Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 28 febbraio 2017
Qualche giorno fa un gruppo di richiedenti asilo, per lo più etiopi e qualche eritreo, ha manifestato pacificamente a Karthoum, la capitale del Sudan, contro gli aumenti esponenziali degli oneri amministrativi per i visti.
Per tutta risposta ai sessantacinque giovani è stata inflitta una pena di quaranta frustate ed una multa di ottocento dollari. Secondo alcuni testimoni oculari, i ragazzi sono stati attaccati violentemente dalla polizia durante la loro protesta assolutamente pacifica. Quaranta etiopi sono stati rimpatriati immediatamente.
E’ andato un po’ meglio ad un gruppo di sei eritrei. Due donne e quattro uomini hanno camminato per tre giorni interi, dopo essere riusciti a liberarsi da un trafficante, quando sono stati fermati da soldati sudanesi ad una ventina di chilometri da Karthoum. I militari hanno minacciato di portarli davanti ad un Tribunale, e ciò significa deportazione immediata, ritornare in Eritrea, nel Paese dal quale erano appena scappati. Le autorità eritree li avrebbero buttati senza esitazioni in una lurida galera per un periodo indeterminato e probabilmente anche torturati. Ma grazie all’immediato intervento di un avvocato, i giovani sono stati liberati, dopo il pagamento di una multa di duecento dollari a testa.
Secondo gli attivisti per i diritti umani, i migranti, in particolari gli eritrei, sono una fonte di guadagno per le forze dell’ordine sudanesi. Grazie alle multe estorte ai questi poveracci, portano a casa un secondo stipendio.
Ma altri non sono stati così fortunati. Un folto gruppo di eritrei è stato arrestato qualche mese fa e portato nella prigione di Huda a Karthoum. Quattro di loro sono stati rimpatriati. E, ovviamente,si sono perse le tracce. Non si è più saputo nulla. Staranno marcendo in una delle tante galere di Isais Afwerki, presidente dell’Eritrea.
Il governo sudanese non è mai stato molto tollerante con i richiedenti asilo e i migranti, ma da quando l’Unione Europea e l’Italia hanno promesso ad Omar al Bashir, il presidente del Sudan ricercato dal tribunale penale internazionale per crimini contro l’umanità commessi in Darfur, somme consistenti (cento milioni di euro) per il controllo delle frontiere per arginare il flusso di coloro che fuggono, la condotta delle forze dell’ordine nei confronti dei profughi si è inasprita.
(http://www.africa-express.info/2016/09/05/sudan-nella-guerra-contro-i-migranti-litalia-finanzia-e-aiuta-i-janjaweed/). Dopo questa denuncia di Africa ExPress, venticinque europarlamentari, guidati da Barbara Spinelli, hanno scritto a Roma per ulteriori chiarimenti.( http://www.africa-express.info/2016/10/28/i-finanziamenti-italiani-e-europei-agli-stupratori-sudanesi-gli-eurodeputati-scrivono-al-governo-di-roma/).
E giustamente, alcuni europarlamentari cominciano a porsi delle domande sul finanziamento concesso a Khartoum, come Barbara Lochbihler, vicepresidente della Sottocommissione per i diritti dell’uomo e Judith Sargentini, membro sostituto della Commissione per lo sviluppo e della sottocommissione per i diritti dell’uomo. La Lochbihler ritiene che l’UE dovrebbe aprire immediatamente un’inchiesta su come si sono svolti i fatti durante la manifestazione pacifica di qualche giorno fa. “Invece di migliorare la gestione migratoria, si rischia di diventare complici nella violazione dei diritti umani e in tal caso bisogna abbandonare immediatamente il progetto”, ha sottolineato la Lochbihler.
Mentre la Sergentini, che ha promesso un’interrogazione parlamentare, ha precisato: “Non sembra che il controllo delle frontiere funzioni molto bene. Immagino che al-Bashir sia convinto di avere un maggior margine d’azione grazie ai finanziamenti europei. Non possiamo legittimare questo comportamento dei sudanesi”.
Ma non dimentichiamoci che lo scorso dicembre l’allora ministro Esteri, Paolo Gentiloni, ha ricevuto il suo omologo sudanese, Ibrahim A. Ghandour, a Roma, promettendogli di voler incrementare la cooperazione con il suo governo (http://www.africa-express.info/2016/12/04/gentiloni-incontra-ministro-degli-esteri-sudanese-roma-e-promette-maggiori-aiuti-contro-migranti/).
Ovviamente l’UE nega che il finanziamento concesso all’ex protettorato anglo-egiziano sia destinato alle sue forze dell’ordine, come la Rapid Support Forces (RSF), composta essenzialmente da miliziani conosciuti con il nome di Janjaweed, che controllano in particolare la frontiera con la Libia. Il loro capo, Mohamed Hamdan Dagl, (detto Hametti) ha avuto la faccia tosta di chiedere all’Europa di rinnovare il parco macchine e le armi dei suoi uomini, perché avrebbe respinto ventimila migranti. “Combattiamo gli immigrati illegali a nome dell’Europa, se il nostro lavoro non viene apprezzato, apriamo il deserto ai migranti”, ha minacciato l’anno scorso lo stesso Hametti.
Ma nel caso specifico degli etiopi deportati la scorsa settimana non c’entra l’RSF. I giovani erano per lo più oromo, che scappavano da oppressione etnica e politica. Sono stati arrestati e deportati dalla polizia, non dall’RSF. Sono stati espulsi grazie alla sentenza di un giudice di un tribunale sudanese. Uno degli avvocati della difesa ha voluto precisare che il processo non si è svolto in modo molto corretto, certamente non secondo gli standard europei. Ai giovani non è stata data la possibilità di ricorrere in appello.
Il Sudan è uno dei Paesi di maggior transito per i migranti. Si suppone che nei primi undici mesi dello scorso anno trentamila persone siano transitate da qui, per raggiungere i porti della Libia per poi proseguire verso le nostre coste. Attualmente nel Paese sarebbero presenti oltre cinquecentomila tra eritrei, etiopi e somali.
Il tema migrazione è al centro della politica europea da tempo. Si cerca di arginare in tutti modi il flusso delle persone che scappano da repressione, guerra, fame. Spesso i singoli Paesi e la stessa Unione, quando stringono alleanze con dittatori africani, come al-Bashir, non tengono conto dei diritti umani, che in passato invece hanno sempre difeso strenuamente. Attenzione, così facendo, i principi fondanti che tengono assieme il vecchio continente potrebbero naufragare insieme ai migranti che non hanno saputo proteggere.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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