Non rispetta diritti umani: UE potrebbe sospendere aiuti a Eritrea

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelges
Quartu Sant’Elena, 16 marzo 2016
Alla fine dello scorso anno, l’Unione Europea aveva stanziato un finanziamento a lungo termine di 200 milioni di euro all’Eritrea. Ora i membri del Parlamento Europeo hanno presentato un’istanza alla Commissione Europea in cui si chiede che venga valutata bene la decisione presa allora: non si può finanziare uno Stato che non rispetta i diritti umani. L’intento di quell’aiuto era di ridurre la povertà e sostenere la popolazione, dando nuove opportunità di lavoro e migliorando le condizioni di vita. Lo aveva spiegato Neven Mimica, croato, commissario europeo per la cooperazione internazionale in un comunicato dell’11 dicembre 2015. Mimica aveva aggiunto: “L’Europa esige il rispetto dei diritti umani, condizione necessaria per il nostro dialogo politico in corso con l’Eritrea”.

Peccato non aver specificato che cosa intende l’UE per il rispetto dei “diritti umani”, perché in Eritrea questi sono totalmente sconosciuti. Servizio militare infinito, repressione contro gli oppositori che vengono sbattuti in galera. Di molti non si hanno più notizie da decenni. Sta di fatto che da questo Paese si scappa e si continua a scappare. Basti pensare che solo nel 2015 sono giunti sulle nostre coste 38.615 eritrei (dati del Viminale).

Alcuni rappresentanti della comunità eritrea, segnatamente nelle persone dell’infaticabile difensore dei diritti umani e sacerdote cattolico, Moussie Zerai,  l’ex-viceministro delle finanze dell’Eritrea, Kubrom Dafla Hosabay e un intellettuale rifugiato, Zekarias Kebreab,  hanno chiesto ai membri del Parlamento Europeo di opporsi a questo importante finanziamento. Il reale beneficiario – spiegano – sarebbe il governo eritreo, e non la popolazione. Dunque un investimento inutile per contrastare la fuga dalla nostra ex-colonia, dove i diritti umani sono praticamente inesistenti.

In base alle loro testimonianze e dopo aver esaminato attentamente la questione, i membri del Parlamento dell’UE hanno preso una decisione storica, presentando alla Commissione Europea una risoluzione in diciassette punti.
Il documento evidenzia in particolare la situazione dei diritti umani nel Paese, l’assenza di uno Stato di diritto e la libertà di stampa. Chiede che venga posto un punto finale al servizio militare infinito, che deve essere ridotto a diciotto mesi.  Da sottolineare che nello scorso febbraio le autorità eritree avevano specificato che l’accordo con l’UE non comporta alcun cambiamento circa le politiche sul servizio militare.
Nei diciassette punti nulla viene tralasciato: si chiede l’immediato rilascio di tutti i giornalisti e detenuti politici, si fa appello alla libertà di religione e si critica l’impunità per gli abusi sessuali . E naturalmente non manca una critica alla famosa tassa del 2 per cento imposta dal governo eritreo agli espatriati (compresi i profughi) con gravi rappresaglie sui familiari rimasti nel Paese in caso di omesso pagamento.
Altra questione cruciale è la fuga dei minori non accompagnati, vulnerabili, che necessitano di protezione e assistenza. Su questo punto viene fatta pressione sugli Stati membri dell’UE per quanto concerne le loro politiche sull’immigrazione: è necessario che il minore, in particolare le ragazze, maggiormente esposte ai pericoli, vengano tutelati.
Il Parlamento europeo chiede alla Commissione di accertare che il destinatario del finanziamento sia la popolazione eritrea e non il governo, in poche parole è indispensabile che l’Eritrea dia garanzie e dimostri di attuare riforme democratiche che assicurano il pieno rispetto dei diritti umani.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
Cornelia Toelgyes

Giornalista, vicedirettore di Africa Express, ha vissuti in diversi Paesi africani tra cui Nigeria, Angola, Etiopia, Kenya. Cresciuta in Svizzera, parla correntemente oltre all'italiano, inglese, francese e tedesco.

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