AFRICA

Repubblica Centrafricana: il mondo stanzia oltre 2 miliardi ma la pace è ancora lontana

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 26 novembre 2016

Repubblica Centroafricana sempre nel caos. All’inizio della settimana si sono verificati violenti scontri nella città di Bria, a 400 chilometri a nord-est dalla capitale Bangui, nella Prefettura del Haute-Kotto, tra miliziani armati del “Front populaire pour la renaissance de la Centrafrique” (FPRC) e quelli dell’  “Union pour la paix en Centrafrique” (UPC). Migliaia di civili, tra loro anche operatori umanitari e autorità locali, hanno cercato rifugio e protezione nella base locale  di MINUSCA (acronimo inglese per “UN Integrated Multifaceted Stabilization Mission in the Central African Republic”).

Secondo il portavoce della missione, Vladimir Monteiro, i morti finora accertati sarebbero sedici, il bilancio finale potrebbe essere ben più pesante, perché pare che siano stati uccisi parecchi pastori semi-nomadi fulani.

Monteiro ha sottolineato che i due gruppi sono stati ritenuti responsabili delle violenze contro la popolazione civile. I caschi blu hanno messo in atto importanti misure di sicurezza per proteggere la popolazione civile rimasta in città e le aeree dove si sono rifugiati gli sfollati.  Attualmente sono in corso tentativi di mediazione con l’aiuto delle autorità locali e leader religiosi.
Le ostilità sono nate perché le varie fazioni armate in questione volevano incassare le tasse imposte ai  fulani per la transumanza del bestiame.

Bambini mostrano disegni di armi

I due gruppi – UPC e FPRC – sono ex-Séléka, che difendono per lo più la minoranza musulmana nel Paese. Si accusano a vicenda delle violenze.

Secondo il portavoce dell’UPC, Daouda Souleymane, il suo gruppo è stato attaccato da altri due, alleati al FPRC e al Rassemblement Patriotique pour le Renouveau de Centrafrique (RPRC) . “Abbiamo agito per legittima difesa” – ha sottolineato –  L’accordo della cessazione delle ostilità resta naturalmente in vigore”. Ovviamente il segretario generale del FPRC, Moustapha Dédiko, rigetta queste accuse, anzi, incolpa l’UPC di aver scatenato le violenze. “L’UPC ha lasciato Bambari e si è installato qui per incassare le tasse. Al nostro rifiuto, hanno chiamato rinforzi e ci hanno attaccato”, ha fatto sapere Dédiko.

Faustin Archange, presidente della ex colonia francese, al ritorno da Bruxelles, dove ha partecipato ad una conferenza di finanziatori , ha condannato fortemente i nuovi disordini e ha chiesto alle parti implicate di deporre immediatamente le armi.

Pochi giorni prima, il 17 novembre scorso, durante una conferenza organizzata dall’Unione Europea e il governo della Repubblica centrafricana (CAR), la comunità internazionale ha rinnovato il suo impegno e ha promesso di sostenere il piano globale nazionale per lo sviluppo e il consolidamento della pace elaborato dal governo di Archange. A questo proposito l’UE si è impegnata di versare 409 milioni di euro nel periodo 2016-2020, mentre gli Stati membri si accolleranno la somma complementare di 398 milioni. Grazie all’impegno di altri partner sono stati promessi un totale di 2,06 miliardi di euro  per raggiungere la pace, la sicurezza , la riconciliazione e incoraggiare lo sviluppo e la ripresa economica, mantenendo comunque in lasso di tempo anche gli aiuti umanitari necessari.

Alla conferenza hanno partecipato delegazioni di oltre ottanta Paesi, organizzazioni e agenzie internazionali ed è stata co-presieduta dall’ Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza e vicepresidente della Commissione, Federica Mogherini e il presidente del CAR. “L’Unione – Ho sostenuto Mogherini – appoggerà il programma ambizioso del governo della Repubblica Centrafricana, per offrire al proprio popolo la pace, la sicurezza e la prosperità economica che merita”.

 Jean-Yves Le Drian, ministro della difesa francese, durante una breve cerimonia, tenutasi a Bangui il 31 ottobre, ha ufficialmente ritirato le truppe del suo Paese  dell’operazione Sangaris, che si è protratta per ben tre anni. Attualmente sono ancora in campo quasi tredicimila caschi blu della Missione MINUSCA, con il compito difficile di disarmare i vari gruppi e di proteggere la popolazione civile.

La pace sembra non voler ritornare nella travagliata ex colonia francese. Proprio in questi giorni il gruppo di lavoro sui mercenari dell’ONU ha chiesto  al governo del CAR di frenare quanto prima il pericolo rappresentato da miliziani stranieri al soldo dei vari gruppi armati, per evitare l’insorgere di ulteriori violenze che stanno affliggendo la popolazione civile, malgrado la presenza dei caschi blu.

Mercenari in Centrafrica

Secondo l’ONU a tutt’oggi sono presenti oltre cinquecento mercenari che combattono a fianco di vari gruppi ex-Séléka. Miliziani stranieri pericolosi, che saccheggiano villaggi, violentano le donne e che cercano di appropriarsi delle ricchezze naturali del Paese. Tra loro anche membri della “Lord’s Resistance Army” (LRA), gruppo armato ugandese in opposizione al presidente Yoweri Museveni.  Altri provengono dal Sudan e dal Ciad, ma tutti presenti sul territorio con il solo scopo di approfittare della fragilità che ancora regna nel Paese, dell’assenza dello Stato e del sentimento di impunità che esaspera la popolazione.

Da un rapporto dell’UNICEF di pochi giorni fa si apprende che oltre ottocentocinquantamila persone non hanno ancora potuto fare ritorno nelle proprie case: 383.000 persone sono sfollati, mentre 468.000 hanno cercato rifugio nel Ciad, nel Congo-K, nel Congo Brazzaville e nel Camerun, che ha accolto oltre la metà dei cittadini centrafricani in cerca di protezione. Sempre secondo l’UNICEF,  il quarantuno per cento dei bambini al di sotto dei cinque anni soffre di malnutrizione cronica e si stima che dal 2013 ad oggi tra sei e diecimila minori siano stati reclutati dai vari gruppi armati come bambini-sodato.

Oltre la metà della popolazione si trova in stato di insicurezza  alimentare, tra loro 2,3 milioni necessitano di aiuti umanitari, su una popolazione totale di 4,616 milioni di persone. Non è facile vivere in questo Paese, specie per i bambini.

Anche l’Italia è presente nel CAR. Mario Giro, vice-ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, si è recato a Bangui a ottobre, dove ha inaugurato la sede della cooperazione italiana, pochi giorni dopo lo stanziamento di due milioni di Euro da parte del nostro governo per programmi di emergenza.  Naturalmente questa operazione fa parte della strategia più ampia, vale a dire “ prevenire eventuali flussi migratori”.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes

Cornelia Toelgyes

Giornalista, vicedirettore di Africa Express, ha vissuti in diversi Paesi africani tra cui Nigeria, Angola, Etiopia, Kenya. Cresciuta in Svizzera, parla correntemente oltre all'italiano, inglese, francese e tedesco.

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