Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 4 agosto 2016
L’agenzia di viaggi, Projects Abroad ha offerto ai suoi clienti un nuovo tipo di vacanza: cercasi volontari per assistere profughi e migranti arrivati via mare in Italia.
La multinazionale del turismo umanitario, con base nel sud della Gran Bretagna, è specializzata in pacchetti turismo e “altruismo” e offre oltre duecentoquindici programmi in trentadue Paesi. Il costo per un tale soggiorno “speciale” varia da 1400 a 2600 euro per due settimane. La Projects Abroad vanta oltre centomila missioni in tal senso dalla sua creazione negli anni Novanta.
Per quest’estate l’industria delle vacanze propone un soggiorno in Calabria, mare e volontariato, per la modica cifra di 2014 euro per quindici giorni, ma viene precisato, che è possibile comprare tale pacchetto anche per una sola settimana. Il 22 luglio l’agenzia turistica lancia la sua ultima trovata anche dal suo account twitter: “Volontario nel nostro nuovo progetto in Italia: assistere e dare supporto ai profughi e ai migranti in Italia”.
Projects Abroad, nel lancio del suo progetto in Calabria sottolinea di collaborare con la Croce Rossa italiana e l’assocoazione “Rete dei comuni solidali” (Recosol). La Federazione della Croce Rossa spiega in una nota di non collaborare in alcun modo con la multinazionale turistica e un loro portavoce riferisce che la Federazione ha chiesto di rimuovere il logo dall’annuncio pubblicitario.
Recosol è stata effettivamente contattata dalla multinazionale turistica, ma afferma al quotidiano svizzero “Le Temps” di ignorare che il soggiorno dei volontari-turisti avesse un costo di oltre duemila euro. Giovanni Maiolo, coordinatore del Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati “SPRAR” (centri di seconda accoglienza) di Gioiosa Ionica, cittadina di appena 7.500 abitanti, precisa: “La somma richiesta non corrisponde affatto al costo della vita qui e vi posso assicurare che noi di quei soldi non vediamo nemmeno l’ombra di un centesimo”.
Agenzie di viaggio, che praticano il “volontarismo”, che non ha nulla a che vedere con il volontariato, trasformate in ONG, organizzazioni senza scopo di lucro, che guadagnano milioni di euro. Projects Abroad è una società commerciale che usa lo stesso lessico delle ONG per poter beneficiare in tutti Paesi dove è presente, dei vantaggi riservati alle associazioni. Secondo Pierre de Hanscutter, direttore di “International Volonteering Service” (SVI), un’organizzazione per giovani per il volontariato, registrata in Belgio, sottolinea: “D’altronde paga pochissime tasse”.
Infatti, nel suo rendiconto 2014 Projects Abroad dichiara di aver pagato il cinque per cento tra tasse e imposte per i risultati raggiunti nel 2014 e sottolinea che grazie ai suoi “volontari” è stata evitata la tortura a molti.
Project Abroad è suddivisa in diverse strutture, tutte domiciliate in Gran Bretagna, ma raggruppate nella Beech View Holdings Ltd, fondata nel 1996. Secondo i dati di Bloomberg la cifra d’affari raggiunta nel 2014 si aggira intorno ai 28 milioni di sterline, con un guadagno netto di 1,72 milioni di sterline. Eppure, due società della Holding – Projects Abroad UK et Projects Abroad Travel – sono registrate come organizzazioni non profit e come tali non sono tenuti a pubblicare il loro giro d’affari.
Ecco, il nuovo e scandaloso modo di fare “volontariato” che la società in questione pubblicizza a lettere cubitali così: “Le vostre competenze possono fare la differenza in questa crisi umanitaria”.
Certo, come spesso accade, si cerca di guadagnare e speculare sulle spalle di chi cerca protezione, di chi scappa da guerre, persecuzioni e fame nera. Un’umanità disperata che per raggiungere le nostre coste ha attraversato l’inferno. Quasi quattro mila persone hanno perso la vita nel Mediterraneo solo nei primi sette mesi di quest’anno, senza contare coloro che sono stati ammazzati in Libia nell’attesa di imbarcarsi, o durante il viaggio verso la nostra ex-colonia, morti di sete e stenti nel Sahara perché caduti in mano a trafficanti di uomini senza scrupoli.
Chi è sopravissuto a tali sofferenze necessita di assistenza e sostegno particolari, ma soprattutto professionali, che certamente non può essere fornito da chi si improvvisa volontario, per giunta a pagamento.
Ricordiamo qui che molti volontari e attivisti non di rado vengono indagati dalle autorità competenti per il troppo attivismo o perché difendono i diritti reali dei profughi. Oggi anche fare del bene può essere considerato un reato.
Il “volontario per caso” non darà mai fastidio alle istituzioni, paga per l’avventura di pochi giorni e se ne va. Non ha né la voglia né il tempo di approfondire la questione profughi e immigrazione. Non dimentichiamoci che ha pagato fior di quattrini per una vacanza speciale.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes