Dal nostro corrispondente sportivo
Costantino Muscau
Libreville, 28 gennaio 2017
Sì, i Faraoni sono tornati e vogliono essere di nuovo i re dei re del calcio africano. Leoni dell’Atlante, ovvero Marocco, permettendo.
Per 7 anni, l’Egitto, la nazionale calcistica più titolate del continente, è vissuto nell’oscurità. Si era eclissato dopo aver vinto per 7 volte la Coppa d’Africa. E per tre volte consecutivamente: nel 206, 2008 e nel 2010. Poi non pervenuto. Per le ultime tre edizioni non si era nemmeno qualificato. Evidentemente gli sconvolgimenti politici degli ultimi anni hanno mandato a fondo anche il mondo del pallone all’ombra delle Piramidi. (E qualcosa ne sappiamo anche noi italiani: che altro è il brutale assassinio del ricercatore Giulio Regeni se non un’onda crudele della crisi egiziana)?
Domenica, 29 gennaio, invece, eccolo di nuovo: scende nel campo acquitrino del nuovo, avveniristico stadio (all’apparenza) di Port Gentil per giocarsi un posto per la semifinale.
Siamo nella seconda fase della Coppa delle Nazioni d’Africa. Erano in 16 sono rimaste in 8 e tra esse brilla il sole dei Faraoni, che ora se la vedono con il Marocco, in una durissima sfida tutta nordafricana durissima.
I marocchini, meglio noti come Leoni dell’Atlantide, sono alla vigilia di un evento storico. L’unico successo risale al 1976, ben 40 anni fa. Poi solo un secondo posto (1980) e un terzo (2004). Ora sperano, sotto la guida del coach francese, Herve Renard ,58 anni, che ha conquistato la Coppa d’Africa ben due volte: nel 2012 con lo Zambia, battendo in finale la Costa d’Avorio e nel 2015 con la…Costa d’Avorio. Proprio quella (scherzi dl mondo pallonaro) che ha eliminato da questo torneo continentale il 24 gennaio, sconfiggendola per 1 a 0.
L’Egitto si affida al Corano, alle cure dell’argentino Hector Cuper (già allenatore dell’Inter), al presidente El Sisi, e al Messi locale, come è stato ribattezzato in patria, Mohamed Salah Galy, 24 anni, alla Roma dal 2015, dopo un passaggio alla Fiorentina, autore del goal che ha mandato ai quarti di finale i nordafricani nella partita giocata a Port Gentil il 25 scorso contro il Ghana (a sua volta plurititolato avendo vinto la Coppa della nazioni africani per 4 volte). I Faraoni prima di ogni match si ritrovano per recitare tutti assieme i versetti del Corano; l’allenatore Cuper dirige il gruppo con il pugno di ferro, tanto da aver proibito loro di parlare con i giornalisti, ai quali ha vietato di viaggiare sullo steso aereo dei giocatori.
Quanto al presidente egiziano, pochi giorni prima della competizione, ha incontrato Salah per incoraggiarlo e ringraziarlo della sua donazione a un’importante fondazione benefica. Eppure i Faraoni non si sentono sicuri: questi storici rivali del Maghreb sono proprio una…bestia nera. LI hanno battuti solo due volte e l’ultima 30 anni fa.
A margine della disfida calcistica vale la pena ricordare che sta per giocarsi, ma a Rabat, tra lunedi e martedi (30-31 gennaio) una partita ben più rilevante. Quella per la presidenza dell’Unione Africana, cui il Marocco aspira. In questo confronto, però, l’avversario è l’Algeria, che, calcisticamente è stata eliminata nella prima fase.
L’Algeria è una delle tre illustri vittime del torneo. Le altre due sono i padroni di casa del Gabon e i campioni uscenti, gli Elefanti della Costa d’Avorio. Il Gabon è uscito al primo turno pur non avendo mai perso, con tre pareggi in tre partite. Una Coppa preparata male, come ha ammesso anche la stella Aubameyang, con un cambio di allenatore a poche settimane dall’inizio e con un pubblico poco numeroso (nonostante i demagogici investimenti governativi spesso mal riusciti). La gente è quasi certamente ben più preoccupata della la precaria situazione politica.
Stando nel campo delle sorprese clamorose ecco gli Stalloni del Burkina Faso, che oggi 28 sabato tentano la galoppata vittoriosa contro le <Aquile di Cartagine>, ovvero la Tunisia, supergasata dopo aver strapazzato per 4 a 2 lo Zimbabwe.
Il falconiere dei tunisini è un vintage signore polacco, Henryk Kasperczak. 70 anni, che 21 anni fa conquisto la medaglia d‘argento, in Coppa d’Africa, proprio con la Tunisia.
Sempre oggi si disputa un altro match interessante, tra due équipe di alto livello: una delle nazionali storicamente più forti dell’Africa, il Camerun, opposto al Senegal: ovvero i Leoni indomabili ( quattro volte vincitori e due volte secondi ) contro i Leoni tunisini della Teranga (secondi nel 2002). Un confronto che evoca un incubo per Aliou Cissè, 40 anni, allenatore del Senegal dal 2012.
Il 10 febbraio 2002, in Bamako, nel Mali, la sua squadra perse la finale proprio contro il Camerun per 3-2, dopo i rigori tirati al termine dei supplementari conclusisi 0-0. Ora, 14 anni più tardi, quei 3 rigori sbagliati del Senegal si riaffacciano alla mente di Aliou Cissè. A fallire l’ultimo tiro dal dischetto degli 11 metri fu proprio lui, Cissè, allora giocatore.
A proposito di sorprese….Come dimenticare un altro grande ritorno? Quello dei Leopardi, redivivi dopo decenni di anonimato. E’ riapparsa la nazionale della Repubblica Democratica del CONGO, vittoriosa due volte , nel 1968 e nel 1974.
I Leopardi non solo avevano perso la loro connaturata velocità e potenza, ma addirittura sembravano essersi persi nella foresta e savana del calcio africano. Domani pomeriggio, allo stadio D’Oyem, se la vedrà col Ghana negli altri quarti di finale. Questo perché, in Gabon non solo sono stati i primi del loro girone, ma possono esibire anche il capocannoniere del campionato, Junior Kabananga Kalonji, con 3 reti. Giocatore ventisettenne dell’Astana (Kazakhistan), Skysport lo ha definito <Un eroe inatteso>, perché inizialmente era stato escluso dalle scelte del ct Jean-Florent Ikwange Ibengé ed è stato richiamato in seguito all’infortunio di un suo compagno.
Grazie a lui, i Leopardi hanno ripreso a correre, anzi a danzare, ha sottolineato ancora Luca Cassia di SkySport: “I Leopardi” corrono eccome a passo di danza, ultimo fenomeno regalato dalla Coppa d’Africa attraverso la passione della Repubblica Democratica del Congo. Parliamo della Fimbu, ballo di un popolo che unisce passione, spirito e cultura. Esultanza d’obbligo ad ogni rete della squadra di Ibengé, l’inno ha trovato il suo artefice in Felix Wazekwa, artista popolarissimo a Kinshasa ed ora esportato a livello continentale. Come immaginare un manifesto migliore se non la festa di una Nazionale che sogna in grande? Ora la Fimbu è diventata virale con Junior Kabananga, eroe a sorpresa che danza verso la storia.
Concludiamo, però, con la penosa vicenda del portiere veterano del Togo, Kossi Agassa, 38 anni, a conferma che sovente il pallone fa perdere il luce della ragione ai tifosi.
Il portiere era stato giudicato responsabile della sconfitta (1-3) contro il Marocco e per questo si è visto bruciare da teppisti infuriati la propria casa a Lome, in Togo. Sotto choc non ha voluto prender parte all’ultimo incontro.
Ha commentato il suo allenatore Claude LeRoy: “Siamo rimasti tutti sconvolti. Siamo stati vicini ad Agassa e alla sua famiglia. Dopotutto il calcio è un gioco”.
Già, ma vallo a dire a certa gente…
Costantino Muscau
muscost@gmail.com
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