Speciale per Africa ExPress
Cornelia Isabel Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 9 gennaio 2016
Béatrice Stockly, missionaria della Chiesta Metodista Svizzera, è stata rapita la notte del 6 gennaio a Timbuktu, nel nord-ovest del Mali, dove viveva da anni. In Italia la notizia è stata pubblicata nella mattinata successiva da Andrea de Georgio, giornalista freelance, sulla sua pagina facebook.
Fonti della sicurezza maliana hanno affermato che i rapitori hanno bussato alla sua porta in piena notte e che quando la donna ha aperto l’hanno portata via.
Un rappresentante del Dipartimento federale svizzero per gli affari esteri (DFAE) in un comunicato ha dichiarato: “Siamo a conoscenza del rapimento di una nostra cittadina nel Mali. Siamo in contatto con i servizi di sicurezza locali e con i suoi familiari”.
Il DFAE, nel suo sito ufficiale, conferma che l’unità di crisi ha già formato una taskforce e che in collaborazione con l’ufficio della polizia federale e il servizio informazioni svizzero si sta adoperando per il rilascio della cittadina svizzera.
Fino ad ora nessuna rivendicazione del rapimento. La missionaria metodista era già stata sequestrata nell’aprile 2012 per una decina di giorni, poi rilasciata, anche grazie alla mediazione burkinabè. Allora il sequestro fu rivendicato dal gruppo jihadista tuareg Ansar Dine, il cui capo, Iyad Ag Ghaly, ha sempre negato che per la liberazione della cittadina elvetica fosse stato pagato un riscatto.
Pare che Ghaly le avesse chiesto di lasciare il Mali e di non farvi più ritorno. D’altronde anche il governo svizzero aveva suggerito alla Stockly di abbandonare l’ex-colonia francese. Ma la missionaria, molto impegnata nelle sue attività umanitarie, non è riuscita a lasciare Tumbuktu.
È il primo rapimento dopo l’assassinio dei due giornalisti francesi Ghislaine Dupont et Claude Verlon, avvenuto il 2 novembre 2013 a Kidal (Al Targui, l’assassino dei due giornalisti francesi in Mali, figura emergente del terrorismo nel Sahara).
Attualmente sono ancora due gli stranieri in mano ai jihadisti: uno svedese e un sudafricano, mentre un ostaggio di nazionalità olandese è stato liberato nell’aprile dello scorso anno (Oltre tre anni in mano ad Al Qaeda: liberato in Mali ostaggio olandese)-
A dicembre furono ammazzate tre persone a Timbuktu, tra loro un giornalista dell’emittente radio cristiana “Tahanite” (pietà, tradotto dal tamasheq, la lingua locale). Due delle tre vittime erano cattoliche e per questo motivo fonti della sicurezza maliana avevano commentato il fatto come “Un vile atto da parte di chi vuole creare una guerra di religione”.
Il Mali è ancora sotto choc dopo l’attentato di Bamako dello scorso novembre che ha causato 27 morti. Da allora in tutto il Paese vige lo stato d’emergenza fino al 31 marzo.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes