La denuncia di Amnesty: in Sudan al-Bashir massacra il Darfur con armi chimiche


Speciale per Africa ExPress
Sandro Pintus
Firenze, 29 settembre 2016

Altre pesantissime accuse contro Omar al-Bashir, presidente del Sudan accusato dalla Corte Penale Internazionale, di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra nel Darfur.

Omar al-Bashir presidente del Sudan (courtesy Amnesty International)

L’ennesima denuncia contro in carnefice sudanese arriva dal Amnesty International con il rapporto “Scorched earth, poisoned air. Sudanese government forces ravage Jebel Marra, Darfur” (Terra bruciata, aria avvelenata. Le forze governative sudanesi devastano Jebel Marra, Darfur) diffuso oggi sull’uso di armi chimiche contro la popolazione civile dove vive la minoranza non musulmana.

Mappa del Sudan. A sinistra, il Darfur è la parte più scura


Amnesty ha affermato di aver raccolto prove credibili
sull’uso di questo tipo di armi – vietate dalle convenzioni internazionali – da parte delle forze sudanesi anche contro bambini molto piccoli in una delle zone più isolate del Darfur.

Lo dimostra attraverso riprese satellitari, oltre 200 approfondite interviste con sopravvissuti e l’analisi da parte di esperti di decine di immagini agghiaccianti di bambini e neonati con terribili ferite. Secondo l’associazione per i diritti umani, da gennaio al 9 settembre 2016 sono stati condotti almeno 30 probabili attacchi con armi chimiche nella zona del Jebel Marra.

Foto satellitare del villaggio di Nouguey, in Darfur, dopo l’attacco con armi chimiche (Courtesy Amnesty International)

Tirana Hassan, direttrice della Ricerca sulle crisi di Amnesty International: “È difficile trovare le parole per descrivere la dimensione e la brutalità di questi attacchi. Le immagini e i video che abbiamo esaminato nel corso delle nostre ricerche sono sconvolgenti: un bambino che piange dal dolore prima di morire; altri pieni di ferite e vesciche; altri ancora che non riescono a respirare o che vomitano sangue”.

Sulla base delle testimonianze dei sopravvissuti e di coloro che si sono presi cura delle vittime, Amnesty International ha potuto concludere che dalle 200 alle 250 persone possano essere morte a causa dell’esposizione ad armi chimiche. Probabilmente la maggior parte di loro erano bambini.

Altre centinaia di persone sopravvissute agli attacchi, nelle ore e nei giorni successivi, hanno sviluppato gravi disturbi gastrointestinali, tra cui diarrea e vomito di sangue; la loro pelle si è riempita di vesciche, hanno cambiato colorito, sono svenute, hanno perso completamente la vista e hanno sviluppato problemi respiratori che sono descritti come la principale causa di morte.

Bambini feriti da armi chimiche in Darfur (Courtesy Amnesty International)

Secondo esperti indipendenti c’è il forte sospetto che siano stati usati agenti chimici vescicanti, come mostarda solforosa, mostarda al nitrogeno o lewisite. Dalle riprese satellitari risulta che nei primi otto mesi del 2016 sono stati distrutti o danneggiati 171 villaggi nella maggior parte dei quali, al momento dell’attacco, non vi era presenza formale di oppositori armati.

Le accuse contro al-Bashir e il suo esercito riguardano anche ulteriori gravi violazioni dei diritti umani tra cui il bombardamento sistematico di civili, l’uccisione di uomini donne e bambini, il rapimento e lo stupro di donne, lo sfollamento forzato e i saccheggi.

“Le armi chimiche sono state bandite per decine di anni soprattutto per la crudeltà dei danni inflitti alla popolazione che non può essere giustificata – ha dichiarato ancora Hassan – L’uso di armi chimiche è un crimine di guerra, ciò che è successo è una reale violazione delle leggi internazionali. Le prove che abbiamo raccolto sono credibili e ci parlano di un regime intenzionato ad attaccare la sua popolazione civile in Darfur senza timore di ripercussioni a livello internazionale”.

Eppure l’occasione per arrestare Omar al-Bashir ci sarebbe stata: durante il vertice dell’Unione Africana in Sudafrica nel giugno 2015. Ma il presidente sudafricano Jacob Zuma non permise l’arresto di al-Bashir , fatto che scatenò uno scontro istituzionale tra Ministero della Giustizia e il Tribunale di Pretoria.

L’Alta Corte del Sudafrica definì “illegale e vergognoso il comportamento del governo di Pretoria” per non aver arrestato il presidente sudanese.

Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com
twitter: @sand_pin

– Mappe Darfur
Di Sudan location map.svg: NordNordWestMap of Darfur-en.png: User:ПаккоThis derivative image: IdaltuSudan location map.svgMap of Darfur-en.png, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=15742605

Di Dinamik – modified File:Sudan_(orthographic_projection).svg, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=9059469

Sandro Pintus

Giornalista dal 1979, ha iniziato l'attività con Paese Sera. Negli anni '80/'90 in Africa Australe con base in Mozambico e in seguito in Australia e in missioni in Medio Oriente e Balcani. Ha lavorato per varie ong, collaborato con La Repubblica, La Nazione, L'Universo, L'Unione Sarda e altre testate, agenzie e vari uffici stampa. Ha collaborato anche con UNHCR, FAO, WFP e OMS-Hedip.

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