Vista dal satellite del Campo profughi Dadaab (courtesy Google Map)
Speciale per Africa ExPress
Sandro Pintus
Firenze, 10 gennaio 2016
L’epidemia di colera del più grande campo profughi del mondo, fino ad ora, ha causato 10 morti e un migliaio di contagiati. Iniziata nel novembre scorso è andata peggiorando nelle ultime settimane.
Secondo Osman Yussuf Ahmed dell’Unhcr, l’Agenzia Onu per i rifugiati, la causa del contagio è dovuta all’acqua contaminata da escrementi umani per le precarie condizioni igieniche del campo, aggravate da settimane di piogge intense sul Kenya. L’Onu, per fermare l’epidemia, ha distribuito sapone e ha cosparso il campo profughi di cloro.
Il campo di Dadaab, a un centinaio di km dal confine somalo, è stato aperto nel 1991 dopo la caduta di Siad Barre. Ospita 350mila rifugiati in fuga da guerre e carestie del Corno d’Africa che, dal giugno 2015 secondo l’Unhcr, per l’80 per cento sono donne e bambini e per il 95 per cento di nazionalità somala.
Composta dalle strutture di Ifo, Hagadera e Dagahaley, l’enorme campo profughi occupa un’area di 50 km quadrati, l’equivalente di una città come Firenze ma in pieno deserto.
Dopo l’attacco terroristico delle milizie al-Shabaab al campus universitario di Garissa, dove il 2 aprile scorso vennero uccisi 148 studenti, il governo keniota aveva deciso di chiudere il campo di Dadaab entro tre mesi, ritenendolo il luogo dal quale provenivano i terroristi.
L’Agenzia Onu per i rifugiati aveva invitato le autorità kenyote a “considerare con maggiore attenzione la questione dichiarandosi pronta a lavorare con ancora maggiore collaborazione con il governo del Kenya per rafforzare l’applicazione della legge a Dadaab e per sostenere ulteriori misure per proteggere i rifugiati e i cittadini kenioti contro possibili intrusioni da parte di soggetti armati da oltre confine”.
Per l’Unhcr sarebbe stato impossibile far rientrare i rifugiati in sicurezza in Somalia e ci sarebbero state gravi conseguenze umanitarie. Oggi l’epidemia di colera complica le cose.
Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com
twitter: @sand_pin
Crediti foto:
– Parte del campo profughi visto dal satellite (courtesy Google Maps)
– Mappa del campo profughi (courtesy Google Maps)
– Mappa del Kenya:
“Kenya location map” di Uwe Dedering di Wikipedia in tedesco. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons.
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