Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 30 gennaio 2017
Nuova imboscata di militanti Boko Haram sabato mattina sull’autostrada tra Maiduguri, la capitale del Borno State, e Damboa, ad un convoglio di autovetture, scortato da militari dell’esercito nigeriano. La dinamica dell’attacco è ancora da chiarire. Si parla di molti morti, tra quindici e ventiquattro e di parecchi feriti, anche qualcuno in modo grave. Questo tratto di strada è stato riaperto solamente nel febbraio 2016. E’ rimasta chiusa per oltre due anni, perché ritenuta troppo pericolosa per i continui attacchi terroristi.
Testimoni oculari hanno spiegato che i sanguinari Boko Haram sono sbucati all’improvviso dalle foresta Korowaso. Hanno aperto il fuoco contro gli autisti di quindici autocarri che trasportavano cibo. Gli automezzi che sono stati portati via immediatamente dai miliziani.
Molte persone sono fuggite nella boscaglia. A tutt’oggi non sono state ritrovate, malgrado siano state attivate immediatamente le ricerche. Non si esclude che siano stati portati via dai terroristi. Si suppone che i Boko Haram siano venuti dalla foresta Sambisa, collegata con quella del Korowaso. Eppure un mese fa Muhammadu Buhari, il presidente della Nigeria aveva dichiarato che i terroristi sarebbero stati annientati, visto gli innumerevoli attacchi nella foresta Sambisa, l’ultima roccaforte rimasta ai sanguinari terroristi. Molti residenti nell’area confermano il contrario. Secondo loro molti membri di Boko Haram sarebbero ancora nascosti nella foresta.
Una decina di giorni fa una ragazzina, certamente addestrata dai terroristi, si è fatta saltare per aria nel campus universitario di Maiduguri. L’esplosione è avvenuta nella moschea, situata nell’ala del campus riservata agli alloggi dello staff; quattro persone sono morte, altre quindici hanno riportato ferite più o meno gravi.
Alcuni studenti dell’università lamentano che la sorveglianza è stata rallentata da alcuni mesi. Infatti, il governo è convinto che la lotta contro i jihadisti sia ormai giunta alle fasi finali e alcuni militari, che controllavano le entrate del campus, sono stati trasferiti.
L’8 gennaio sono stati uccisi cinque soldati durante un attacco ad una base a Buni Yadi, nel Yobe State. Il giorno seguente, tre persone hanno perso la vita a Maiduguri dopo l’esplosione provocata da un kamikaze.
Dunque il “problema” Boko Haram non è stato affatto ancora risolto, eppure gli aiuti dell’Occidente non sono mancati. Giusto per fare qualche esempio, durante la visita di Ursula von der Leyen, ministro della Difesa tedesco, in Nigeria a dicembre, la Germania ha consegnato tre stazioni radar, centottanta cercamine e un ospedale da campo mobile e sono solo una parte dell’equipaggiamento del valore di oltre quattro milioni promessi all’ex colonia britannica dalla Germania per la lotta contro il terrorismo. Ad agosto l’Unione europea ha stanziato un finanziamento di cinquanta milioni di Euro dal “Fondo per la pace in Africa” per sostenere la multi task force nella lotta contro i Boko Haram.
La Nigeria con centottanta milioni di abitanti è lo Stato più popolato del Continente nero, è abitato da quattrocento etnie diverse e si parlano cinquecentoquattordici tra lingue e idiomi. E soffre di una malattia che sembra incurabile: la corruzione. Pur vantando uno tra i PIL più elevati dell’Africa, la maggior parte della popolazione vive al di sotto della soglia della povertà. Dunque rappresenta un terreno fertile per il reclutamento di nuove forze ribelli. Altri giovani, invece, scappano, lasciano il Paese, per trovare lavoro e pace in Europa.
Dal 2009 ad oggi sono state uccise oltre ventimila persone, più di 2,5 milioni hanno dovuto lasciare le loro case a causa dei conflitti causati dai Bolo Haram.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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