Massimo A. Alberizzi
Nairobi, 6 settembre 2016
L’Europa cerca di salvarsi dall’ondata di migranti affidandosi ai regimi africani, corrotti, autoritari e cleptocrati. Un grave errore paragonabile al tentativo di combattere la mafia alleandosi alla camorra. Il “Processo di Khartoum”, il groviglio di regole e accordi con i regimi del continente nero, sbandierato come la chiave che avrebbe risolto il problema biblico, mostra tutte le sue falle e, se i governanti europei avessero le idee chiare, dovrebbero abbandonarlo immediatamente. Rischia infatti di dimostrarsi catastrofico per le sorti dell’Europa, per quelle degli africani in fuga e di aggravare i problemi dovuti alla continua violazione dei diritti umani che affliggono l’Africa.
Per decenni l’Europa ha tollerato che la maggior parte dei governi africani fossero guidati da dittatori senza scrupoli. Innumerevoli volte gli occidentali per tutelare i propri interessi hanno sistemato al potere presidenti amici, attenti a curare i loro conti nelle banche svizzere prima ancora del benessere delle popolazioni. I diritti umani sono stati violati sotto gli occhi di tutti, mentre le proteste contro i dittatori si limitavano a mormorii di circostanza.
Chiedere quindi a questi leader un aiuto per bloccare le migrazioni verso il ricco nord del mondo è stato ingenuo se non irresponsabile. Insomma l’Europa brancola nel buio e non si rende conto che la crisi dei migranti rischia di approfondirsi ancora di più. Ogni euro, versato ai dittatori sotto la fallace voce “aiuto”, viene utilizzato per accentuare la repressione contro le popolazioni. Ed è dunque un incentivo ad andarsene dalla propria terra.
Oggi molti di quei poveracci in fuga, scappano perché oppressi da quei regimi cui l’Europa chiede una mano per bloccare i viaggi della speranza. E quello che sta accadendo in questi giorni in Africa centrale è sintomatico del fallimento del “Processo di Khartoum”. E di come il cinismo di una politica miope stia provocando morti e massacri.
Come scritto su Africa ExPress (http://www.africa-express.info/2016/09/05/sudan-nella-guerra-contro-i-migranti-litalia-finanzia-e-aiuta-i-janjaweed/), il governo sudanese utilizza i famigerati janjaweed, miliziani sanguinari, assassini, stupratori e rapitori di bambini, per controllare i confini con la Libia e l’Egitto.
Il network Africa Monitors, che dall’Uganda monitora i movimenti dei rifugiati nel continente, ha pubblicato una serie di documenti basati su testimonianze di prima mano. Secondo l’organizzazione, il governo del Sudan sta utilizzando quei miliziani assassini (che da quelle parti vengono chiamati “uomini senza pietà”) contro i rifugiati eritrei che cercano di muoversi verso il Mediterraneo. (https://africamonitors.org/2016/08/29/sudanese-government-sends-the-janjaweed-against-eritrean-refugees/)
Scrive AM che i janjaweed – da poco sono stati ribattezzati Rapid Support Forces (RSF), un sistema semplice per dare agli irregolari una patente di regolarità – hanno arrestato centinaia di eritrei in fuga e li hanno rispediti nel loro Paese. Ma nelle cancellerie occidentali conoscono il destino cui vanno incontro coloro che scappano dall’ex colonia italiana e sono costretti con la forza a ritornarci? Leggono i rapporti delle Nazioni Unite, gli articoli di giornalisti indipendenti di tutto il mondo, i racconti delle organizzazioni umanitarie cacciati da lì? Cinica la politica e cinica la diplomazia che alla politica obbedisce.
Ma – fortunatamente – non tutti i diplomatici sono cinici. E così qualcuno mostra un interesse etico per far emergere la verità, racconta in po’ di cose, sottolineando le differenze tra i discorsi che si tengono nelle stanze paludate a Roma, Bruxelles e nelle altre capitali e le sofferenze di chi è costretto a viaggiare in terre sconosciute, tra mille pericoli in cerca di un minimo di tranquillità e/o di una vita migliore.
Nel tentativo di bloccare “alla fonte” il traffico di migranti, l’Unione Europea ha stanziato 100 milioni di dollari, per finanziare il “Processo di Khartoum”, presentato come aiuto ai Paesi africani (dittature direi) per lottare contro l’immigrazione illegale. E così ieri l’Unione Europea – dopo le polemiche sugli aiuti che finiscono nelle mani dei janjaweed – ha diffuso una nota, pubblicata dal Sudan Tribune, che riporto integralmente qui sotto nel suo testo originale in inglese:
Press Release regarding the EU cooperation on migration with Sudan
The EU commitment to enhance cooperation with African countries on migration is firmly anchored within International Humanitarian Law and International Human Rights Law. The EU’s assistance to Sudan is delivered at bilateral and regional levels through international agencies and NGOs not through the Sudanese Government. No support has ever been provided to the Rapid Support Forces.
Cooperation in Sudan focuses on projects to tackle the root causes of migration; these projects contribute to improving livelihoods, stimulating youth employment, and supporting basic services for refugees, the displaced, and host communities. At the regional level, EU cooperation is helping to build capacity to prevent trafficking and smuggling of human beings, to enhance international protection of victims of criminal networks, to raise awareness about the perils of irregular migration, and to increase opportunities for labour migration.
The EU repeats its calls on the Government of Sudan, the opposition and the armed movements to demonstrate the leadership necessary to end the conflicts in Sudan, finalise the Cessation of Hostilities agreements and move towards a process of dialogue as a basis for lasting peace in their country.
Dichiarazioni molto confortanti, rassicuranti e significative. Peccato che il governo sudanese (sempre lo stesso dal 30 giugno 1989) sia molto diverso da quelli europei e la repressione sia uno dei metodi più usati per esercitare il potere.
Il comunicato della UE, formalmente corretto e ineccepibile, va paragonato alle dichiarazioni delle autorità sudanesi durante una conferenza stampa al ministero della Difesa a Khartoum il 30 agosto. Ufficiali dell’esercito, della polizia e della sicurezza (cioè l’intelligence), riuniti tutti insieme, hanno ammesso di combattere l’immigrazione e il traffico di persone, in nome e da parte dell’Europa. “Vorremmo che qualcuno ci ringraziasse per questo – ha dichiarato uno dei partecipanti all’incontro – e provvedesse al sostegno necessario”.
Ha preso la parola anche il capo della Rapid Support Forces, cioè dei janjaweed, il generale Hametti (il suo vero nome è Mohammed Hamadan Daglo) il quale ha ribadito che il mandato del suo lavoro – tener pulito il confine – gli è stato conferito in base agli accordi del suo Paese con l’Europa.
Secondo lo stringer di Africa ExPress a Khartoum, nella stessa conferenza stampa, Daglo ha minacciato di ritirare i suoi uomini dal confine. Se questo dovesse accadere, ha spiegato tra le righe, ma chiaramete, i migranti potrebbero continuare a passare per raggiungere il Mediterraneo. Ecco testuale, tradotto dall’arabo, uno dei suoi passaggi: “La lotta [che stiamo conducendo] contro l’immigrazione e il traffico di esseri umani è costata alle nostre forze pesanti perdite umane e la distruzione di parecchi veicoli durante le operazioni di pulizia nel deserto libico. Ciononostante nessuno ci ha ringraziato del sacrificio che abbiamo fatto”. Infatti i soldi dell’Unione Europea non sono ancora arrivati.
Politicamente ancora più pesante l’accusa lanciata contro i gruppi ribelli che operano nel Darfur. Secondo Daglo sono gli organizzatori del traffico di esseri umani.
Durante la conferenza stampa il portavoce del Rapid Support Forces ha fornito alcuni dati: 25 uomini dell’RSF sono stati uccisi e 315 feriti. Inoltre 151 auto sono andate distrutte. Oltre 800 migranti sono stati arrestati assieme a 9 organizzatori dei traffici. E’ stato poi rivelato che una commissione dell’Unione Europea è stata accompagnata dall’RSF al confine con la Libia. Quindi funzionari europei sono stati affidati nelle mani di quel gruppo accusato delle peggiori nefandezze, atrocità e crimini di guerra. Torneranno in Africa, è stato annunciato con una certa enfasi, in settembre. Non è proprio edificante per l’organizzazione paneuropea.
Mentre la Germania si occuperà del finanziamento dell’operazione “pulizia al confine” (per usare i termini di Daglo, all’Italia sono stati affidati compiti logistici. Infatti in un prossimo futuro è atteso in Italia un gruppo di janjaweed per l’addestramento necessario a combattere quei poveracci che vogliono passare il confine settentrionale del Sudan. L’accordo non è stato ancora reso operativo e i tempi non sono stati fissati, ma a Khartoum stanno già discutendo su chi mandare in missione nel nostro Paese. In nome della lotta alla migrazione illegale, siamo pronti a ospitare assassini, stupratori e rapitori di bambini?
Massimo A. Alberizzi
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