Speciale per Africa Express Cornelia I. Toelgyes Quartu Sant’Elena, 9 luglio 2016 Una violenta battaglia é scoppiata dentro e fuori il palazzo presidenziale di Juba, la capitale del Sud Sudan, tra le guardie del corpo del presidente Salva Kiir Mayardit e quelle del suo primo vicepresidente Riek Marchar. Alcune fonti riferiscono che Kiir avrebbe convocato Marchar per una riunione urgente per fare il punto della situazione sugli scontri avvenuti poco ore prime a pochi isolati dal palazzo presidenziale tra le forze di sicurezza di Kiir e le guardie del corpo di Marchar. Altre fonti sostengono che la riunione sarebbe stata solo un pretesto perché Machar si recasse nel palazzo: sembra che Kiir volesse farlo arrestare. Ancora non si conoscono le circostanze e i motivi per i quali si sono verificati i combattimenti. Da giovedì Kiir non si è più mostrato in pubblico. La settimana scorsa sono state uccise quarantatre persone nella città di Wau, capoluogo dell’omonima regione nel nord-ovest del Sud Sudan e migliaia di residenti hanno lasciato le loro case dopo le battaglie tra le milizie dell’Esercito di Liberazione del Popolo Sudanese e altri gruppi armati capeggiati da Ali Tamin Fatan, che vorrebbe instaurare uno Stato islamico nell’area. Impresa ardua, considerando il fatto che nelle truppe di Fatan combattono anche militanti del Lord’s Resistance Army, notoriamente cristiani. Marchar era tornato a Juba alla fine di aprile ed aveva prestato subito giuramento come vicepresidente del governo di transizione, che avrebbe dovuto riportare la pace nel giovane Paese dopo anni di conflitti interni. Questa notte non ci sono stati fuochi d’artificio che hanno illuminato il cielo del Sud Sudan, il più giovane Stato del nostro globo, per festeggiare il giorno dell’indipendenza, ottenuta proprio cinque anni fa, il 9 luglio 20111. Colpi di cannone e pallottole, fame, morte e violenza hanno caratterizzato questo anniversario. Una guerra civile, un popolo dimenticato dal resto del mondo. Si parla poco di questo Paese perchè i suoi profughi non sono tra i migranti che cercano di raggiungere le nostre coste. Non ci sono sud sudanesi tra i morti nel Mediterraneo semplicemente perché non hanno denaro, parenti all’estero o beni da poter vendere. Sono rimasti senza niente. Anche il cibo è diventato un lusso. Tre quarti della popolazione, vale a dire otto milioni di persone, si trovano in stato di insicurezza alimentare. Per 4,8 milioni di loro la situazione è estremamente grave, rischiano di morire di fame. Questa terribile situazione è frutto di una guerra civile iniziata tre anni fa: il presidente Salva Kiir Mayardit aveva accusato il suo vice Riek Marchar di aver complottato contro di lui, tentando un colpo di Stato. Da allora sono iniziati i combattimenti tra le forze governative e quelle fedeli a Machar. I primi scontri si sono verificati a fine 2013 nelle strade di Juba, la capitale del Paese, ma ben presto hanno raggiunto anche Bor e Bentiu. Vecchi rancori politici ed etnici mai risolti, non fanno che alimentare questo conflitto. Questa’ultima guerra civile ha portato sull’orlo del baratro una buona parte della popolazione. Solo nei primi mesi del conflitto oltre quattrocentomila persone hanno abbandonato le loro case. Decine di migliaia hanno cercato rifugio nei campi delle basi dell’ONU, che ben presto si sono trasformati in veri e propri campi per sfollati. Cornelia I. Toelgyes |
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