capo di Stato fino a lunedì prossimo, quando Buhari riprenderà la sua attività. Il suo portavoce, Femi Adesina, ha specificato poco più tardi che il presidente avrebbe inviato una lettera formale all’Assemblea nazionale in tal senso.

Il settantaquattrenne presidente è stato eletto democraticamente nel 2015; da allora si è assentato più volte per visite mediche e ha sottolineato che succederà nuovamente.   

Osinbajo, un abile avvocato di Lagos, ha saputo tenere ben fermo il timone del gigante dell’Africa. Durante l’assenza del presidente ha presenziato il Consiglio dei ministri ed è riuscito portare a termine un’importante riforma economica, indispensabile per chiedere un prestito alla Banca Mondiale, per colmare almeno parzialmente il deficit causato dalle minori entrate sulle royalities dopo la caduta del prezzo del greggio. Si è anche recato più volte nella capitale commerciale Lagos e nel Delta del Niger per sedare gli attacchi dei militanti “Delta Avengers”, che ripetutamente hanno assalito gli oleodotti.  Tutte zone che Buhari aveva spesso ignorato. Dicono che sia un grande lavoratore e pretende anche dai suoi collaboratori sacrifici e dedizione.

Buhari dovrà affrontare diversi problemi di grande importanza. Non per ultimo i terroristi Boko Haram, che, pur indeboliti, continuano mietere distruzione e paura tra la popolazione. I loro attacchi continuano incessantemente, ma ciò che è peggio, sono la devastazione, la fame, che hanno lasciato nei territori precedentemente occupati.

Nel nord est della ex colonia britannica centinaia di migliaia di nigeriani sono allo stremo. Quasi impossibile per le organizzazioni umanitarie raggiungere queste persone, perché, secondo Medici Senza Frontiere (MSF) sono intrappolate tra i sanguinari militanti e le operazioni controinsurrezionali dell’esercito. Moltissimi sono coloro che sono rimasti senza cibo e lavoro. Quei pochi che riescono a raggiungere i centri medici sono esausti dalle continue violenze che subiscono da entrambe le parti: Boko Haram e forze armate. Più o meno ottocentomila persone che, che vivono nei pressi della capitale del Borno State, Maiduguri, non hanno accesso ad alcun servizio sanitario. Circa un quarto di loro è ospitato in campi per sfollati, gli altri sono stati raggruppati in piccole città, ma non godono della libertà di movimento e non possono seminare i campi. Non hanno mezzi di sussistenza. MSF ha sottolineato che in alcune parti del Borno State la situazione è migliorata dopo l’appello di sei mesi fa. Ma servono ulteriori finanziamenti e indispensabile ricordare che la popolazione necessità di protezione; dietro questo conflitto ci sono obiettivi politici e militari che molto spesso hanno poco riguardo nei confronti della popolazione civile.

Un gruppo di membri del Consiglio di sicurezza dell’ONU a Maduguri

Basti pensare che in gennaio, durante un raid aereo dell’aeronautica nigeriana, è stato bombardato un campo per sfollati, che ha ucciso centocinquanta persone, altrettante sono state ferite, alcuni di loro in modo grave e permanente.

Una settimana fa diversi membri del Consiglio di sicurezza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite si sono recati nella zona del Lago Ciad, dove è in atto una delle peggiori crisi umanitarie mai viste. Ma hanno visitate anche i campi per sfollati vicino a Maiduguri. (http://www.africa-express.info/2016/09/24/lago-ciad-crisi-umanitaria/) e i Paesi direttamente confinanti.

La situazione nella quale si trova il Bacino del Lago Ciad è stata provocata sempre dai jihadisti Boko Haram. . Il bacino è situato nella parte centro-settentrionale dell’Africa sui confini di Nigeria, Niger, Ciad e Camerun. Gli abitanti sono quasi triplicati negli ultimi tre anni.

Matthew Rycroft (Gran Bretagna) ha co-presieduto la missione di quindici persone insieme ai rappresentanti permanenti di Senegal, Fodé Secke, e Francia, François Delattre.

Così si vive nel Bacino del Lago Ciad

Hanno toccato con mano, ascoltato dalle persone direttamente colpite dai Boko Haram e hanno constato che le conseguenze sono altrettanto gravi. Oltre ventimila persone hanno perso la vita, 2,3 milioni hanno dovuto lasciare le loro radici, i loro villaggi ed ora i più sono senza lavoro, allo stremo. Molti bambini e giovani non possono frequentare le scuole, altrettanto carente, a volte addirittura inesistente, il servizio sanitario. I giovani sono disoccupati, molte donne sono costrette a prostituirsi pur di portare un pezzo di pane a casa.

Oltre sette milioni di persone sono a rischio carestia e necessitano di aiuti umanitari immediati. Finora sono stati stanziati 672 milioni di dollari da quattordici Paesi per i prossimi tre anni, per far fronte alla crisi. I Paesi donatori che fanno parte del Consiglio di sicurezza dell’ONU sono la Francia con 14 milioni di dollari, l’Italia con 31 milioni, altrettanti la Svezia, mentre il Giappone si è impegnato per 48 milioni di dollari.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes

 

 

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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