Dal Nostro Inviato Speciale
Massimo A. Alberizzi
Nairobi, 28 maggio 2016
Si è conclusa all’alba di oggi a Nairobi con una “discussione animata” la seconda assemblea dell’ambiente (UNEA, United Nations Environment Assembly) voluta dall’UNEP (United Nation Environment Programme) l’agenzia che si occupa della salute della Terra. Tutte le risoluzioni sono state approvate all’unanimità, meno una, quella che parla di Gaza. Vengono affrontati vari temi dalla tutela del mare e delle sue risorse, al traffico illegale di animali e di parti di essi, zanne d’elefante e corni di rinoceronti, tra l’altro), all’ inquinamento dell’aria, al consumo responsabile delle risorse. L’assemblea, cui hanno partecipato oltre 2 mila delegati provenienti da 170 Paesi, 120 dei quali rappresentati a livello ministeriale, ha invitato tutto il pianeta a unirsi agli sforzi per raggiungere l’obbiettivo fissato per il 2030 di uno sviluppo sostenibile e per implementare gli accordi sul clima raggiunti a Parigi.
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Per 5 giorni nella cittadella dell’ONU nella capitale keniota (un complesso enorme dove lavorano quasi 5 mila persone) si sono susseguite tavole rotonde, discussioni, confronti di esperienze diverse. Impossibile seguire tutto perché gli appuntamenti si accavallavano con cadenza continua. Anche la delegazione italiana, guidata dal sottosegretario all’ambiente Barbara Degani, ha presentato i suoi lavori, che sono stati apprezzati dai presenti durante un apposito incontro a latere . A parte l’introduzione piuttosto atipica (Degani non conosce l’inglese è stata aiutata da un’interprete trovata in fretta e furia e all’ultimo momento) la professoressa di microbiologia agraria Claudia Sorlini, presidente del comitato scientifico di Expo 2015, ha illustrato le proposte contenute nella “Carta di Milano”. “Il cibo – ha spiegato – deve essere considerato come un diritto inalienabile dell’umanità. A questo proposito i sindaci di 120 città (per un totale dei 400 milioni di cittadini) hanno steso e firmato un documento nel quale si sostiene che lotteranno per garantire un’alimentazione sana, proveniente da fonti sostenibili con un forte impegno nella lotta contro gli sprechi”.
Dicevamo dell’unica risoluzione che non è stata approvata, ma rimandata alla prossima assemblea. Parla di Gaza (CRP6 Environmental assessment of the Gaza strip http://www.africa-express.info/2016/05/28/13622/). Presentata dal gruppo dei 77 (cioè i Paesi in via di sviluppo, presieduti dall’Argentina) e dalla Cina ha bloccato l’assemblea per un decina di ore.
Per evitare che passasse anch’essa per acclamazione, come probabilmente sarebbe accaduto, Israele ha chiesto che fosse messa ai voti. La Siria è intervenuta con una mozione d’ordine di tipo procedurale, relativa alla possibilità di “no action motion” (Rule of procedure 55 para 2), ossia chiamare l’assemblea a votare per il “non voto” per preservare così la consuetudine di prendere decisioni all’unanimità nell’ambito dell’assemblea dell’UNEP. Gli Stati Uniti si sono decisamente schierati, com’è loro consuetudine, con Israele mentre l’Europa ha preferito attestarsi su una posizione intermedia (si sarebbe poi trasformata in astensione al momento del voto).
A questo punto, dopo una diatriba legale fatta di cavilli, interpretazioni, ostruzionismi e meline è stato stabilito che se fosse passato il “non voto”, la risoluzione sarebbe stata automaticamente rimandata alla prossima assemblea, cioè tra un anno.
Nel tentativo di bloccare il documento, con incontri a latere,è stato deciso di rimettere la palla nelle mani dell’Argentina, proponente della risoluzione, chiamata a valutare l’ipotesi di ritirarla. Assieme alla Cina i sudamericani hanno confermato di insistere. E così si è andati a una votazione su una mozione d’ordine che diceva più o meno così: “Volete che la risoluzione su Gaza sia messa ai voti?”
“Non si è raggiunto il quorum calcolato sugli aventi diritto al voto”, ha annunciato la presidenza. Ne è seguita una violentissima rissa verbale con gli arabi che hanno accusato il presidente, il ministro dell’ambiente costaricano, Edgar Gutiérrez, di parzialità e addirittura di disonestà, fin quando il Pakistan ha fatto notare che il quorum si doveva calcolare sul numero dei presenti e non degli aventi diritto.
Marcia indietro della presidenza che si è prostrata in scuse profonde e dopo un controllo sul numero dei presenti ha dichiarato che la mozione che chiedeva di non votare era stata respinta dal numero di voti contrari.
Finalmente alle 3 di notte si è votato sul contenuto della mozione. Schiacciante il numero dei favorevoli, 36, con 35 astenuti (tra cui Italia e tutta l’Unione Europea) e solo 4 contrari. Poiché però non si è raggiuto il quorum la risoluzione è stata rimendata alla prossima assemblea UNEA, tra un anno.
E’ chiaro che la mozione presentata dal gruppo dei 77 e dalla Cina era strumentale. Nel pianeta ci sono decine di conflitti che richiederebbero la presenza dell’UNEP per valutarne l’impatto ambientale. Mirare solo alla Striscia di Gaza è stato un errore. Probabilmente però gli Stati Uniti, invece di impegnarsi in un goffo tentativo di bloccare la risoluzione, avrebbero raggiunto un risultato migliore, se avessero presentato altre mozioni chiedendo la stessa cosa per aree geografiche situate nel mondo arabo-islamico, come il Darfur o il Mali. Ovunque durante i conflitti le tragedie non colpiscono solo la gente, ma anche l’ambiente.
Massimo A. Alberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com
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