Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 5 ottobre 2016
Dieci Paesi che insieme rappresentano solamente il 2,5 per cento dell’economia globale, ospitano oltre la metà di tutti i profughi. Un peso enorme che grava sulle spalle di nazioni povere, lasciate praticamente sole dall’Occidente nell’affrontare questo gravoso compito. Lo sostiene Amnesty International sconto cui il 56 per cento dei 21 milioni di rifugiati sono ospitati in Medio Oriente, Africa e nel sud dell’Asia.
Al primo posto troviamo la Giordania che ha accolto 2,7 milioni di profughi, seguita dalla Turchia con 2,5 milioni, Pakistan con 1,6 milioni e infine il Libano con oltre 1,5 milioni.
Gli altri Paesi che hanno accolto un gran numero di rifugiati sono l’Iran, l’Etiopia, il Kenya, l’Uganda , la Repubblica Democratica del Congo e il Ciad.
Il segretario generale di Amnesty International, Salil Shetty, ha sottolineato che alcuni hanno fatto sforzi enormi, a volte ben più di quanto potessero affrontare realmente, per ospitare i cittadini di un Paese confinante in crisi. Shetty ha aggiunto: “Milioni di persone scappano da guerre e persecuzioni, come dalla Siria, Sud Sudan, Afghanistan ed Iraq e sono esposti a pericoli terribili durante la fuga ed è inammissibile che poi si trovino ridotti in povertà e miseria”.
Amnesty sostiene giustamente che i Paesi più ricchi ospitano pochi profughi e i loro sforzi sono minimi rispetto a quegli Stati che vicini a nazioni in piena crisi.
La Gran Bretagna, per esempio, dal 2011 ha accettato di ospitare meno di ottomila siriani, mentre la Giordania ne ha accolto oltre 655.000. Eppure la popolazione giordana è dieci volte inferiore rispetto a quella della Gran Bretagna e il suo PIL è solo l’1,2 per cento di quello del gigante europeo.
Il rapporto evidenzia che non è assolutamente sufficiente inviare aiuti in denaro. I Paesi ricchi non possono e non devono “ pagare” per non far entrare i profughi a casa loro.
Amnesty propone che i Paesi più ricchi diano una casa per il dieci per cento dei profughi globali annui, escludendo il Canada, che ha già accolto oltre trentamila siriani lo scorso anno.
I leader, è il suggerimento dell’organizzazione, devono sedersi a tavolino e iniziare un dibattito serio e costruttivo per venire incontro alle persone costrette a lasciare le proprie case a cause di guerre o persecuzioni. Dovranno inoltre spiegare perché possono salvare le banche, sviluppare nuove tecnologie e combattere guerre, ma non sono in grado di assicurare un alloggio sicura a 21 milioni di rifugiati, che rappresentano lo 0,3 per cento della popolazione mondiale.
Kathleen Newland, una dei fondatori dell’Istituto per le politiche migratorie, ha sottolineato: “Vedremo sempre più persone utilizzare rotte clandestine, costretti a rivolgersi ai trafficanti, mettendo in grave pericolo la propria vita cercando di raggiungere un luogo dove ricominciare una nuova vita”. I profughi troveranno sempre nuove rotte alternative, ancora più pericolose, se si cercherà di bloccare quelle già esistenti.
Cornelia I. Toelgyes
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