Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 25 dicembre 2016
La vigilia di Natale un gruppo di uomini armati ha sequestrata un’operatrice umanitaria francese a Goa, nel nord del Mali. La notizia è stata diffusa nella serata del 24 dicembre dalle autorità maliane. Questa mattina anche il ministero degli Esteri francese ha confermato il rapimento della sessantenne francese “Sophie Pétronin, direttrice di Association d’aide à Gao” una ONG svizzera di Burtigny nel Cantone di Vaud, che si occupa di aiuti per l’infanzia. La donna lavora nel Paese dal 2004.
Le forze dell’ordine della ex colonia francese hanno fatto sapere che la signora è stata portata via con la forza, insieme ad un’orfana che si trovava insieme alla Pétronin nella sua abitazione, da tre uomini armati.
Finora il sequestro non è stato rivendicato. Le autorità francesi sono in stretto contatto con quelle maliane e entrambe si stanno adoperando perché si arrivi ad una pronta liberazione della Pétronin.
Il dipartimento degli Esteri della Confederazione elvetica ha dichiarato che l’operatrice non è in possesso di doppia nazionalità, come è stato riferito inizialmente da alcune agenzie di stampa. Non risulta che abbia anche la cittadinanza svizzera.
All’inizio di gennaio è stata rapita a Timbuktu Béatrice Stoeckly, una missionaria svizzera (http://www.africa-express.info/2016/01/09/mali-missionaria-svizzera-rapita-per-la-seconda-volta-a-timbuktu/). Il suo sequestro – il secondo nel giro di pochi anni – è stato rivendicato poche settimane dopo dal gruppo “L’emirato del Sahara”, una fazione di Al Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI). A tutt’oggi la cittadina elvetica è in mano ai suoi aguzzini. (http://www.africa-express.info/2016/01/30/al-qaeda-rivendica-il-rapimento-della-cooperante-svizzera-in-mali/)
Anche se lo scorso anno è stato firmato un “Trattato per la pace e la riconciliazione nel Mali” (http://www.africa-express.info/2015/06/24/firmato-laccordo-di-pace-mali-anche-dai-ribelli-maggioranza-tuareg/), le violenze si sono nuovamente inasprite dalla scorsa estate e con esse la repressione interna.
Nel 2012 oltre la metà del nord della ex-colonia francese era sotto il controllo dei gruppi jihadisti. Solo con l’arrivo nel 2013 del contingente internazionale della missione MINUSMA (United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali), in gran parte dell’aerea è stata ristabilita l’autorità del governo. Ma alcune zone, sfuggono ancora al controllo delle truppe maliane ed internazionali, malgrado la forte presenza dei caschi blu. Il loro mandato è stato rinforzato e rinnovato per un altro anno dal Consiglio di sicurezza dell’ONU il 29 giugno scorso. I quindici Stati membri hanno votato all’unanimità la risoluzione nr. 2295 che porta i soldati a 13.289 soldati e gli agenti di polizia a 1.920. Ciò non ostante l’insicurezza è a tutt’oggi l’unica certezza nel nord-est del Paese.
La cancelliera Angela Merkel si è recata nel Mali lo scorso ottobre, dove ha incontrato il presidente Ibrahim Boubacar Keïta (http://www.africa-express.info/2016/10/11/mali-prima-tappa-del-viaggio-africa-della-cancelliera-tedesca/). Tema principale dei colloqui sono stati ovviamente “l’immigrazione clandestina” verso l’Unione Europea. “Per arginare tale flusso, la stabilizzazione del Paese è nelle nostre priorità”, aveva sottolineato la Merkel durante il suo incontro con Keïta.
Attualmente la Germania è impegnata nel Mali con cinquecentoquaranta soldati, mentre altri centotrenta militari fanno parte dell’EUTM (acronimo per “Missione di formazione dell’UE”), con il compito di formare le forze di sicurezza maliane. Il ministro della difesa tedesco, Ursula von der Leyen, è stata nella ex colonia francese la scorsa settimana, dove ha fatto visita alle sue truppe, stazionate nel nord-est del Paese. E’ intenzione del governo tedesco incrementare il proprio contingente a mille unità, ma dovrà dapprima confrontarsi con varie associazioni di soldati, molto critici nei confronti di queste missioni. Il Mali, in modo particolare, è ritenuto una delle operazioni più pericolose. Un incaricato della Bundeswehr, Hans-Peter Bartels, lamenta anche il pessimo approvvigionamento di acqua potabile nel Paese e accusa uno scarso coordinamento tra organizzazioni umanitarie civili e quelle militari.
Lo scorso 11 dicembre l’Unione Europea ha siglato un accordo con il governo di Bamako per il rimpatrio forzato di migranti irregolari. Tale intesa è stata firmata nella capitale maliana da Bert Koenders, ministro degli esteri olandese in nome di Federica Mogherini, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la politica di sicurezza e vicepresidente della Commissione, e prevede, tra l’altro, la collaborazione nell’identificazione dei suoi cittadini irregolari presenti sul territorio dell’UE. Oltre, naturalmente ai finanziamenti per combattere le “cause profonde” dell’immigrazione.
Al termine delle negoziazioni a Bamako, Koenders ha sottolineato: “Accordi del genere possono essere siglati solo quando c’è grande fiducia e rispetto reciproco”.
Il viaggio Koenders è stato preceduto dalla visita del nostro capo del governo, Paolo Gentiloni, allora ancora ministro degli Esteri, accompagnato da Dimitris Avramopoulos, commissario dell’Unione Europea con delega alle migrazioni e Domenico Manzione, sottosegretario del Ministero dell’Interno e un folto gruppo di collaboratori. (http://www.africa-express.info/2016/11/20/nigermalisenegalgentilonielue-firmano-assegni-per-fermare-il-flusso-dei-migranti/), durante la quale il presidente Keïta aveva assicurato massima collaborazione.
Peccato che le fatiche di Koenders siano state inutili. Il 19 dicembre, durante una conferenza stampa congiunta il ministro dei Maliani all’estero, Abdourhamane Sylla, e il capo della diplomazia, Abdoulaye Diop, hanno precisato che l’accordo non prevede in alcun punto l’autorizzazione all’espulsone dei loro connazionali dall’Unione Europea. “Il nostro Paese non intende in alcun modo monetizzare la sua dignità, anche se l’UE è un importante partner per il nostro sviluppo”. Diop ha precisato di non aver mai firmato un accordo per il ritorno degli emigrati. “L’ho appreso dalla stampa. Tale documento non ha alcun valore giuridico”, ha aggiunto il capo della diplomazia maliana.
Eppure al suo ritorno a Bruxelles Koenders aveva esclamato trionfante: “E’ la prima volta che un accordo così preciso sul ritorno dei migranti illegali è stato firmato con un Paese africano”.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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