Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 3 settembre 2016
Libreville, la capitale del Gabon, è una città paralizzata dalla paura. Dopo gli scontri in piazza di mercoledì sera, la città e i suoi abitanti sono increduli davanti a tanta crudeltà: cinque persone sono morte, molti i feriti e, il ministro degli Interni, Pacomes Moubelet Boubeya, ha ammesso che sono state interrogati millecento cittadini. Quanti di loro sono stati liberati o sono stati buttati nelle luride galere, non è stato però precisato.
Dopo le elezioni presidenziali, che si sono svolte lo scorso 27 agosto, la Commission electorale nationale autonome et permanente” (CENAP) ha annunciato mercoledì sera i risultati: Ali Bongo Ondimba, l’esponente del partito democratico gabonese, si è aggiudicato il 49,80 per cento delle preferenze, mentre Jean Ping, il candidato unico del “Front uni de l’opposition” ha ottenuto solamente il 48,23 per cento dei consensi. (http://www.africa-express.info/2016/09/02/elezioni-presidenziali-gabon-poco-trasparenti/).
Ping e i suoi sostenitori hanno prontamente contestato i risultati, denunciando frodi e brogli elettorali a larga scala. Immediata la reazione della popolazione, che è scesa in piazza, ma le manifestazioni sono state represse dalle forze dell’ordine con estrema violenza.
Anche il quartier generale di Ping è stato preso d’assalto e circondato dagli apparati di sicurezza. Solamente ieri sera il gruppo di sostenitori che si trovava al suo interno, è stato liberato, grazie all’appello lanciato alle autorità gabonesi dal ministro degli esteri francese, Jean-Marc Ayrault.
Venerdì sera, durante una conferenza stampa, Ping, figlio di un cinese e di una gabonese, si è autoproclamato presidente del Gabon. “Le président c’est moi” (il presidente sono io), ha dichiarato, aggiungendo: “E come presidente eletto, sono estremamente preoccupato per le sorti di questo Paese. La pacificazione passa attraverso la riconta dei voti, bisogna ridare fiducia alla popolazione”.
Il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, ha espresso la sua preoccupazione per le violenze scoppiate dopo le elezioni e ha chieste alle autorità di operare nel pieno rispetto dei diritti umani. Ban ha inoltre sottolineato che anche l’ONU chiede la massima trasparenza nella verifica dei voti.
Anche il Consiglio per la pace e la sicurezza (CPS) dell’Unione Africana (UA), durante la sua 620° riunione si è detto molto preoccupato per le violenze post-elettorali scoppiate in Gabon, perché potrebbero mettere in pericolo la stabilità e la pace non solo nella ex-colonia francese, ma di tali conseguenze ne potrebbe risentire l’intera Regione. Il CPS ha fatto un appello alle parti interessate, chiedendo di trovare una soluzione nel rispetto della Costituzione con la massima urgenza.
L’UE, gli USA e la Francia hanno chiesto alla CENAP di pubblicare i processi verbali di ogni seggio elettorale, perché si possa facilmente verificare la conformità dei risultati con quelli proclamati.
Ma il potere gabonese rifiuta categoricamente la riconta dei voti, invocando la legge elettorale del Paese, che non prevede questa procedura.
Ali Bongo Ondimba non vuole lasciare lo scettro: è stato eletto una prima volta nel 2009 con il 42 percento delle preferenze. E’ succeduto al padre, scomparso pochi giorni prima, Omar Bongo, che ha tenuto in mano lo “scettro” del Paese per oltre quarant’anni, dal 1967 fino alla sua dipartita. Una stessa famiglia che regna da quasi cinquant’anni, segnati da corruzione, sete di potere.
Forse i più non sanno che anche Ping è uno della famiglia, perché fino a qualche anno fa è stato sposato con la sorella di Ali Bongo Ondimba, Pascaline, ossia la figlia maggiore del defunto Omar Bongo e si sa, le liti in famiglia sono le peggiori, specie quando c’è di mezzo il potere e il denaro.
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Qualche giorno fa la moglie americana Inge di Ali Bongo, dalla quale non ha mai divorziato, ha fatto un appello al marito: non uccidere i gabonesi, specie tu, che non sei nemmeno uno di loro. Inge ha rivelato un segreto di famiglia che è sempre stato nascosto. Ali non sarebbe il figlio naturale di Omar Bongo, nato cristiano e morto musulmano, e della sua seconda moglie Joséphine Nkama, in arte Patience Dabany, una famosa cantante gabonese. Circola voce che Alì sia nato nel sud-est della Nigeria (Biafra) e adottato dalla coppia in tenera età perché orfano.
Una guerra di famiglia dunque, che rischia di destabilizzare l’intero Paese.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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