Quei bambini dimenticati nelle carceri della Sierra Leone

Speciale per Africa Express
Cornelia I. Toelgyes
Quartu sant’Elena, 6 maggio 2016

Sono quasi cinquanta i minori dimenticati da tutti, che marciscono da anni nel carcere minorile Random Home, nel quartiere di Kingtom di Freetown, la capitale della Sierra Leone, senza assistenza legale, senza poter ricevere visite. Sono in attesa di un processo che forse non arriverà mai, con la costante paura di essere trasferiti nel penitenziario per adulti, una volta diventati maggiorenni.

Anche se il Paese ha firmato svariati trattati internazionali per la protezione di minori, i ragazzi accusati di aver commesso un crimine in Sierra Leone, non hanno diritto ad un processo con il risultato che sono considerati colpevoli, finchè non viene provata la loro innocenza.

Secondo Mariatu Bangura, vice-direttore dei servizi sociali presso il Ministero del Welfare, il vero problema sono le forze dell’ordine, che dovrebbero fungere da filtro, perché un adolescente al di sotto dei quattordici anni è considerato non responsabile penalmente. Bangura ha specificato: “Spesso sono violenti con i ragazzi, li accusano di dichiarare dati anagrafici falsi. Il carcere minorile Remand Home è sovraffollato, perché la polizia non svolge il proprio dovere, malgrado avessimo dato loro delle linee guida da seguire. Non le leggono nemmeno”.

Il personale del carcere minorile ha riferito che attualmente ci sono anche due bambini di otto e dieci anni. Il poliziotto che li ha arrestati per una piccola rissa, li ha malmenati, perché non sapevano la loro età. Sul rapporto l’agente li ha indicati come due quattordicenni.

Gli uffici della prigione

Quattro giovanissimi sono addirittura stati portati nel penitenziario per adulti perché anche in questo caso le forze dell’ordine  hanno inserito dati errati nella relazione. Difficile dimostrare l’età quando non si possono produrre certificati di nascita, quando non c’è un familiare che possa confermare le deposizioni rilasciate da questi sfortunati ragazzi.

Francis racconta che ha passato un periodo terribile in quella casa circondariale, finche la ONG italiana “Don Bosco” non l’ha scoperto e lo ha fatto trasferire nel carcere minorile. “Dovevo dormire per terra, non c’era spazio per muovermi. Non avevo vestiti all’infuori dei calzoncini che indossavo e poi i vecchi prigionieri mi molestavano in continuazione” , ha precisato il ragazzo.

La ONG Don Bosco ha fatto assistere Francis da un legale per poter aprire il processo,ciò nonostante l’udienza è stata rinviata per ben sei volte: una volta perché il camioncino per portarlo al tribunale dei minori si è rotto, un’altra volta per malattia dell’avvocato e così via. Recentemente il giudice ha chiesto un nuovo rinvio di sei mesi: in assenza di un certificato di nascita è impossibile stabilire se Francis era minorenne al momento del suo arresto. Se non sarà prodotto, dovrà essere giudicato da un tribunale ordinario.

Attualmente il Randome Home ospita quarantanove giovani. Quaranta di loro non sono mai stati incriminati formalmente. Gli altri sono arrivati poco fa. I più resteranno lì per un tempo indeterminato, nell’attesa di un processo o del pagamento di una cauzione che non arriveranno mai.
Inutile precisare che nel carcere minorile non ci sono bambini, giovani della classi agiate. Gli “ospiti” di questa prigione sono tutti figli di un dio minore, spesso orfani di uno o entrambi i genitori, uccisi durante la guerra civile, terminata solo nel 2002, bambini senzatetto, abbandonati a se stessi.

Ian Leigh, funzionario logistico per Defence for Children International’s in Sierra Leone ha precisato che la velocità del sistema giudiziario dipende dal contesto sociale dal quale provengono i bambini. Leigh ha aggiunto: “Qui troviamo minori vulnerabili già prima dell’arresto. Spesso non hanno nemmeno commesso reati, sono stati semplicemente stati presi perché erano in strada da soli o per piccoli furti perché avevano  fame. Marciscono qui dentro per anni, perché nessuno si occupa di loro, perché non hanno i soldi per potersi permettere un avvocato”.

Qui i bambini non possono continuare l’iter scolastico. Non hanno nulla da fare tutto il giorno. Restano confinati nelle loro celle per sedici ore al giorno, non possono mai lasciare il caseggiato. Solo una decina, i più educati, possono uscire per due ore il sabato per fare due tiri a pallone. Un mondo atroce per questi bambini, che non possono nemmeno usufruire dei bagni. Per le loro necessità personali devono usare dei sacchetti di plastica che vengono ritirati solo il giorno dopo dal personale .

Situazioni simili si trovano un po’ ovunque in Africa.La ONG Human Rights Watch ha denunciato lo scorso aprile la presenza di ventinove bambini nel carcere militare di Angenga, situato nel nord-ovestCongo Kinshasa. Secondo HRW sono stati arrestati tra febbraio e giugno del 2015. La ONG afferma che i bambini fanno parte di un gruppo di 262 persone di nazionalità ruandese, congolese e burundese, accusati di appartenere ad un movimento ribelle ruandese hutu delle forze democratiche per la liberazione del Ruanda. Naturalmente il governa nega e fa sapere tramite il suo portavoce Lambert Mende che si tratta semplicemente di un centro di smistamento.
Infanzie rubate. L’unica colpa di questi bambini è quella di essere nati, cresciuti in un contesto sociale debole e fragile, spesso soli, senza una famiglia.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes

 

Cornelia Toelgyes

Giornalista, vicedirettore di Africa Express, ha vissuti in diversi Paesi africani tra cui Nigeria, Angola, Etiopia, Kenya. Cresciuta in Svizzera, parla correntemente oltre all'italiano, inglese, francese e tedesco.

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