AfricaExPress
Nuova Delhi, 3 gennaio 2017
In India ci sono oltre cento rifugiati del Congo-K. Chi per un motivo chi per un altro è scappato dal proprio Paese per non essere arrestato o ammazzato. Magari per aver espresso un’opinione non gradita, o semplicemente per essere stato nel luogo sbagliato al momento sbagliato. E’ successo a George, il direttore di una scuola superiore. Nel 2012 si trovava per puro caso in una zona del Kasai, durante l’insurrezione del colonnello John Tshibangu, oppositore del presidente Joseph Kabila.
George è stato arrestato dalle truppe governative e buttato in una lurida galera. Qualcuno ha avuto pietà di lui e lo ha liberato, ma ovviamente non è potuto tornare a casa, in famiglia. E così con i documenti di un amico ha acquistato un biglietto aereo per Nuova Delhi.
Appena arrivato, si è recato immediatamente all’Alto Commissariato per i rifugiati delle Nazione Unite (UNHCR). I funzionari gli hanno riconosciuto immediatamente lo status di profugo e gli hanno consegnato un documento che avrebbe dovuto proteggerlo. Un gesto gentile, ma in fin dei conti solamente teorico, perché l’India non è firmataria dei trattati internazionali, relativi allo status di rifugiato, vale a dire della Convenzione di Ginevra del 1951 e del Protocollo del 1967, adottato a New York il 31 gennaio 1967 e entrato in vigore il 4 ottobre dello stesso anno. Nuova Delhi dunque non riconosce questo diritto umanitario.
Durante un controllo della polizia George è stato arrestato nel 2015, perché non era in possesso di visto. Dopo due mesi è stato rilasciato dietro cauzione, grazie all’intervento di un avvocato dell’UNHCR. Fra pochi giorni dovrà ripresentarsi in Tribunale e forse sarà nuovamente rispedito in prigione per immigrazione clandestina.
Eppure l’India ha accolto milioni di rifugiati negli ultimi decenni. Basti pensare ai tibetani o ai Tamil dello Sri Lanka. Loro vengono protetti e aiutati dallo Stato indiano. Purtroppo il governo non ha una legge uniforme per tutti i coloro che chiedono asilo sul suo territorio. Generalmente non viene fatta differenza tra uno straniero qualunque e un rifugiato, anche se, in qualche modo, la Costituzione protegge questi ultimi. Normalmente il giudice condanna il richiedente asilo in prima istanza, per poi rilasciarlo sotto cauzione in appello.
Una situazione frustrante, perché senza un visto a lungo termine o un documento valido, è impossibile spostarsi, viaggiare, tanto meno trovare un lavoro o aprire un conto in banca. Si vive con la speranza che l’UNHCR possa ricollocare i rifugiati in un altro Paese, ma spesso resta un sogno, perché succede solamente in casi eccezionali.
Oltre un centinaio di congolesi si trovano in questa situazione “provvisoria”, divenuta in realtà “permanente”. Sono fuggiti per repressioni politiche o militari del loro governo, con il desiderio, la speranza di potersi ricostruire una vita qui in India, invece sono costretti a vivere in clandestinità.
Jacques è arrivato qui nel 2008, quando aveva trent’anni e ha seguito le indicazioni dell’UNHCR, come George. Nel 2010 ha rischiato di essere arrestato. Da allora ha sempre dovuto nascondersi. Aveva trovato anche un lavoro. Google gli aveva offerto un ottimo contratto, ma in mancanza dei documenti non ha potuto assumerlo. Il giovane congolese ha una fidanzata indiana. I due vorrebbero sposarsi, ma se dovessero presentare la richiesta per registrazione del matrimonio, George sarebbe immediatamente arrestato.
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