I misteri della ragazza di Chibok rapita due anni fa e ritrovata per caso

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Il presidente Buhari saluta Amina Ali subito dopo la sua liberazione

Dalla Nostra Corrispondente
Blessing Akele

Benin City (Nigeria), 19 maggio 2016

Desta qualche sospetto la notizia del ritrovamento Amina Ali Nkok, una delle 286 ragazze di Chibok, rapita oltre due anni fa. Perchè è stata presentata con tanto clamore da tutti media del mondo se Amina non è la prima studentessa a essere riuscita a fuggire dai terroristi? Ora c’è una seconda ragazza ritrovata in circostanze molto simili a quelle di Amina, sebbene i dettagli non siano ancora noti: “Ve li daremo domani mattina”, ha spiegato ai giornalisti il colonnello Sani Usman Kukashek.

Poche settimane dopo il famoso sequestro di massa a Chibok, il 14 aprile 2014, diverse ragazze erano riuscite a scappare dalla foresta di Sambisa. Alcune di loro erano state portate anche negli Stati Uniti, dove avevano rilasciato diverse dichiarazioni.

Il presidente Buhari saluta Amina Ali subito dopo la sua liberazione
Il presidente Buhari saluta Amina Ali subito dopo la sua liberazione

Una di loro aveva spiegato che avrebbe voluto essere come Malala Yussufzai, la giovane pakistana sopravvissuta alla pallottola che un talebano ha cercato di conficcarle in testa, premio Nobel per la pace. Altre, scappate dalla prigione dei Boko Haram erano state trovate nella foresta traumatizzate e indifese.

Secondo le informazioni fornite dall’esercito nigeriano, le ragazze ancora nelle mani dei terroristi di Boko Haram, sarebbero 217, decisamente meno delle 276 rapite. Una sessantina infatti sono riuscite a scappare.

Naturalmente è una buona notizia quella del ritrovamento di due delle ragazze rapite a Chibok oltre due anni fa. A destare qualche sospetto che Amina non sia una delle ragazze rapite a Chibok sono le circostanze del ritrovamento e le dichiarazioni contrastanti, contradittorie e incomplete, che generano qualche dubbio.

In Nigeria ci sono molti sfollati. Hanno abbandonato le loro case per sfuggire ai raid e ai massacri dei terroristi di Boko Haram nel nord-est del Paese, principalmente nello Stato di Borno. E il governo centrale spende parecchio denaro per gestire i campi profughi.

Tutta la vicenda del rapimento a Chibok, sin dall’inizio, presenta lati oscuri, misteriosi e incomprensibili. Ecco un piccolo riassunto: un giorno nella cittadina di Chibok, nello Stato di Borno, i membri del gruppo terrorista Boko Haram, prelevano con tutta calma e tranquillità quasi trecento ragazze in una scuola con strutture fatiscenti, mezze distrutte e praticamente in uno stato di abbandono. Le studentesse vengono trasportate nei nascondigli dei terroristi nella foresta di Sambisa. In quel momento alla presidenza della repubblica siede Goodluck Jonathan, il quale nei giorni successivi al rapimento non dice nulla e solo dopo un po’ deve rilasciare una dichiarazione di circostanza: “Troveremo le ragazze presto e a tutti i costi”. Quando Jonathan termina il mandato le ragazze sono ancora ufficialmente “sparite”.

Ora sulla poltrona di presidente della Nigeria siede il musulmano Mohammadu Buhari. Nel corso della sua campagna elettorale – oltre alla lotta alla corruzione e al miglioramento delle condizioni sociali della popolazione – aveva promesso di trovare e riportare alle famiglie le ragazze rapite.

Amina Ali
Amina Ali

Come mai questa risonanza per il ritrovamento di una sola delle ragazze? Sarà perché è la prima nell’era del presidente Buhari? O meglio, è la prima che si vuol far passare per una delle “Chibok girl”? La domanda viene spontanea perché normalmente in Nigeria, le persone che vengono trovate nelle circostanze di Amina (era con un gruppo di persone che vagavano nella foresta senza destinazione, aveva un bambino legata alla schiena, insomma sembravano dei diseredati) vengono recuperate, assistite e trasferite nei campi profughi allestiti da oltre 7 anni. I dubbi sorgono alla luce dei fatti piuttosto strani:

  1. Come hanno fatto i militari a individuare questa ragazza come una facente parte del gruppo rapito nell’aprile del 2014?
  2. Considerato che poteva benissimo sembrare una profuga, come mai non è stata ritenuta tale?
  3. Cosa dire della girandola di nomi che le sono stati attribuiti? Il colonello Sani Usman, dell’esercito, afferma che si chiama Falmata Mbalala (un nome che fa il verso a Malala), il leader dei giovani di Chibok, Manaseh Allan, sostiene che il nome della ragazza sia Amina Ali, mentre il vice-preside della scuola ha fatto vedere un registro dove c’è scritto Aisha Ali. Allora, come si chiama veramente? I media hanno scelto di optare per il nome fornito dal leader dei giovani di Chibok: Amina Ali.
  4. La “Chibok girl” ritrovata racconta che sono morte sei delle sue compagne. Come si fa a verificare questa informazione? Quali sono i loro nomi?

Questo zelo militare nel ritrovare una ragazza di Chibok, a distanza di due anni dal rapimento, potrebbe essere dipeso dalla volontà dell’amministrazione Buhari di esaudire l’impegno politico elettorale. Può darsi, eppure questo primo ritrovamento è ancora avvolto da misteri e incongruenze. Tra qualche settimana sarà un anno dal suo insediamento e per ora non è stato fatto quasi niente.

La sua amministrazione aveva promesso che avrebbe ridotto il costo della vita, invece, di fatto, l’ha incrementato con l’aumento del prezzo al litro di benzina che da 86,50 Naira al litro è passato a Naira 145 di colpo. I sindacati sono sul piede di guerra e i cittadini stanno pagando questo salasso.

 

Potrebbe far parte di un disegno politico, quello di ritrovare le ragazze con calma e lentamente. Ognuna poi riferirà di compagne morte e così, alla fine, tra quelle fuggite, quelle ritrovate e quelle scomparse, si arriverà presto al numero complessivo di 276 (è bene ricordare che un numero preciso non si è mai saputo, ma si è diffusa una cifra vaga, “intorno ai 300”). Così Buhari si prenderà il merito di aver portato a casa le studentesse di Chibok.

Blessing Akele
blessing.akele@yahoo.com

twitter @BlessingAkele
#BringBackOursGirls

 

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