Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 10 dicembre 2016
In gran segreto, prima dell’alba del 9 dicembre è entrata nel porto di Cagliari la porta container Bahari Tabuk, costruita nel 2013, battente bandiera saudita. “Un blitz italo-saudita”, l’ha definito Mauro Pili, parlamentare, iscritto al gruppo misto, e leader del movimento indipendista sardo UNIDOS, nel suo sito. Sempre secondo Pili, all’alba del 9 dicembre sono stati caricati tremila ordigni, contenuti in diciotto container d’acciaio e ferro. Morte prodotta dalla RWM a Domusnovas.
Il carico pronto ad uccidere, che porta la firma del nostro governo, in particolare di Roberta Pinotti, ministro della Difesa tuttora in carica e di Paolo Gentiloni, capo della Farnesina durante il governo Renzi e possibile nuovo presidente del Consiglio dei ministri, ha preso il largo poco prima della mezzanotte di ieri alla volta del regno saudita.
L’Arabia Saudita, alla guida della coalizione di nove Stati, bombarda in continuazione le zone controllate dagli huti in Yemen, mietendo morti ovunque, soprattutto tra la popolazione civile. Sembra inverosimile, ma i micidiali ordigni usati dai sauditi – dal peso di 870 chilogrammi, di cui 250 chilogrammi di esplosivo – vengono fabbricati in Sardegna, a Domusnovas. Lì, dal 2010, ha sede lo stabilimento della RWM Italia S.p.a., di cui la Rheinmetall tedesca è azionista. E da lì alla volta del Paese asiatico partono attraverso l’aeroporto civile di Elmas, o, come è successo proprio ieri mattina all’alba, dal Porto canale del capoluogo sardo, gli armamenti per reprimere la rivolta degli sciiti yemeniti.
Giorgio Beretta, analista dell’OPAL (Osservatorio Permanente sulle armi leggere e le politiche di difesa e sicurezza di Brescia) ha dimostrato che la vendita di armi italiane nel mondo è triplicata nel 2015. E’ passata da 2,9 miliardi nel 2014 a 8,2 miliardi nel 2015 e nel bienno 2014-2015 il ministero degli Esteri italiano ha autorizzato l’esportazione verso l’Arabia Saudita di un arsenale militare per un valore complessivo di quasi 420 milioni di euro.
In ottobre la Procura di Brescia ha aperto un’inchiesta sull’esportazione di queste armi letali verso Riyad con l’ipotesi di reato: “Violazione della legge 185/90 che vieta l’esportazione di armi verso Paesi in guerra”.
Cornelia I. Toelgyes
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