Africa ExPress
Banjul, 21 gennaio 2017
Yahya Jammeh, l’ex presidente del Gambia, il cui mandato è ormai scaduto, non ha ancora lasciato il Paese. In un annuncio alla televisione di Stato ha precisato ieri notte: “Non è necessario che venga versata anche una sola goccia di sangue! Ho deciso oggi di voler rinunciare alla leadership di questo Paese con infinita gratitudine verso tutti gambiani. Ho promesso ad Allah che la questione sarà risolta pacificamente”.
Dunque apparentemente la vecchia volpe sembra che abbia accettato la disfatta e disposto a lasciare il poter, come già anticipato ieri da Africa ExPress (http://www.africa-express.info/2017/01/21/gambia-jammeh-abbandonato-da-tutti-va-esilio-gli-succede-adama-basrrow/). Ora bisogna definire dove andrà in esilio e con quali condizioni.
Ieri pomeriggio alle 16.00 è scaduto l’ultimatum che l’Economic Community of West African States aveva imposto a Jammeh. Durante la giornata l’ex presidente ha intrattenuto lunghi colloqui con i presidenti della Mauritania, Mohamed Ould Abdel Aziz, e della Guinea, Alpha Condé. In un documento, stipulato in loro presenza, l’ex capo di Stato s’impegna di consegnare il potere ad Adama Barrow, il nuovo leader del Gambia, eletto democraticamente il 1° dicembre scorso.
L’insediamento di Barrow non ha potuto aver luogo nella ex colonia britannica. Jammeh aveva dichiarato lo stato di emergenza il 17 gennaio. Il neo eletto presidente ha prestato quindi giuramento in esilio, presso l’ambasciata gambiana a Dakar, capitale del Senegal, nel pomeriggio del 19 gennaio (http://www.africa-express.info/2017/01/19/truppe-entrano-gambia-barrow-giura-dakar/).
Poche ore dopo la cerimonia, le truppe senegalesi, che avevano ricevuto l’incarico di intervenire nella piccola enclave dall’ECOWAS, naturalmente dopo la formale autorizzazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, sono entrate nell’enclave, senza trovare resistenza alcuna da parte delle forze armate gambiane.
Jammeh, al potere da oltre ventidue anni, in un primo momento aveva accettato di buon grado la vittoria di Barrow e si era persino congratulato con lui pubblicamente. Una settimana dopo, invece, ha fatto marcia indietro, impugnando il risultato della tornata elettorale per irregolarità nel conteggio dei voti.
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