Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 30 dicembre 2016
Due persone arrivate a Bamako con un volo di linea da Parigi con decreto di espulsione dalla Francia, sono state rinviate al mittente, perché non in possesso di un regolare visto d’entrata. I due erano solamente provvisti di un lasciapassare europeo, che secondo le autorità maliane, non è sufficiente per restare sul loro territorio.
Nel comunicato qui allegato, il governo di Bamako spiega e precisa perché queste due persone non sono state accettate nel Paese. Un lasciapassare europeo è contrario alle convenzioni internazionali e non ci permette di assistere i nostri compatrioti nel modo dovuto. Non è possibile espellere una persona solamente basandosi su una dichiarazione di “presunto maliano”. In oltre, tale documento non ci autorizza a verificare se i nostri concittadini vengono maltrattati e i loro diritti, la loro dignità rispettati.
E’ appunto la dignità che spesso viene lesa se sei un migrante. E’ successo anche alla vigilia di Natale, su un volo dell’Airfrance con rotta Parigi – Bamako. Sull’aereo si trovava un ragazzo maliano, con decreto di espulsione dalla Francia, costretto a sedersi sull’ultimo sedile, con le manette ai polsi, come se fosse il peggiore dei criminali. La scena è stata filmata da alcuni passeggeri indignati, poco prima della partenza. Sullo stesso volo era imbarcato anche il ministro dei Maliani all’Estero, Abderrahmane Sylla, che ha confermato la triste scena. E ha aggiunto: “I poliziotti che lo accompagnavano mi hanno riferito che sono stati costretti ad ammanettarlo per via del comportamento aggressivo del giovane”.
Molti passeggeri hanno criticato Sylla, perché non sarebbe intervenuto in favore del giovane migrante e sono in molti a ritenere che il suo comportamento sia dovuto all’accordo firmato con l’Unione Europea circa il rimpatrio dei maliani espulsi dall’UE, intesa che qualche giorno dopo è stata revocata, anzi dichiarata nulla dal governo della ex colonia francese (http://www.africa-express.info/2016/12/26/mali-rapita-operatrice-umanitaria-francese-mentre-salta-laccordo-su-rimpatri-forzati-dalla-ue/).
Lo scorso 11 dicembre l’Unione Europea ha siglato un accordo con il governo di Bamako per il rimpatrio forzato di migranti irregolari. Tale intesa è stata firmata nella capitale maliana da Bert Koenders, ministro degli esteri olandese in nome di Federica Mogherini, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la politica di sicurezza e vicepresidente della Commissione, e prevede, tra l’altro, la collaborazione nell’identificazione dei suoi cittadini irregolari presenti sul territorio dell’UE. Oltre, naturalmente ai finanziamenti per combattere le “cause profonde” dell’immigrazione.
Sylla si era dovuto recare a Parigi per cercare una mediazione con alcuni suoi concittadini emigrati in Francia, che in segno di protesta contro il documento sotto accusa, hanno occupato il Consolato generale del Mali a Parigi.
Su questo accordo firmato, revocato, ma almeno parzialmente in vigore, pendono ancora molte ombre. Infatti ci si chiede come mai una delegazione di funzionari delle autorità di Bamako si sia recata a Malta proprio pochi giorni dopo la sua firma. Durante la loro visita hanno identificato dieci “migranti illegali” maliani. E prontamente il ministro maltese degli Affari interni, Carmelo Abela, ha comunicato che sono in corso le pratiche per l’espulsione di nove di loro. Il decimo è stato infine rilasciato per ordine del giudice dal centro di detenzione di Safi insieme ad altre quattordici persone, perchè la delegazione non è riuscita a determinare la loro identità.
Il 26 novembre scorso sono stati arrestati trentatré “illegali”, tutti presunti maliani; molti di loro vivono e lavorano a Malta da anni. E proprio in loro favore si era espressa Marie Louise Coleiro Preca, presidente della ex colonia britannica, durante il suo discorso in occasione della Festa Nazionale, il 13 dicembre, chiedendo al governo di revocare l’espulsione di persone presenti da anni sull’Isola.
Alcuni rappresentanti di ONG per i diritti umani hanno riferito che le condizioni di vita nel centro di detenzione maltese sono a dir poco terribili, disumani. Anche l’avvocato, incaricato della difesa dei migranti detenuti a Safi ha fatto sapere che è quasi impossibile contattare i suoi assistiti.
Il governo di Bamako continua a rassicurare l’opinione ubblica che non esiste nessun accordo con l’UE, eppure diverse delegazioni per l’identificazione dei suoi cittadini hanno già collaborato con ben cinque Paesi dell’Unione da ottobre ad oggi.
Dopo Malta, alcuni funzionari sono stati inviati da Modibo Keita, primo ministro della ex colonia francese, anche in Germania per l’identificazione di quattrocento presunti maliani. Keita afferma che solamente quattordici sarebbero stati riconosciuti come suoi concittadini.
Secondo il giornale on-line maliactu-net, anche in Italia duecento illegali maliani sarebbero in attesa del decreto di espulsione.
Ora bisogna tenere presente che le rimesse dei cittadini della ex colonia francese residenti all’estero sono piuttosto elevate e incidono non poco sul Pil del Paese. Dalla documentazione della Banque Centrale des Etats de l’Afrique de l’Ouest (BCEAU) si evince che nel 2011 tali versamenti avrebbero superato la notevole cifra di 300 milioni di euro. Dunque moneta forte che verrebbe a mancare nelle casse dello Stato se buona parte dei migranti irregolari venisse rimpatriata.
In questi giorni sono stati evacuati centocinquantanove maliani dalla Libia, dove si trovavano in attesa di imbarcarsi verso l’Italia e l’Europa. Si tratta di un’operazione congiunta del governo di Bamako e dell’Organizzazione internazionale per i migranti (OIM). Il gruppo, composto da uomini, donne e minori, tre dei quali senza i genitori, è giunto giovedì nella capitale del Paese, su un aereo noleggiato dall’OIM. I migranti hanno accettato il rimpatrio volontario, vista la terribile situazione in Libia. Alcuni di loro sono stati incarcerati dalle autorità, dopo essere stati salvati dalla guardia costiera libica nel 2014. Le testimonianze raccolte sono agghiaccianti: maltrattamenti di ogni genere. Fame e botte facevano parte della routine quotidiana, “specie se sei un africano nero”, hanno aggiunto.
Cornelia I.Toelgyes
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@cotoelgyes
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