Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 1. Settembre 2016
Il ministro degli interni del Gabon, Pacomes Moubelet Boubeya ha annunciato la vittoria del presidente uscente Ali Bongo Ondimba, l’esponente del partito democratico gabonese, si è aggiudicato il 49,80 per cento delle preferenze, mentre Jean Ping, il candidato unico del “Front uni de l’opposition” ha ottenuto solamente il 48,23 per cento dei consensi. Meno di una manciata di voti separano i due candidati e Ping non ha nascosto il suo disappunto, sottolineando che si tratta di una “vittoria rubata”.
Subito dopo la proclamazione del vincitore, i sostenitori di Ping hanno contestato il risultato, denunciando frodi e brogli elettorali.
Appena appresi i risultati, si sono verificati violenti scontri nelle piazze, in particolare a Libreville, la capitale della ex-colonia francese. Finora sono morte tre persone, oltre ottocento manifestanti sono stati arrestati . Le forze dell’ordine hanno represso la manifestazione con la violenza, usando anche gas lacrimogeno. Jean Ping ha dichiarato che il suo quartier generale è stato preso d’assalto dalla guardia repubblicana, durante il quale sarebbero morte due persone, molte altre sarebbero state ferite.
Parigi ha espresso la sua viva preoccupazione per l’insorgere delle violenze nel Gabon e Jean-Marc Ayrault, ministro degli affari esteri francese, ha evidenziato che non c’è posto per la violenza durante le consultazioni elettorali. “I dubbi sull’esito vanno risolti nel rispetto della legge e con la massima trasparenza”.
Anche gli osservatori dell’UE hanno manifestato le loro perplessità circa la trasparenza elettorale. Mariya Ivanova Gabriel, capo della Missione degli osservatori dell’UE nel Gabon e Josef Leinen, rappresentante della delegazione del Parlamento europeo, hanno chiesto alla “Commission electorale nationale autonome et permanente” (CENAP) di pubblicare i processi verbali di ogni seggio elettorale, perché si possa facilmente verificare la conformità dei risultati con quelli proclamati.
Anche l’Ambasciata USA in Gabon ha preso posizione sullo scrutinio e ha precisato che i suoi rappresentanti sono rimasti impressionati dalla determinazioni della popolazione nel voler esprimere il proprio voto e della pazienza che i cittadini hanno dimostrato durante le lunghe ore di coda davanti ai seggi elettorali. Tuttavia gli americani sono stati testimoni di carenze del sistema elettorale e di irregolarità nei seggi dove sono stati presenti. Per questo motivi, i responsabili dell’ambasciata hanno richiesto al governo gabonese di pubblicare i processi verbali di ogni seggio.
Ali Bongo Ondimba, è stato eletto una prima volta nel 2009 con il 42 percento delle preferenze. E’ succeduto al padre, scomparso pochi giorni prima, Omar Bongo, che ha tenuto in mano lo “scettro” del Paese per oltre quarant’anni, dal 1967 fino alla sua dipartita. Una stessa famiglia che regna da quasi cinquant’anni.
Ma anche Jean Ping è stato uno di famiglia, perché fino a qualche anno fa è stato sposato con la sorella di Ali Bongo Ondimba, Pascaline, ossia la figlia maggiore del defunto Omar Bongo.
Ping ha occupato posizioni di prestigio in varie Istituzioni internazionali: oltre ad essere stato il presidente dell’Assemblea generale dell’ONU, ha presieduto anche la Commissione dell’Unione africana. Ma è stato anche il capo di gabinetto del suocero, nonché il suo ministro per gli affari esteri. Dunque, anche se dovesse diventare presidente del Gabon dopo il controllo dei voti, sarà ben difficile per lui contrastare la corruzione contro la quale lotta, ma della quale è stato uno dei protagonisti in un recente passato.
Il Gabon è ricoperto per l’85 percento di foreste dove vivono tra 50 e 70 mila scimpanzé, 45 mila gorilla e 60 mila elefanti che abitano i 13 parchi nazionali. Il Paese conta poco meno di un milione e mezzo di abitanti. E’ forse uno degli Stati più “ricchi” dell’Africa: il reddito pro capite è di 18.000 dollari l’anno. L’economia è essenzialmente basata sul petrolio e l’esportazione di legname, anche se la maggior parte dei proventi dall’estrazione del petrolio va in tasca alle multinazionali e a poche famiglie plutocrati.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotolgyes
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